Marco Belpoliti, l’Espresso 20/2/2015, 20 febbraio 2015
CALVINO DIXIT
Che tipo di narratore è Ermanno Cavazzoni? Difficile dirlo, poiché non assomiglia a nessuno, e nessuno è simile a lui. Aveva ragione Italo Calvino quando diceva che la letteratura italiana è fatta di scrittori unici e casi singolari, alla faccia degli ismi che un tempo facevano imparare nelle scuole. La diversità di Cavazzoni si coglie benissimo in questo libro, "Il pensatore solitario" (Guanda, pp.172, € 15). Ma cosa sono i ventuno testi raccolti? Racconti? Saggi? Né l’uno né l’altro. Sono testi alla Cavazzoni.
La sua prerogativa è di essere un meraviglioso genio congetturale. Prende un pensiero, un’intuizione, a volte una piccola notizia letta chissà dove, e subito ci lavora intorno, più sovente per paradosso, ma anche per invenzione e creazione. Ipotizza che Adolf Hitler sia morto da bambino, che un tale voglia fare oggi l’eremita, che lo Stato provi a risolvere l’annoso problema dei pensionati stroncandoli, che l’Unione Europea raccomandi all’Italia di riunire tutte le feste dell’anno nel Natale per risparmiare, che venga fondato il partito Notax, che esista il milleunesimo garibaldino dedito a gettarsi in mare dalla nave, che la grande rivoluzione nella famiglia è stata l’introduzione degli elettrodomestici, che vincere al Superenalotto sia una maledetta sfortuna, e altro ancora.
Formulata l’ipotesi, Cavazzoni ci lavora intorno con perfetta coerenza e assoluta arbitrarietà: la sua è una coerenza arbitraria. Il tutto all’interno di una prosa apparentemente cristallina, in realtà perfetta per rendere la normalità di una follia immaginativa che non ha limiti se non in se stessa. Libro solitario e meditativo, andrebbe adottato nelle scuole superiori come esempio di prosa italiana e di pensiero indipendente, e letto in classe a voce alta. Farà ridere tutti.