Virginia Piccolillo, Corriere della Sera 18/2/2015, 18 febbraio 2015
AMBASCIATORI
Dialogare, certo. Ma con chi? Nella Libia frammentata è il problema più spinoso per le cancellerie di tutta Europa. Gli ambasciatori si raddoppiano e triplicano. Si autoproclamano e vengono sconfessati. È quello che sta accadendo da noi. Dal maggio scorso è stato accreditato al Quirinale, con credenziali presentate a Giorgio Napolitano, Ahmed Safar, diplomatico formato a Oxford, che ha lavorato all’Ocse come consulente del progetto strategico di sviluppo della Libia e nel primo e nel secondo governo transitorio è stato viceministro del Lavoro. Inviato in Italia quando la Libia, appena uscita dal conflitto, era ancora unita, Ahmed Safar, però non soddisfa il governo di Tobruk che ha inviato una nota chiedendo di accreditare al suo posto Ezzedine El Awami. I boatos lo motivano con il rifiuto di Ahmed Safar di aderire alla richiesta di fedeltà esclusiva del governo di Tobruk, la componente liberale, contro quella che fa riferimento al governo di Tripoli, dove è più forte l’incidenza islamica. Safar, invece, avrebbe rivendicato la volontà di rappresentare tutta la Libia. Non accade solo in Italia. A Malta ci sono già due ambasciate libiche. Ma la Farnesina non asseconda e mentre Safar resta nella sede di via Nomentana, Ezzedine El Awami avrebbe ricevuto ospitalità in quella presso la Santa Sede. Nel consolato di Milano, intanto, resiste Suliman Busedra, nato a Derna e diplomato a Tripoli. Le componenti sono tutte in campo.