Loretta Napoleoni, il Venerdì 13/2/2015, 13 febbraio 2015
MA IL VALORE DEGLI OSTAGGI NON È SEMPRE LO STESSO
Secondo le nuove statistiche dell’Icsr, l’International Institute for the Study of Radicalisation, aggiornate alla seconda metà del 2014, i combattenti Stranieri in Siria ed Iraq si aggirano intorno ai 20mila, e circa un quinto arriva dall’Europa occidentale. Ciò significa che rispetto a dicembre 2013 il numero dei jihadisti è salito di 4.000 unità. Un contingente non indifferente. Le nazioni con il numero più elevato di combattenti sono Belgio, Germania e Danimarca. Sempre secondo l’Icsr si tratta della più grande mobilitazione di stranieri nel mondo musulmano dal 1945.
Dallo stesso monitoraggio risulta anche che tra il 5 e il 10 per cento dei combattenti stranieri occidentali sono morti nel conflitto e che tra il 10 e il 30 per cento hanno abbandonato le zone di guerra per rientrare in patria, impresa non facile e infatti molti sono bloccati in aree di transito, come la Turchia.
È uno scenario ben peggiore di quello descritto dai media tradizionali, a cui però mancano alcuni dati importanti: il numero degli ostaggi stranieri, la nazione di provenienza e il valore monetario e politico di ciascuno. A giudicare da come lo Stato islamico ha gestito i due ostaggi giapponesi la nazionalità di chi cade nelle sue mani è fondamentale. Tra i combattenti stranieri censiti dall’Icsr non ci sono giapponesi, eppure il modo in cui l’Is ha ricattato il governo di Abe e quello giordano e ha sfruttato la crisi degli ostaggi per motivi di propaganda sembra confermare il valore strategico dei due giapponesi il cui destino è stato ben diverso da quello delle due cooperanti italiane rilasciate a gennaio. Non tutti gli ostaggi sono merce di scambio monetaria, per alcuni il valore massimo è rappresentato dalla provocazione politica.