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 2015  febbraio 19 Giovedì calendario

PELLEGRINO SCUOTE L’ITALIA: «È IL TEMPO DELLE MEDAGLIE»

Pellegrino è l’avanguardia della generazione Italia che resiste e non aspetta. Che prova a prendersi tutto e subito, o a mettersi di traverso tra le grandi potenze nordiche. L’ultima verità emergerà domani: tutta in uno sprint, anche se la specialità di turno è quella più insidiosa, il passo alternato anziché la più agile e spettacolare tecnica libera, in programma domenica a coppie. Federico potrà disputarla con Noeckler, con il quale è salito sul podio a Otepaa in Coppa del Mondo un mese fa, oppure con Francesco De Fabiani, con il quale condivide la residenza valdostana, se non con David Hofer, con cui a Fiemme 2013 si piazzò 5°. La scelta dipenderà dall’esito della sprint classica di domani, la gara rompighiaccio. L’Italia dello sci della fatica chiede a Pellegrino di superarsi come nella tripletta stagionale in Coppa.
Federico, 2 anni neri tra Mondiali e Giochi quanto pesano?
«Il fondo ha bisogno di ripartire, bisogna dare il massimo tutti, è arrivato il tempo delle medaglie: me lo auguro davvero».
Lo dicevano anche quelli dello sci alpino: visto che disastro?
«Non ne faccio una questione di concorrenza tra sport. Io spero che il fondo riesca a tornare dalla Svezia con almeno una medaglia».
Cioè la sua?
«Voglio sciare da protagonista, l’ho dimostrato in stagione: sarà così anche ai Mondiali».
Aver perso il pettorale di leader della specialità l’ha abbattuta?
«A Ostersund sabato il podio sarebbe stato alla mia portata, ho perso un’occasione ma nello sprint le cadute succedono».
A Falun la pista quant’è insidiosa?
«Se parliamo di cadute, ho già dato un anno fa: ho piantato lo sci nella neve in semifinale. Vengo qui da 4 anni, ormai conosco le trappole della pista».
Le piace o no?
«La pista non mi dispiace, c’è una salita prima del rettilineo finale come a Kuusamo che potrebbe avvantaggiarmi, ed altre due in cui devo cercare di risparmiare energie per una discesa lunghissima che mi servirà eventualmente per rientrare. Se vado a 20 all’ora, non spingo, poi posso essere fresco all’arrivo».
Scelga il suo compagno per la gara a coppie.
«Il capo Chenetti se lo terrà sino all’ultimo, magari sarà una scelta d’istinto come quella del 2007 a Sapporo: cambiò le carte in tavola la sera prima e vinse il titolo mondiale con Zorzi e Pasini».
Lei si sente al top?
«Il temuto calo di forma sembra non arrivare ancora».
Le vittorie in Coppa le hanno fatto trovare lo sponsor?
«Sì, Enervit ha creduto in me: fino al termine della stagione gareggio a prestazioni, poi si vedrà».
A 24 anni, è arrivato il momento della consacrazione tra i grandi?
«Resto con i piedi per terra».
Per umiltà?
«I successi non mi hanno dato alla testa, me ne rendo conto quando torno a casa: finché sei in nazionale parli solo di sport, a casa, la chiacchierata con i nonni, i genitori o gli amici è obbligatoria, è lì la vita reale: questi momenti non voglio proprio sprecarli, il contatto con la realtà un campione non dovrebbe perderlo mai».
Uno schiaffo ai coetanei viziati?
«A casa stacco la spina così».
Niente hobby per distrarsi?
«Guardo Masterchef, così faccio il critico su come cucina Greta (la compagna di squadra Laurent, ndr)...».
Che Mondiali saranno?
«Finora ha dominato la Norvegia, e la Svezia che gioca in casa s’è nascosta: anche nello sprint, vedremo».
Un anno fa prima di Sochi fece proclami ma tutto finì in semifinale e in polemica con l’ex dt Fauner. E adesso?
«L’avventura olimpica è stata molto importante per la carriera, mi ha insegnato ad esempio ad essere più consapevole nella gestione della pressione nel grande evento. Ero arrivato terzo nelle qualificazioni, mi sembrava di toccare il cielo. Quest’anno ho vinto già tre volte in Coppa del Mondo, ma di testa non sono cambiato, anzi ho continuato il lavoro di richiamo costante alla preparazione. Ho dimostrato di poter riaprire un quadriennio olimpico più importante di quello precedente».
Un nuovo fondo, un solo volto?
«Non solo il mio, noi italiani non possiamo aspettare i 30 anni per vincere. Forse mi sento solo ambasciatore di questi ragazzi che non vogliono ritrovarsi presto in caserma... Attenti a De Fabiani e Rastelli, sono più giovani di me: ci siamo allenati al massimo, sostenendoci, pensando ai Mondiali contro i più grandi. Io ho più muscoli e meno grasso di un anno fa per fare cose stratosferiche ma dobbiamo abituare corpo e mente a certi limiti della fatica. Non ci tireremo più indietro e dobbiamo lavorare per la visibilità».