Egle Santolini, La Stampa 17/2/2015, 17 febbraio 2015
VA IN ONDA UN ALTRO SCOTTI. CON PAPA’ GERRY ECCO EDOARDO
Tu quoque, zio Gerry? Anche Scotti accusato di aver spinto il figlio, visto che Edoardo, 23 anni, entra a far parte da oggi della settima edizione dello Show dei record su Canale 5? «Un attimo, non esageriamo - si difende Scotti padre -. Finora Edoardo l’ho visto soprattutto affannarsi tra fotocopie e bottiglie d’acqua da consegnare in studio».
Non soltanto, visto che quest’anno gli sono affidati i collegamenti esterni, a caccia dei record più stravaganti. «Le spiego com’è andata. L’anno scorso mio figlio era negli Stati Uniti a studiare cinema, cercavamo una soluzione non dispendiosa per i collegamenti internazionali, non gli abbiamo dovuto pagare trasferte, si è spostato con la troupe in modo conveniente. Tutto lì. Non gli sto trasmettendo per diritto acquisito un sicuro posto ministeriale, non so nemmeno se gli interessi continuare così in televisione. Anzi, sono quasi sicuro che non gliene freghi molto».
Dunque, più che nel ramo raccomandati, dobbiamo inserirlo in quello cervelli in fuga? «Meglio in quello “Braccia rubate all’agricoltura”. Pensi se tutti i genitori credessero di aver messo al mondo Einstein. Sono come il titolare di un colorificio che il sabato mette dietro il banco suo figlio e se ne va in campagna. Mi pare che l’Italia abbondi di altre gatte da grattare».
Anche Edoardo è pronto ad affrontare la polemica, «che è il sale dello spettacolo», come riconosce al telefono da un Frecciarossa. «Ma certo che hanno deciso di giocare sul fattore padre-figlio: e non avendo mio padre altri figli a disposizione, l’hanno chiesto a me. Il regista Roberto Cenci mi aveva messo alla prova con uno stage, quest’anno mi chiama e mi dice: te la senti? Ci ho pensato un minuto e ho risposto: perché no?».
Laureato alla sede losangelina della New York Film Academy, quella dedicata alla regia, Edoardo non nasconde altre ambizioni: «Sogno una casa di produzione tutta mia». Ma intanto fa gavetta, prima su molti set americani («Spot, clip musicali, anche un film con le attrici di True Blood») e adesso in Italia, come assistente alla regia di Cucine da incubo. Un modello? «Wes Anderson. Adesso che papà finalmente è andato a vedere Grand Budapest Hotel ne abbiamo potuto discutere a lungo».
Tolta di mezzo la complicazione edipica, vien voglia di parlare con Gerry di tv, cominciando da Sanremo. «Non l’ho seguito come avrei voluto, ma a scatola chiusa dico bravo Carlo. Siamo gemelli diversi, io tutto Mediaset e lui tutto Rai, per anni a difenderci dall’accusa di essere troppo normali, troppo accomodanti. E allora, finalmente, viva il contismo e viva il gerrismo». Certo non ci fossero stati i talent, e lei ne sa qualcosa, si sarebbe nell’abisso. «Ma è naturale che la tv si nutra del nuovo. Ben venga Sanremo a dare un bagno di realtà a questi ragazzi usciti dai talent, perché la carriera vuol dire anche farsela sotto dietro le quinte, reggere al discografico isterico».
Mediaset intanto ha fatto incetta di liquidità e si prepara a reinvestire. «Speriamo anche in nuovi programmi: si rende conto che con la crisi abbiamo smesso di fare il nostro lavoro per cinque mesi l’anno? Una volta d’estate si provavano i format, i personaggi. Da qualche anno buio totale. Va bene il cellulare, vanno bene gli show seguiti sul tablet e commentati sui social network. Ma ora dovremmo riconoscere che la polpa di cui tutti si nutrono è la buona vecchia tivù generalista. Lo Show dei record è un esempio: entriamo nelle storie, curiamo un montaggio ricco, anche di informazioni. E sul trash vigilo io. Per capire che qualcosa non va basta che guardino la mia faccia facciosa».