Valeria Fraschetti, il Venerdì 13/2/2015, 13 febbraio 2015
L’INDIA IN CERCA DELL’AMORE PROTESTA A COLPI DI BACI
DELHI. Lo spettacolo è decisamente insolito, per la puritana India. E va in scena al sabato e alla domenica pomeriggio in un preciso angolo di Lodhi Garden, il parco dove la classe medio-alta va per jogging e pic-nic: decine di giovani che si scambiano abbracci e baci fugaci all’ombra di un palmeto, accanto al mausoleo dell’imperatore mogul Mohammed Shah. Una coppia sotto ogni palma. Una densità di effusioni per metro quadro che neanche le discoteche romagnole degli anni Novanta. Con una buona dose di pudore in più, s’intende. Siamo pur sempre nella terra dei matrimoni combinati e delle caste, in un Paese dove la verginità è forse più sacra delle vacche e in cui baciarsi in pubblico è considerata un’irrispettosa oscenità. Figurarsi il sesso pre-matrimoniale. E infatti anche Rahul e Menakshi, sikh lui, indù lei, studenti di 21 anni che si sono conosciuti lavorando in un call-center la sera, fidanzati da quattro mesi all’insaputa dei genitori, dicono che il primo bacio, quello sì, se lo sono scambiato dopo due mesi che uscivano insieme, ma per il resto aspetteranno la prima notte di nozze: «Se dovessimo lasciarci, lei non sarebbe più considerata una ragazza rispettabile».
Ma è anche vero che questi ragazzi raccontano di un’India che cambia e reclama il proprio diritto di espressione: sentimentale e sessuale. Quella stessa India, giovane, istruita, urbana, che a novembre scorso era scesa sul lungomare di Kochi, nel placido Kerala. Per baciarsi, davanti a tutti, contro il bigottismo imperante. Una sfida ai militanti del Barathiya Janata Yuvu Morcha, il braccio giovanile del partito nazionalista indù al governo, che giorni prima avevano vandalizzato il Downtown Cafè di Kozhikode, reo di «facilitare attività immorali per gli studenti». Ovvero, un locale in cui i ragazzi bevevano un drink con le ragazze, le tenevano per mano e magari si facevano scappare un bacetto. Ebbene, la manifestazione Kiss of love è diventata campagna nazionale. Con raduni per baci in massa a Mumbai, Delhi, Hyderabad, Chennai, Calcutta e slogan sessantottini tipo «L’amore non può essere mai sbagliato». «Il bacio è solo un simbolo. Chiediamo la fine del moral policing, di un controllo pubblico sul rispetto di una presunta moralità indiana». Mohammed, 27 anni, gilet di felpa della Puma, ricercatore di Scienze politiche, si definisce un «umanista socialdemocratico». È uno degli organizzatori della Kiss of Love di Delhi e lo incontro nel verdissimo campus della Jawaharlal Nehru University, l’ateneo storicamente più a sinistra della capitale. «Le nostre leggi sono più liberali della mentalità prevalente nella società, influenzate dalla religione e zavorrate dalle caste. Kiss of Love non è una rivoluzione, ma un primo passo verso un Rinascimento indiano». Potrebbe suonare idealista, ma Mohammed si scontra con problemi reali. Come quello di far accettare alla sua famiglia musulmana una fidanzata cristiana. Invece nel caso di Aparna, militante nella stessa università, rajasthana, figlia di un membro della famigerate organizzazione fondamentaliste indù Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), i genitori non ci hanno neanche provato a digerire la notizia-bomba di un eventuale genero che si chiamasse Kureishi (tipico cognome musulmano): «Non mi vogliono più vedere da tre anni. Ho sbagliato due volte: ho deciso io con chi stare e ho scelto un islamico. Inaudito per loro, come per me lo è dover vivere in una società che fin dalla nascita ti dice come vestirti e comportarti».
Come darle torto? Mentre l’India conta sempre più centri commerciali e bambine sui banchi di scuola, più chilometri di autostrade e laureati, anche gli honour killing sono in aumento. Un «omicidio d’onore» su cinque al mondo avviene qui, per mano di familiari che non sopportano «l’infamia» di una figlia o di un figlio che s’innamora di un membro di una casta o una religione diversa dalla propria. Tanto che il trend ha spinto uno sconosciuto signore di Chennai a fondare l’Indian Lovers Party, in difesa delle coppiette perseguitate, e la Corte Suprema a dichiarare che i matrimoni intercastali perseguono l’interesse nazionale.
«Eppure» ragiona Charu Gupta, esperte di storia e sessualità «gli honour killing rappresentano il contraccolpo di uno sviluppo economico che produce più promiscuità di caste e di genere nelle università e sul lavoro». E che sta fiaccando l’arcaico precetto dei matrimoni combinati. Beninteso: a lasciare che siano i genitori a scegliere il proprio partner sono ancora il 74 per cento degli indiani. Tuttavia anche i mercati testimoniano che ci sia una fetta crescente dell’India In the Mood for Love (and sex). Il business dei giocattoli erotici vale 221 milioni di dollari ed è destinato a raddoppiare nei prossimi tre anni. Quello della pillola del giorno dopo è in forma smagliante grazie ad un 77 per cento di ragazze single che dichiarano di averla usate almeno una volta. E anche l’industria di Bollywood, solitamente assai politically correct, ha sdoganato i baci nei film romantici.
La pletora di gruppi radicali indù vede in tutto ciò la nefasta influenza dell’Occidente: «I baci sono estranei alla cultura indiana». E fanno finta di dimenticare che il Kamasutra fu compilato nel Subcontinente e i primi riferimenti scritti sul bacio sono contenuti proprio nei Veda, le antiche scritture dell’Induismo. Tanto che, come ha rilevato l’antropologo Vaughn Bryant, nell’antica India busa o bosa era il termine con cui s’indicava l’unione delle labbra e finì per diventare basium in latino. Il perché poi l’India sia diventata così bigotta è storia lunga. E ha a che fare col retaggio del puritanesimo vittoriano e col prevalere nella tradizione induista di scritti come il Manusmriti, che associano celibato e verginità a forza e integrità morale.
Fatto sta che oggi, con la destra nazionalista di Narendra Modi al governo, i sedicenti protettori della cultura indiana si sentono imbaldanziti. «L’intolleranza verso comportamenti giudicati liberali e verso le unioni interreligiose è in crescita» osserva Charu Gupta. Gli esempi non mancano: dagli sganassoni volati tra i manifestanti della Kiss of Love di Delhi e i facinorosi della Rss, alla Love Jihad, la campagna di propaganda lanciata ad ottobre, che accusa i giovani islamici di sedurre le ragazze indù per sposarle e far così crescere la minoranza musulmana. E il recente annuncio di punizioni per le coppiette che saranno trovate a festeggiare il san Valentino. Una delirante follia. Di cui però i ragazzi di Lodhi Garden non sembrano preoccuparsi. «Qui finora si sta tranquilli, i genitori non ci vengono, i passanti chiudono un occhio. È una specie di zona franca».