varie, 16 febbraio 2015
CHIACCHIERE
«Non credo che il gioco di Van Gaal funzionerà per il Manchester United, a meno che non cambi tutti i giocatori. Non parlo con lui come facevo con Ferguson. Non sembra il tipo con cui scambiare due chiacchierare…» (Usain Bolt, grande tifoso dello United).
MESSIA «Non sono il Messia. E non credo nella pressione, vado in campo e faccio quello che mi hanno insegnato, non posso far altro che dare il massimo, quello che poi accade è fuori dalla mia portata. Capisco la situazione in cui mi trovo ma non posso vivere la mia vita secondo quello che pensano gli altri» (LeBron James).
CIELO «Quando giocavo con Cannavaro, Nesta, Buffon, Del Piero, per me ogni allenamento era una scuola. Arrivi in nazionale e pensi d’essere come loro, ma senza umiltà non lo sarai mai. Quando tocchi il cielo con un dito non pensi che dovrai lottare per ritoccarlo, pensi di essere come loro, non vedi oltre l’orizzonte. Qui sta l’errore» (Marco Materazzi).
CATASTROFE «Non sono uno che guarda i numeri perché so che i numeri possono cambiare da un momento all’altro. Io guardo me stesso e ricordo le parole che mio padre mi ripeteva ogni sera al telefono, quando a 14 anni lascia la mia casa ad Atene per andare a giocare a Creta: piedi per terra e umiltà, qualsiasi cosa succeda, non è mai una catastrofe» (il portiere dell’Udinese Orestis Karnezis).
99% «Sapere che al 99% la domenica non giocherai ti può portare a mollare, ma devi sempre rimanere sul pezzo» (Luca Castellazzi, ora terzo portiere del Torino).
MOMENTI «I momenti indimenticabili della vita di un uomo sono 5-6, il resto fa solo volume» (Giorgio Frezzolini, terzo portiere dell’Atalanta).
COMPUTER «Passo ore al computer. Il nostro sport non è come il calcio, dove ci sono archivi e trasmissioni. Voglio che in futuro mio figlio creda a quello che il papà gli racconta» (Gabriel Lima, brasiliano naturalizzato italiano, capitano della Nazionale di calcio a 5).
CINESE «Nel 2013 sono andato in Cina e ho resistito due mesi. In tutto quel tempo non imparato una sola parola della loro lingua. E ho sofferto il troppo casino: non ero abituato a città grandi come Changchun. Nelle Filippine, dove sono stato due anni fa, era diverso: lì tutti parlano inglese e molti hanno studiato negli Stati Uniti» (Tony Mitchell, il miglior realizzatore della Serie A di basket).