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 2015  febbraio 14 Sabato calendario

CRISTIANA CAPOTONDI “LAVORARE AI FERRI MI PORTA IN UN MONDO ANTICO E SENZA STRESS” “COM’È ZEN FARE LA MAGLIA”

[Intervista] –
La mente è sgombra da ogni pensiero e preoccupazione, mentre il filo di lana passa fra le dita delle mani e il gomitolo si srotola piano. È il potere liberatorio e anche rigenerante di un’arte antica come il lavoro a maglia.
«Quando cominci a sferruzzare avverti subito una sensazione di benessere, è un’attività che rallenta di colpo il ritmo della tua vita», dice sorridendo Cristiana Capotondi, attrice trentenne con un viso da eterna fanciulla, dalla bellezza botticelliana, seduta in un caffè di Torino dov’è venuta a presentare l’associazione benefica “Gomitolo rosa” di cui è una sostenitrice. «Per me fare la maglia è qualcosa di paragonabile alla meditazione, ha un tocco quasi zen. Ne ricavo un beneficio interiore perché riesco a staccare completamente dalla routine e dalle incombenze del lavoro». Il picchiettio dei ferri, unitamente alla ripetizione di movimenti sempre uguali, secondo molti avrebbe lo stesso effetto di un mantra rilassante. La Capotondi annuisce sistemandosi con garbo i capelli dietro l’orecchio. «È certamente vero che fare la lana risulta molto distensivo, anche se richiede parecchia concentrazione e creatività. Non puoi essere multitasking quando sferruzzi, è assolutamente impensabile. Entro in uno stato meditativo tale che non sono più in grado di occuparmi di altre cose e soprattutto di farle in contemporanea. In fondo in un tempo in cui siamo iperconnessi, tra messaggi, email e social, è un modo di liberarsi e di prendersi uno spazio tutto per sé». C’è chi ci riesce anche con lo sport, è d’accordo?
«Beh, nuotare e fare la maglia infatti su di me hanno lo stesso influsso positivo. Sono rimedi formidabili contro lo stress. Il nuoto libera la testa e non soltanto le energie del corpo, è una dolce danza che a me dà pace. Come quando realizzo con le mie mani un maglione o un qualsiasi altro capo di lana e mi immergo totalmente in ciò che sto facendo. Se entro in piscina o in mare, allo stesso modo, lascio fuori le tensioni e tutto il resto».
Sebbene la protagonista di Notte prima degli esami riesca con facilità a nascondere «il suo lato da maschiaccio», come lo descrive l’amica Claudia Gerini riconoscendole «un cuore romanista da ultras e una passione sfegatata per il pallone che calcia molto bene quando gioca in campo», la Capotondi sembra molto più a suo agio a sferruzzare con le amiche o da sola nei ritagli di tempo libero. «Sì, lo considero un momento del tutto particolare, personale — ribadisce giocherellando con due anelli con una pietra viola ed una azzurra che porta allo stesso dito — è davvero un’occasione che ti proietta fuori dal tempo e dallo spazio, forse perché è un’attività così antica e ha radici profonde nella storia di tante comunità e territori non solo d’Italia».
