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 2015  febbraio 20 Venerdì calendario

LA CRESCITA NON SI FA CON I RINVII

Per l’Ocse le riforme del governo Renzi possono valere 6 punti di Pil nei prossimi anni. Purché però, scrivono gli esperti di Parigi nel loro Survey sull’Italia, quelle misure vengano prontamente e pienamente attuate.
Prontamente e pienamente. Il governo, al contrario, a un anno dall’approvazione della delega fiscale ha deciso per l’ennesimo rinvio dei decreti attuativi che dovevano andare oggi in Consiglio. E anche sulle norme di attuazione del Jobs Act, attese sempre per oggi, la vigilanza va tenuta ben alta, per il rischio che, in una fase politica in evoluzione, il governo possa cedere alle pressioni che vengono dall’ala sinistra del partito. Pressioni che rischiano di incidere negativamente anche sul falso in bilancio, altra riforma chiave allo studio dell’Esecutivo.
Sono passati tre anni da quando il Sole 24 Ore, con Rating 24, lanciò l’allarme sulle riforme che restavano solo sulla carta. Provvedimenti su cui la politica si divideva, litigava, ma che poi lasciava monchi, inservibili, inutili. Da allora alcuni progressi sono stati fatti. La lista dei provvedimenti attuativi arretrati, puntualmente aggiornata dal ministro Boschi all’inizio di ogni Consiglio dei ministri, si è quasi dimezzata. Ma quel segnale positivo rischia di essere annullato dai ritardi e dai rischi di marce indietro su riforme economiche decisive.
Sul fisco si è ben oltre la soglia del ridicolo. A 11 mesi dall’approvazione solo il 15% della delega è stata attuata. Il decisivo decreto sulla certezza del diritto è stato approvato alla vigilia di Natale, il 24 dicembre, per poi essere ritirato perché qualche scellerato l’aveva “arricchito” di quella norma del 3% meglio nota come salva-Berlusconi. Se ne riparla il 20 febbraio, aveva annunciato Renzi, “quando attueremo tutta la riforma fiscale”. Dieci giorni fa il nuovo stop: il decreto sulla certezza del diritto – viene detto - slitta a dopo le elezioni regionali, il 20 si approveranno solo i decreti sul catasto, il fisco internazionale e la fatturazione elettronica. Ieri il capolavoro: anche questi decreti slittano.

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Fabrizio Forquet
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La motivazione ufficiale è la necessaria presenza del ministro Padoan a Bruxelles per la questione Grecia. Ma la verità, ammessa a mezza bocca tra Palazzo Chigi e il ministero dell’Economia, è che quei decreti avevano bisogno di una vigorosa messa a punto, tra dettagli tecnici, articoli poco chiari e rischi – molto concreti – di nuove scivolate su norme discutibili sul tipo di quella del 3 per cento.
Brutta pagina. Anche perché sulla riforma del fisco l’Italia si gioca molto della sua credibilità e delle sue possibilità di rilancio.
Come del resto sul Jobs Act. Anche in questo caso alcuni decreti annunciati rischiano di slittare. Sicuramente è saltato quello sull’Agenzia unica sui controlli. E anche il decreto sul riordino dei contratti è a rischio. Sarebbe però ingeneroso, in relazione alla riforma del lavoro, parlare di ritardi. Il cuore del Jobs Act, contenuto nei decreti sul contratto a tutele crescenti e sui nuovi ammortizzatori sociali, sarà approvato definitivamente oggi in Consiglio.
Il problema in questo caso è evitare marce indietro e cedimenti alle pressioni dell’ala sinistra del Pd. Ieri l’Ocse ribadiva che, se pienamente attuata, la riforma del mercato del lavoro «è essenziale per dare alle imprese la flessibilità necessaria per innovare, ristrutturare e rilanciare la produttività». Un obiettivo raggiungibile «eliminando le rigidità» normative. Sacrificare sull’altare della ritrovata unità del partito democratico parti importanti di quella riforma, dalla semplificazione dei licenziamenti collettivi alla questione delle mansioni, sarebbe un autogol ingiustificabile. Chi ha parlato con Renzi e i suoi collaboratori ieri sera escludeva questo rischio, c’è da sperare che la barra del timone oggi venga tenuta ben dritta.
Solo se si creeranno davvero nel paese le condizioni per un rilancio degli investimenti, senza cedimenti a posizioni ideologiche, quella spinta al Pil calcolata dall’Ocse diventerà realtà. Perciò anche sul falso in bilancio non sono permesse distrazioni. Dopo i danni fatti dalla riforma del 2002 per opera del governo Berlusconi, bisogna tornare a punire severamente chi crea fondi neri, strumento di corruzione e di distruzione dell’economia sana. Ma non si può trasformare la redazione di un bilancio in un percorso a ostacoli in cui ogni scostamento viene sanzionato penalmente. La notte in cui tutte le vacche sono nere è anche la notte della giustizia e, soprattutto, della propensione ad investire in Italia.
Il governo Renzi ha corso molto in questo suo primo anno di governo. Ha corso mentre tutto intorno faceva pensare al peggio, con una ripresa che non si vedeva e un quadro politico dalle mille ombre. Ora i segnali dell’economia – pur non autorizzando entusiasmi - sono in lieve miglioramento e la leadership del premier è indiscussa. Fermarsi proprio adesso sarebbe un delitto. La squadra di Renzi ha espresso un bel gioco, ma l’Italia resta il fanalino di coda della crescita europea. È tempo di tirare in porta.