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 2015  febbraio 14 Sabato calendario

LUCA BARBARESCHI: «PER I MIEI PRIMI QUARANT’ANNI MI REGALO UN TEATRO»

Ogni tanto Luca Barbareschi guarda verso il tavolo all’angolo del bar. «La vede quella ragazza? Amore mio... Quella che mi somiglia, con i capelli corti. Eleonora, mia figlia. Si occupa di design industriale, mi aiuta con una consulenza per il teatro». L’ex(?) seduttore in versione papà affettuoso è abbastanza inedito. Ma molto è cambiato, racconterà, nel corso dei 40 anni di carriera che festeggia con uno spettacolo, Cercando segnali d’amore nell’universo (regia di Chiara Noschese, a Firenze fino al 15 febbraio, a Milano dal 19), in cui tra aneddoti e brani d’autore ripercorre la sua vita con ironia. Oltre allo show (e alla fiction su Pietro Mennea La freccia del sud, a marzo su Raiuno, foto sotto), Barbareschi si è fatto un regalo impegnativo: il teatro Eliseo di Roma, comprato in novembre. In mente un progetto che lo appassiona: «Uno spazio polifunzionale per spettacoli, concerti, incontri, una scuola. Per produrre cinema e tv. Con un canale satellitare e una web radio. La filiera sana di un processo culturale che va dalla formazione al prodotto».
Avventura rischiosa. La fase difficile dei teatri italiani ormai è cronica.
Ho avuto fortuna e successo in tutto quello che ho fatto, ora è il momento della restituzione. L’acquisto è stato complicato, si parlava di licenziamenti.
È tutto a posto. Qualche giornale ha suonato la trombetta contro di me, l’idea che Barbareschi senza politica tra i piedi comprasse il primo teatro privato di Roma dava fastidio.
Dove ha imparato a fare il manager?
In America, da ragazzo. Facevo, tra l’altro, interviste per la Rai. Si ricorda Odeon, tutto quanto fa spettacolo? Ecco, per quella trasmissione lì. Una volta andai da Spielberg: aveva 29 anni, giocava con gli scacchi che gli aveva regalato George Lucas e montava a casa sua Incontri ravvicinati. Con la faccia tosta dei miei 19 anni gli chiesi: come faccio a diventare come te? E lui: scrivi un film e stai attento al marketing. L’idea per Incontri ravvicinati gli era venuta perché negli Stati Uniti «5 milioni di persone credono agli ufo: se un quinto viene a vedermi ho fatto cento milioni di dollari». Ha girato bei film ma ha anche questo pragmatismo: e infatti si dice showbusiness, da loro.
Ha tre figlie trentenni e due piccoli, Maddalena di 5 anni e Saverio Francesco di 3. Come va questa paternità tardiva?
Va meglio, per loro e per me. Sono più tranquillo. Mi son sposato a 23 anni ed è stato un disastro. Ero affettuoso ma non ancora pronto. A mia discolpa posso dire che vivevo come una specie di agente della Cia on call, se c’era un lavoro partivo: un doppiaggio, dieci giorni in un film... Dovevo mantenere la famiglia, ma saltavano vacanze estive e weekens. Adesso decido io quando vedere le persone. E alle sette in agenda c’è scritto “coccole casa Francesco e Maddalena”, guardi.
Deve metterlo in agenda altrimenti si dimentica?
No, è che mi voglio obbligare a pensarci. Pensare che alla fine di una giornata d’inferno comunque ci sarà quello.
In passato gli aggettivi più usati dalle sue donne per definirla erano “impossibile” e “terribile”. Che cosa faceva di così tremendo?
Be’, non sono stato fedele un quarto d’ora, avevo una esuberanza comunicativa, chiamiamola così, a 360 gradi. Ma rimpianti neanche uno, rimorsi sì perché qualcuno l’ho tirato sotto tra chi mi è stato vicino.
Almeno lo ammette.
Certo. Io ho problemi miei di compulsività. Elena (la nuova compagna, ndr) mi ha impedito di farmi del male, con dolcezza ma anche con fermezza: è una donna sana, finalmente ho scelto una persona strutturata, non una come me. Quando ho provato a sbandare, un paio di volte, mi ha detto: fino a che non me ne andrò di ti impedirò di farti del male. Con lei ho capito che ero depresso da 50 anni. Certo, ha avuto un anno duro... Non sono così facile da domare.
Adesso è più fedele?
Totalmente. Ma il problema era l’accettazione, il godersi quello che hai. Forse ho fatto tanto perché non mi bastava niente. E a volte ho ancora l’impressione di non aver combinato nulla.
Perché?
Perché i buchi neri, quando hai una voragine emotiva grave, te li porti dietro per tutta la vita.
Che cosa intende?
Ne ho già parlato e non ho voglia di parlarne ancora (si riferisce alle violenze subite da bambino, ndr). Finisce l’autostima. Per cui sei spinto a fare, fare, fare per chiudere ’sto buco che si mangia tutto. Però penso di aver diritto a stare bene adesso, a passare un sabato con i figli in poltrona.
Di sua madre invece non parla mai.
Di mia figlia.
In che senso?
Mia madre è mia figlia. Perché è una ragazzina, una che se ne va e lascia solo il figlio di sei anni. Un giorno mi dice: mi separo, la Sacra Rota ha dato il permesso. Io immaginavo una ruota enorme che tagliava in due il papà, la mamma, la lavatrice, la tata... Mio padre era ingegnere, girava per il mondo, sono rimasto da solo a Torino per tre anni con due zie ottantenni. Quando mia madre è tornata non l’ho più voluta vedere. Per me è morta quel giorno. Sono un sopravvissuto. Persino sulle violenze faceva battute e quando ho smesso di ridere mi ha detto: hai perso il senso dello humour? Su questo sì, ho risposto, tu mi hai fottuto perché mi hai fatto ridere tutta la vita ma io devo obbligarmi a smettere, altrimenti non risolvo mai. Ora ha più di 80 anni, la chiamo tutti i giorni e Dio la benedica, ma non la frequento.
Come gestisce i rapporti con la sua famiglia allargata?
Da un anno sono molto buoni. Le faccio vedere una foto di questa estate: ho riunito la famiglia, una grande gioia. Ci sono tutti, siamo a Filicudi, mia moglie, i bambini, le figlie e il mio nipotino - sono anche nonno. Forse questa reunion è stata il piu bel regalo di questi anni, ti senti patriarca.
Alcuni anni fa aveva detto che non voleva più avere figli.
Mi sentivo vecchissimo. Sono fasi: mi era già capitato altre volte, per esempio a 23 anni: mi sembrava di avere già raggiunto tutto e mi son detto: "Facciamo dei figli". Adesso mi sento giovane forse per senilità, boh, comunque sono pieno di energie. Spero di arrivare a 90 anni e di vedere la vita come mio figlio di tre.