Seguendo il filo che lega l’Inghilterra, dove si organizzano addirittura festival di knitting (il prossimo, Unravel, dal 20 al 22 febbraio a Farnham nel Surrey) con conferenze e laboratori, all’Islanda e al Sudtirolo, si riscopre anche una tradizione lunga diversi secoli. «Le cose fatte in casa sono così belle, preziose. Il lavoro a maglia riporta in auge la manualità, è un richiamo a un mondo che non c’è più ma che secondo me va recuperato perché i nostri armadi sono pieni di cose che non hanno senso, che non sono legate ad una mano, a una persona. Anche gli stilisti stanno tornando a raccontare delle storie, penso a Dolce e Gabbana che ricorrono sempre al paesaggio e alle tradizioni della Sicilia, alle proprie radici, perché quando tu compri un capo vuoi una storia». Per questo, forse, il maglione di lana che hai realizzato tu sarà diverso da tutti gli altri? «Credo di sì — risponde di getto la Capotondi — che sia per te o per un regalo che fai ad un’altra persona, sicuramente chi lo indosserà ne avrà molta cura. Si sa quanto tempo ci è voluto per farlo, il lavoro che c’è dietro, mentre quando entri in un negozio e acquisti una camicia è raro che uno si chieda se sono state delle persone a confezionarla. Il consumismo è anche un atteggiamento d’indifferenza. Ma poi lavorare a maglia è un’espressione della cultura del fare e questo mi piace molto». Se a dirlo è l’attrice che fin da ragazza ha sempre lavorato a ritmi frenetici per il cinema e per la tv, c’è da crederle. «Sferruzzare fa rima con fare, e fare è ancora meglio che delegare, è molto meglio che immaginare di fare. Anche facendo una sciarpa di lana mi impegno in una realizzazione estetica nella quale metto parte della mia personalità, è un altro modo di esprimere la propria intelligenza, creatività, il gusto individuale. Poi ognuno realizza ciò che gli piace, è naturale, anche se la parte tecnica, sulla carta con i modelli, è forse la meno divertente ma va fatta per bene onde evitare di ritrovarsi qualcosa di strano tra le mani (ride) ». Per non rischiare è meglio un confronto schietto tra amiche? «Dalle mie imparo tanto e lo sguardo è importante quando fai la lana. È il principio magico per cui l’occhio apprende prima del cervello, anche se poi mi diverto anche a sferruzzare da sola a casa, la sera».
Proprio quando la stanchezza potrebbe prendere il sopravvento per le tensioni accumulate durante la giornata, la Capotondi agguanta ferri e gomitolo e comincia a creare qualcosa che sente veramente suo. I naturopati non a caso sostengono che un’ora di knitting equivalga a una seduta di yoga o di meditazione della stessa durata e che abbia lo stesso effetto di rallentare il battito cardiaco e abbassare i livelli di stress. «Non sono la sola a dirlo, allora. La realtà, si sa, è ansiogena, a volte è difficile, anche drammatica, ti schiaccia, ma proprio per questo in uno spazio protetto come il momento che ti prendi per fare la maglia puoi trascenderla. Io riesco a isolarmi mentalmente, mi metto sopra le cose che sto vivendo, per qualche ora le tengo a distanza. Un po’ come mi succede con la lettura, anche se qui ci metto del mio perché immagino qualcosa e lo creo, e poi lo vedrò realizzato o indossato da qualcuno. È un prodotto che nasce dalla mia creatività». Cristiana Capotondi parla di gomitoli, di leggerezza e di piccole e morbide meraviglie che scaldano il cuore. Dal suo racconto emergono anche tanti momenti d’infanzia: «Ero una bambina molto vivace e a scuola faticavo a stare seduta al banco. Gli altri uscivano nell’intervallo a giocare in cortile con la palla e gli scivoli e io restavo in classe a fare l’uncinetto. Perciò tornavo a casa ed ero un tornado. Ma me lo ricordo come un periodo in cui avrei potuto apprendere tanto, eppure la mia voglia di sfogare quell’energia energia era più forte». Le brillano gli occhi adesso mentre spiega che questa sua passione l’ha portata a incontrare l’associazione “Gomitolo Rosa”, che «è vicina ai malati e agli enti che si occupano di assistenza a pazienti oncologici, raccogliendo fondi con la vendita di manufatti in lana». Ci sarà anche lei oggi a Milano, la città dove vive con il compagno Andrea Pezzi, alla staffetta “solidale” di knitting in piazzetta Croce Rossa, di fronte a via Montenapoleone, per realizzare un’unica sciarpa rosa come «un simbolo del filo che unisce tutti».
Guido Andruetto, la Repubblica 14/2/2015