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 2015  febbraio 14 Sabato calendario

LE DOMANDE A DAVIDE SERRA

Non ha comprato, anzi ha venduto. Titoli del Banco Popolare per una perdita secca di 21 milioni di euro. Quella vendita controversa fatta da Davide Serra nel pieno delle voci sul decreto Popolari pone molte domande.
Ha voluto mettere a tacere le illazioni, i coinvolgimenti, le speculazioni sul suo ruolo nella corsa a razzo delle Popolari. Lui, Davide Serra, il finanziere rampante, blasonato, noto per la sua vicinanza al premier Matteo Renzi, l’altro ieri ha preso carta e penna. E testualmente ha dichiarato di non aver comprato con i suoi fondi Algebris alcun titolo di banche popolari italiane tra il 1° e il 19 gennaio del 2015. Periodo in cui si sospettano da parte di Consob e Procura di Roma abusi di mercato e insider trading sui titoli delle Popolari. Ma una cosa l’ha fatta, Davide Serra: ha venduto 5,25 milioni di azioni del Banco popolare a un prezzo medio di 9,72 euro. Male per lui, dato che quei titoli erano stati comprati a marzo del 2014 sotto aumento di capitale del Banco popolare a un prezzo medio, dichiara Serra, di 13,76 euro. Basta una calcolatrice e il conto è fatto. L’operazione ha prodotto per Serra, ma soprattutto per gli investitori dei suoi fondi una perdita di 21,3 milioni di euro. In un giorno. Una perdita non da poco pari al 30% del capitale investito. Un’avventura costata cara a Serra.
Ma quell’operazione fa sorgere più di una domanda che senz’altro si saranno posti sia le Autorità di mercato che i suoi clienti: perché vendere? Perché vendere sapendo di incassare una perdita irrimediabile? E perché tanta fretta? Le circostanze infatti sia della perdita (non inevitabile se si tenevano i titoli in portafoglio) che dei tempi lanciano più di un interrogativo. Il primo. Serra con la sua Algebris non dice i giorni precisi in cui ha venduto, parla solo del periodo dal 1° al 19 gennaio. Ai prezzi medi di vendita si libera con ogni probabilità dei titoli a ridosso o meglio appena dopo che era uscita il 3 gennaio la primissima indiscrezione da parte dell’Ansa (quindi nota a tutti) dell’arrivo di una possibile riforma delle Popolari. Poi sono altri organi di stampa il 6 gennaio a rilanciare il progetto di un dossier di riforma delle Popolari. Insomma, le voci cominciano a farsi insistenti. Tutti sanno, anche l’investitore meno avveduto, che una notizia price sensitive di tale portata non può che avere l’effetto di far salire i titoli delle Popolari in Borsa. Ebbene, cosa fa il navigato finanziere Serra? Anziché aspettare gli sviluppi della notizia, fa il contrario di quello che farebbe qualunque normale investitore. Vende oltre 5 milioni di pezzi del Banco popolare. E li vende con i corsi dei titoli in discesa. Perdita assicurata, ma evitabile. Bastava attendere gli sviluppi degli eventi. Se la riforma si fosse rivelata un bluff c’era sempre tempo in seguito di liquidare la posizione. Con gli stessi effetti. Perdere per perdere, perché farlo a ridosso di una notizia che poteva, se si fosse materializzata, avere l’unico effetto di spingere all’insù le azioni? Cosa che puntualmente è avvenuta. Grazie all’approvazione del decreto il Banco popolare, insieme a tutto il comparto, ha messo le ali. Le stesse azioni vendute da Serra frettolosamente più o meno un mese fa, oggi sarebbero state liquidate con una perdita di soli 5 milioni, anziché 21 milioni.
Anche i grandi possono sbagliare, si dirà. Ma non si capisce l’urgenza dell’operazione. Quei 5 milioni di pezzi del Banco popolare sono un’infinitesima frazione del patrimonio gestito da Algebris con i suoi fondi che vale oltre 2 miliardi di euro. In genere un fondo vende quando ruota il portafoglio e c’è una plusvalenza da fare. Finché i titoli sono in minusvalenza qualsiasi gestore di fondi comuni tende a mantenere il titolo in portafoglio nella speranza che prima o poi recuperi valore. Davide Serra ha fatto il contrario di tutto ciò. Soprattutto vai in vendita se hai problemi di liquidità urgenti da risolvere. E allora puoi vendere anche in perdita se necessita capitale liquido. Per Serra a guardare le performance, i rendimenti cumulati e l’assetto patrimoniale dei suoi 5 fondi in distribuzione non si palesa nessun problema di riequilibrio di cassa. Tutti i fondi hanno rendimenti positivi dall’avvio della loro operatività. Ci sono state flessioni anche importanti, poi recuperate nel tempo. Nel caso del Banco popolare quel recupero non sarà mai possibile. Avranno chiamato i clienti dei fondi di Serra per chiedere qualche spiegazione su quei 21 milioni sacrificati senza ragione apparente?
fabio.pavesi@ilsole24ore.com
Fabio Pavesi, Il Sole 24 Ore 14/2/2015