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 2015  febbraio 20 Venerdì calendario

PERISCOPIO

Bersani: «Renzi ha da imparare anche da me». Speriamo che bigi la lezione. MF.

Il presidente Mattarella auspica la riapertura del dialogo, la banalità del bene. Jena. La Stampa.

Il Corsera ipotizza Prodi gran mediatore sull’affare Libia. Con una seduta spiritica? Frank Cimini. Il Foglio.

Arrigo Sacchi: «Troppi neri nelle giovanili». «Ok, mister, ma questo è il Camerun». Spinoza. Il Fatto

Non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del fornaio che noi attendiamo il nostro pranzo, bensì dalla loro considerazione dell’interesse proprio. Adam Smith in Ricerche sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni. Alberto Ronchey, Atlante ideologico. Garzanti, 1973.

Oggi la bellezza dell’Italia sembra monopolio dei russi? Ben vengano i russi. Noi dobbiamo attirare, non criminalizzare il turismo di alta fascia. Nell’isoletta di Filicudi, dove sono stato in vacanza, al tavolino accanto al bar ho trovato l’emiro del Qatar, l’uomo più ricco del mondo. Ma bisogna puntare sulla bellezza, sulla qualità, non sul cemento. Non dimentichi che sono stato io a varare, da ministro, il codice del paesaggio. Francesco Rutelli, ex sindaco di Roma. Il Fatto.

Ho ormai capito e deciso ciò che sarà la mia regola nella mia vita amorosa: nessuna donna avrà il diritto di proprietà su di me, né io su di lei. Servan-Schreiber, Passions. Fixot, 1991.

Cosa resta di Gianni Agnelli? L’orologio sul polsino della camicia e la cravatta portata sopra il pullover anziché sotto. Due pacchianerie che impediscono di assumerlo a modello almeno per l’eleganza. Come mito resiste, ma non si capisce su quali fondamenta poggi. Forse sul fatto di aver portato Michel Platini alla Juventus – «l’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras», si vantava – o di «piacere come piace un attore, e perché la fortuna lo ha scelto», come diceva Federico Fellini, convinto che fosse «un vittorioso» (e chissà perché, visto che l’Avvocato non ne imbroccò mai una). «Mettigli un elmo in testa, mettilo a cavallo: ha la faccia del re», insisteva il regista parlando di lui all’amico Enzo Biagi. Ma qui siamo al remake del Satyricon. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.

Con l’amico Federico Fellini, Tonino Guerra continua a incontrarsi. Prima della sua scomparsa, il regista, tra i più noti e amati al mondo, per diversi anni non riuscirà più a lavorare. In un giorno di pioggia, mentre da Santarcangelo si stavano recando nella casa pennese di Guerra, il maestro riminese, pieno di amarezza, gli dirà: «Tonino, non ti accorgi che noi stiamo cercando di fare gli aerei e non ci sono più aeroporti?». Rita Giannini, Tonino Guerra. Veronelli editore.

Personaggio A: «Il merito, che idea geniale». «Già, ma cos’è il merito?», chiede il personaggio B. Interviene il personaggio C: «Come si misura, il merito? E, soprattutto, chi lo misura?». «Chi sono, tra gli insegnanti, i più meritevoli: gli sgobboni? I geni? Lo sgobbone si misura in ore; ma il genio, chi lo misura?». «E gli estrosi?», torna a chiedere il personaggio B. «Quanto dovremmo pagare al mese al professore del film L’attimo fuggente: quello che declama i Poeti Estinti in piedi su un banco?» «Io, quello, lo licenzierei», dice A. «Cosa se ne fa, la scuola pubblica, di un invasato?» «E i redentori alla don Milani, che fanno studiare il contratto dei metalmeccanici nella scuola dell’obbligo, quanto li pagheremo?», dice B; eccetera. Aspettando Godot, cioè la riforma. Ultime battute. A: «Allora andiamo?» B: «Andiamo». (Non si muovono). Sebastiano Vassalli. Corsera.

Da pubblicitario a finto pensionato, continuo a fare un sacco di cose tra le quali anche il vignaiuolo. Ma, per dirla tutta, io sono astemio, ma mi sono gettato con tutto l’entusiasmo possibile in questa nuova avventura non per vendere vino ma perché nascesse in Sardegna una sorta di Tiffany del vino. Volevo arrivare a un prodotto che portasse in giro per il mondo una bellissima immagine della Sardegna, volevo che dentro quelle bottiglie scure, su quelle etichette piccole che ricordano i nostri vecchi tappeti, e in quella cantina che somiglia a un nuraghe moderno, ci fosse un vino straordinario. Credo di esserci riuscito. Gavino Sanna, pubblicitario. Il Giornale (Gabriele Villa).

Contrasto fra l’immensa emozione collettiva suscitata dalla morte di Diana e l’indifferenza davanti alla morte di dozzine di persone sgozzate in Algeria. Non si sa nulla degli algerini assassinati, della loro vita, si sapeva tutto di Diana, i suoi dolori coniugali, i suoi figli, le sue minigonne. Lei aveva una storia che si seguiva da anni, nella quale un sacco di donne vi si identificava: principessa ma simile a noi. La storia degli anonimi algerini comincia invece con la loro morte. Né il loro numero, né l’ingiustizia e la barbarie che ne sono la causa, non provocano emozione. Questa è solo dalla parte di una storia individuale, di un viso di una giovane donna ricca. Annie Arnaux, La vie extèrieur. Folio.

L’addestramento del marine è controintuitivo: un ufficiale ti parla e una nuvola d’insetti ti morde per tutta la schiena, ma non puoi grattarti. «Il marine è un’arma. Fucili, carri armati e persino le mani nude sono solo strumenti. I marines devono essere assolutamente certi di essere i migliori al mondo nella guerra e convincersi che al loro confronto ogni altra forza armata appaia al massimo amatoriale». Ferdinando Camon sul libro di David Tell, Io sono un’arma, Longanesi. La Stampa.

Teddy Waine (La ballata di Jonny Valentine, Minimum Fax) ha 34 anni, è al suo secondo romanzo, scrive sul New York Times e su McSweeney’s, ha vinto qualche premio qua e là ma meriterebbe il Pulitzer e il Nobel. Cioè sicuramente si mangia già la Munro e Vargas Llosa e Doris Lessing e Saramango e Mo Yan in un boccone (e Dario Fo in mezzo). Massimiliano Parente. Il Giornale.

Steso sul letto e con la pera della luce a portata di mano, anzi tra le dita, il Bordigoni stette a guardare le mosche ferme sul soffitto imbiancato a calce. Piero Chiara, Il balordo. Mondadori, 1987.

Uno altro degli insegnamenti di «Nane», la mia «divina» mamma Ida Visconti di Modrone, fu : «Quando decidi di parlare con qualcuno, sei suo. Altrimenti non farlo». Giovanni Gastel, nipote di Luchino Visconti, fotografo. (Alessandra Coppola). Corsera.

Il segreto della mia longevità? Non sto mai bene. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 20/2/2015