Elena Stancanelli, la Repubblica 14/2/2015, 14 febbraio 2015
TAPIRO
Se pensate che il tapiro abbia un brutto muso, è perché non vi siete mai soffermati a guardargli le zampe. Imparentato da una parte col cavallo e dall’altra col rinoceronte, il poveretto, sul piano estetico, si è beccato il peggio di entrambi. Il resto sono abitudini: di nuotare, sguazzare e rotolarsi nel fango gli viene dal rinoceronte, del cavallo ha l’agilità nella corsa. Ma il tapiro è timido, e tutto il giorno se ne sta rintanato nelle foreste. Corre di notte, per procurarsi il cibo — canna da zucchero, meloni e soprattutto sale, sono le ghiottonerie per le quali perde la testa — e corre di nuovo, satollo, per tornare a nascondersi. Se incrocia un nemico (tigri, giaguari e anaconda in particolare) fugge. Se quello stesso nemico però lo becca la tapira, lei lo gonfia: divisione dei compiti. La particolarità del tapiro è quel muso buffo, col naso lungo come una proboscide. Che può torcersi, sollevarsi, allungarsi e accorciarsi così da perlustrare tutto intorno senza fare lo sforzo di girare la testa. Lento, cauto e distratto il tapiro sta sulla Terra da molto più di quanto chiunque avrebbe scommesso.
Qualcuno dice che il suo atout è la proboscide, ma forse, come spesso accade, è questa sua totale assenza di qualità a renderlo invulnerabile.
Elena Stancanelli