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 2015  febbraio 16 Lunedì calendario

193 ROMANZI E 158 GIALLI: SIMONON, L’ANARCHICO NON VIOLENTO LETTO IN TUTTO IL MONDO

Nei giorni dell’attacco terroristico a Parigi, il profilo Facebook “George Simenon”, gestito dal figlio John, ha cambiato l’immagine del profilo con la scritta Simenon is Charlie. E in effetti Simenon, che si definiva “un anarchico non violento”, pur essendo mille miglia lontano dal modello dell’intellettuale engagé, avrebbe provato sicuramente orrore per un attacco al cuore di una delle cose cui teneva di più, la libertà. Simenon l’ha inseguita tutta la vita, la libertà, cercandola peregrinando dal Belgio, alla Francia, agli Stati Uniti (dove ha vissuto per lungo tempo tra una costa e l’altra e persino nel deserto e dove sono nati tre dei suoi quattro figli), infine in Svizzera, l’ha inseguita scrivendo centinaia di Maigret per potersi dedicare, con quel che guadagnava grazie al corpulento commissario, ai romanzi che lui definiva “romanzi duri” o “romanzi romanzi”, quelli in cui cioè metteva alla berlina vizi e ipocrisie della buona borghesia e guardava con indulgenza alle fragilità, alle debolezze degli emarginati. Ha inseguito la libertà nei suoi rapporti privati, con una vita sessuale allegramente libertina e contemporaneamente un fortissimo legame con le sue compagne e – soprattutto – con i suoi figli. Il racconto del rapporto fortissimo con loro quattro è al centro della sua autobiografia Memorie intime, nelle quali Simenon dialoga in particolare con l’adorata Marie-Jo, la figlia più fragile, affetta da un mal di vivere che si manifesterà prestissimo e la condurrà al suicidio, nel 1978, a soli 25 anni. “Se questa lettera contenesse tutto il mio affetto, il postino non riuscirebbe a portarla”, scrive Simenon in una missiva a Marie-Jo, che ricambiava il grande amore per un padre forse persino troppo ingombrante: “Spero di essere in grado”, gli scriveva, “un giorno, di condividere totalmente il tuo modo di vedere l’Uomo, con quell’indulgenza che di solito riserviamo solo all’infanzia, dimenticando che a ogni età si resta sempre, nel fondo, bambini”.
E IN EFFETTI, COME IL SUO MAIGRET, che “ha bisogno di indagare di persona, di scavare e di catturare gli odori”, Simenon è stato per tutta la vita un indagatore dell’uomo, “dell’uomo nudo nella sua essenza originaria. Non sono così presuntuoso da sostenere di averlo trovato”, scrive nelle sue Memorie, “ma mi sono detto che se i lettori delle due Americhe, di Tokyo, delle Indie, del Vicino Oriente, senza contare le diverse etnie europee, mi leggono nella loro lingua, questo vuol dire che si riconoscono, più o meno, nei miei personaggi, altrimenti non proverebbero alcun interesse per i miei romanzi, che raramente si basano su storie sensazionali”. Quel processo di “riconoscimento” evidentemente non si è ancora fermato, perché i 193 romanzi e le 158 novelle di Simenon sono state stampate in 700 milioni di copie e continuano a essere tradotte in 50 lingue, in 40 paesi del mondo e trasformate in serie televisive e film. Il che rende Georges Simenon il sedicesimo autore più tradotto di sempre e i suoi diritti una multinazionale con fatturati da capogiro. John Simenon oggi ne è fedele custode, ma non in un’ottica puramente conservativa (in fondo potrebbe vivere di rendita con quel che frutta l’opera del padre per ancora 45 anni...), ma con l’idea di rendere vivo e attuale il mondo del padre. Ha creato un sito ( http://simenon.co  ), un profilo Facebook e uno Twitter con cui aggiorna i fan di tutto il mondo su nuove uscite, traduzioni, eventi. Ha donato alla Fondazione Re Baldovino un ricchissimo lascito di documenti e oggetti appartenuti al padre e dal 2009 lavora instancabilmente per la nascita di un grande Museo dedicato al padre, nella sua città natale, Liegi. Sorgerà sulle rive della Mosa, a poca distanza dall’Outremouse, il quartiere popolare dove tutto è cominciato, dove cioè il giovane cronista di provincia Sim ha incominciato a osservare, a indagare sui suoi simili, la sua grande passione: “Avrei voluto essere – scrive nelle sue Memorie – non solo quello che ero, così giovane e insignificante, ma tutti gli uomini, quelli della terra e quelli del mare, il fabbro, il giardiniere, il muratore e quelli che stanno abbarbicati alla famosa scala sociale (...), su e giù fino alla prostituta dei quartieri a luci rosse, che chiamo così mio malgrado perché detesto certe espressioni, e al barbone che dorme sotto i ponti della Senna o negli angiporti”.