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 2015  febbraio 16 Lunedì calendario

L’AGRONOMO OLANDESE CHE NON DEVE FAR PERDERE PETALI ALL’EURO

Un gaffeur di razza. Questo è Jeroen Dijsselbloem. Appena seduto sulla poltrona di capo dell’Eurogruppo, il consesso dei ministri finanziari dell’area euro, la fece grossa. «Cipro? È un modello», disse nei giorni in cui per la prima volta si applicavano i controlli sui capitali ciprioti e si effettuava il salvataggio del Paese colpendo gli obbligazionisti delle banche. Parole che fecero infuriare gli investitori internazionali e che portarono a una massiccia ondata di vendite sul mercato azionario europeo. Parole che gli valsero il soprannome di «Dijsselblood», dato dal Financial Times, perché «ogni volta che apre bocca, il sangue scorre sui mercati». E oggi l’olandese Dijsselbloem è diventato l’uomo che deve salvare Atene. Delle due l’una: o salta Atene o salta lui.
Quando fu nominato come presidente dell’Eurogruppo era il 21 gennaio 2013 e a Bruxelles il freddo era pungente, come spesso accade. Ma lui, olandese di Eindhoven, era senza cappotto, solo con l’abito. A un giornalista tedesco che gli domandò se sentisse freddo, lui rispose senza pensarci su due volte: «No, figuriamoci. Ci sono altre cose che mi preoccupano, come la crisi e la disoccupazione».
Dijsselbloem è fatto così. Prende le cose sul serio, sempre. Grande differenza, questa, rispetto al suo predecessore Jean-Claude Juncker, finito dall’Eurogruppo alla presidenza della Commissione europea, e noto per le sue barzellette e i suoi scherzi. Sarà che Dijsselbloem è figlio di due insegnanti, ma «sa perfettamente quando bisogna essere veloci e come gestire le tavole rotonde», dice di lui un funzionario della Commissione Ue. I maligni, che non sono pochi invero, dicono che lui ha imparato alla perfezione la tecnica della rotazione dei campi agricoli, perché oggi dice una cosa, domani il contrario e così via. Un’ironia che nasce dal fatto che Dijsselbloem è laureato in economia agricola e fra i suoi avi ci sono diversi agronomi. Ma si tratta di una battuta che ha un fondo di verità.
Il problema è nella comunicazione. «Parla troppo e molto spesso a braccio», dice chi lo conosce da vicino. Più si parla a braccio, più si rischiano le gaffe. Come l’ultima, due settimane fa, durante il primo incontro con il ministro greco delle Finanze Yanis Varoufakis. Dopo aver preso la parola da Varoufakis, che aveva appena dichiarato l’intenzione di non voler più vedere la Troika composta da Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione Ue sul suolo greco, Dijsselbloem non è stato composto. Ha sussurrato all’orecchio del collega ellenico «hai appena ucciso la Troika», facendosi beccare dalle telecamere tramite il labiale. Una frase che, secondo quanto riportano le indiscrezioni da Bruxelles, ha fatto infuriare sia Juncker sia il presidente della Bce Mario Draghi sia il cancelliere tedesco Angela Merkel. In tanti vorrebbero la testa di Dijsselbloem, e già nei mesi scorsi si era fatto il nome di Luis de Guindos, ministro spagnolo dell’Economia, come suo possibile sostituto.
La sfida maggiore per Dijsselbloem non è quella di rottamare la Troika, bensì effettuare quel maquillage tale da renderla politicamente accettabile dal governo greco guidato da Alexis Tsipras. Un compito non facile, ma che dovrà essere portato a compimento entro oggi, data del vertice dell’Eurogruppo che deve decidere il destino di Atene. Questo perché senza un accordo fra Atene e Bruxelles, il futuro finanziario della Grecia potrebbe essere compromesso. Il 28 febbraio infatti scade l’estensione di due mesi del programma di salvataggio negoziata dal predecessore di Tsipras, Antonis Samaras. «O la va o la spacca», ha detto Dijsselbloem alla vigilia dell’incontro con Varoufakis. Del resto, l’olandese sa che siede su una poltrona sempre più scomoda.