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 2015  febbraio 14 Sabato calendario

L’ANTITRUST SI ACCENDE SOLO CON IL CAV

La legge è una bandiera che da venti anni viene sventolata ogni volta che sulla scena politica riappare Silvio Berlusconi. E alla fine- blanda o meno che sia- in lustri di grida manzoniane del centrosinistra sul conflitto di interessi la sola normativa che abbia visto la luce e sia entrata nell’ordinamento porta la firma di Franco Frattini e del governo Berlusconi. Che non sia draconiana è ovvio, eppure qualche efficacia ha avuto nel corso degli esecutivi. Professionisti che hanno dovuto rinunciare alla propria attività (come Giulio Tremonti) per assumere incarichi ministeriali, riunioni del consiglio dei ministri disertate per forza da chi poteva essere in conflitto, moniti, reprimende, divieti e sanzioni comminate dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato cui è demandata l’applicazione pratica e la vigilanza. E proprio l’antitrust ha appena inviato in Parlamento l’ultima relazione relativa al 2014 che riguarda trasversalmente i componenti del governo guidato da Enrico Letta che lasciò a febbraio dell’anno scorso e quelli dell’esecutivo guidato da Matteo Renzi entrato in carica subito dopo. La relazione non ha ovviamente titolo, essendo periodica. Ma uno se lo conquista nei fatti: «2014, l’anno del perdono». Perchè a differenza del passato l’autorità di fronte a due governi di centrosinistra sul conflitto di interessi ha chiuso ben più di un occhio. Non sono mancati infatti casi di conflitto di interesse che la legge in sé avrebbe censurato, ma che l’autorità dopo la sua istruttoria ha sempre minimizzato. Assolti con formula piena anche volti noti dei due governi per gli incarichi ricevuti dopo avere abbandonato l’esecutivo o per comportamenti tenuti durante l’attività di governo. Dall’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni all’attuale ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi, dall’ex sottosegretario alla pubblica Istruzione dell’attuale governo Roberto Reggi a suoi colleghi dell’esecutivo precedente, tutti finiti sotto "inchiesta" e alla fine sempre assolti. Anche l’esecutivo Renzi è stato passato come prevede la legge ai raggi x dei possibili conflitti di interessi. Pur essendo in gran parte giovani e spesso al loro primo incarico istituzionale, sono saltate fuori ben 67 situazioni di incompatibilità, che alla fine sono state rimosse. Della maggiore parte di queste erano ben coscienti sia ministri che sottosegretari, tanto è che 44 sono state rimosse dai diretti interessati. Ma in 23 casi è dovuta intervenire l’autorità per costringere i membri del governo Renzi a rimuoverle. I membri dell’esecutivo non sono stati così ligi al proprio dovere, nemmeno nella trasmissione all’autorità (anche se prive del permesso di renderle pubbliche) delle dichiarazioni patrimoniali proprie e di tutti i familiari. In totale i soggetti obbligati a farlo secondo la legge erano 398 per il governo Renzi (ministri, sottosegretari e tutti i loro familiari). Lo hanno fatto in 370, spesso su sollecitazione degli uffici dell’autorità. Ne mancano 28. In un caso (l’antitrust non fa il nome, ma può trattarsi solo del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni o di Paola De Micheli) la dichiarazione del titolare e dei 10 familiari co-obbligati non è arrivata entro il 2014, ma aveva tempo di giungere ancora nel mese successivo. Negli altri 17 mancanti (si tratta di familiari di membri del governo), sono stati violati i termini di legge. E che è accaduto? Nulla. Stesso esito anche per i conflitti di interesse veri e propri. Una istruttoria ha preso di mira il ministro Guidi «in ragione di possibili interferenze fra gli interessi patrimoniali al medesimo riferibili, anche attraverso i suoi familiari, e l’ufficio di governo esercitato». Sulla Guidi l’ombra era nei «contenuti di un decreto ministeriale del 3 aprile 2014 in tema di incentivi per l’acquisto di veicoli a basse emissioni complessive, provvedimento indubbiamente imputabile al Ministro dello Sviluppo economico». Le aziende della famiglia Guidi avrebbero beneficiato di quella norma, ma il ministro è stato assolto perchè «non è apparso prospettabile un danno per l’interesse pubblico, trattandosi di provvedimenti attuativo di prescrizioni legislative». In un caso, che non viene citato, è arrivato i solo stop dell’antitrust: un membro del governo Renzi ha provato a chiedere di mantenere una carica in una società cooperativa, sostenendo che non ci sarebbe stato conflitto di interessi, perchè questa non aveva attività commerciale vera e propria. L’antitrust ha ritenuto l’incarico equivalente a quello in una società per azioni, e quindi il membro del governo Renzi (chissà se è Giuliano Poletti) ha dovuto lasciare l’incarico. Assolto invece l’ex ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni per avere accettato di fare parte del comitato scientifico della Federazione Banche assicurazioni e Finanza prima che scadesse il divieto di un anno per incarichi di quel tipo. L’antitrust ha spiegato che «sebbene sia una federazione che riunisce associazioni rappresentative di società lucrative, ha comunque natura associativa». Disco verde anche per Reggi, il renziano prima fatto sottosegretario e poi nell’autunno scorso nominato subito dopo direttore dell’Agenzia del Demanio. Sembrava il classico incarico per cui avrebbe dovuto trascorrere almeno un anno dall’esperienza governativa, visto che la legge vieta di «ricoprire cariche o uffici o svolgere altre funzioni comunque denominate ovvero esercitare compiti di gestione in enti di diritto pubblico, anche economici». L’antitrust ha fatto una eccezione, sostenendo che Reggi al ministero dell’Istruzione non si era mai occupato di immobili pubblici. Perdonati anche due ex sottosegretari (anonimi) del governo Letta che sono andati a fare i consulenti a contratto dei nuovi ministri. Anche qui arrampicandosi un po’ sui muri...