Stefano Livadiotti, L’Espresso 11/2/2015, 11 febbraio 2015
CHI DIFENDE I FURBI
[Colloquio con Vincenzo Visco] –
La lista Falciani sta facendo grande clamore, ma dal punto di vista del gettito fiscale ha avuto effetti modesti. Al di là della norma cosiddetta salva-Berlusconi, il decreto di attuazione della delega fiscale ha rappresentato un deprecabile infortunio. Il messaggio agli evasori era: liberi tutti. Credo che il governo sia sia reso conto dell’errore e spero che vi ponga rimedio nel nuovo testo. Vedremo. L’evasione fiscale italiana potrebbe essere dimezzata nell’arco di pochi anni: ma, se l’amministrazione finanziaria è in ottime mani, l’esecutivo è carente sotto il profilo della competenza fiscale... Parla Vincenzo “Dracula” Visco, ministro delle Finanze con i governi Ciampi, Prodi e D’Alema, titolare del Tesoro e del Bilancio con l’Amato II e dell’Economia (con delega alle Finanze) con il Prodi II. E, come suo costume, non usa troppi giri di parole.
Visco, le fa impressione scoprire che nella lista Falciani l’Italia è al quinto posto come numero di clienti e al settimo per l’importo dei conti?
«Nessuna. C’è stato un momento, a metà anni Ottanta, in cui gli evasori portavano in Svizzera valigie zeppe di soldi. Non usavano neanche più gli spalloni. Tanto non c’erano controlli».
Chi compare nella lista Falciani non è necessariamente un evasore...
«Vero. In teoria può aver portato regolarmente i suoi soldi in Svizzera, dichiarandolo. Ma i capitali depositati nei paradisi fiscali possono avere solo tre origini: il riciclaggio, la corruzione e l’evasione. E quest’ultima rappresenta la fetta più consistente. Vale in tutto il mondo. In Italia di più. Ragion per cui...».
Sulla base della prima parte della lista Falciani, quella del 2010, il fisco inglese ha recuperato 135 milioni, quello francese 188, quello spagnolo tra i 220 e i 300. In Italia siamo fermi intorno a quota 30. Dipende solo dal fatto che da noi qualcuno nega il valore di documenti, come appunto la lista, che sono stati trafugati?
«Ci sono certamente problemi giuridici. E anche altri, di indirizzo più politico. Quando, da ministro, mi è arrivato l’elenco dei contribuenti che avevano portato i soldi in Lussemburgo l’ho girato immediatamente all’Agenzia delle Entrate. Poi il governo è caduto e quello successivo ha bloccato tutto».
Che effetto avrà la lista Falciani sulla cosiddetta voluntary disclosure, il provvedimento che consente di regolarizzare capitali detenuti, all’estero o anche in Italia, in violazione delle norme fiscali?
«Quando qualcuno viola il segreto gli evasori si dicono: non c’è più religione. E lesti riportano i soldi a casa. Grazie anche alla lista Falciani, la voluntary disclosure avrà dunque un buon successo. Ma questo non risolverà il problema italiano sul fronte dell’evasione».
Perché?
« Il denaro percorre sempre lo stesso circuito. Il punto di partenza è il falso in bilancio, che genera evasione e che serve a produrre i fondi neri. Poi ci sono il riciclaggio o l’autoriciclaggio. Ecco: una normativa efficace dovrebbe essere progettata con preciso riferimento a questo percorso. E fondata sulla cooperazione internazionale: finora siamo fermi allo scambio di informazioni, che rappresenta un primo passo e però non basta. Ciò che manca in Italia è una visione organica, come si è visto proprio in questi giorni.»
Si riferisce al decreto legislativo di attuazione della delega fiscale, attualmente sospeso per via della norma cosiddetta salva-Berlusconi, che secondo l’Associazione per la legalità e l’equità fiscale è un condono mascherato del valore di 15 miliardi?
«Ritengo che per il governo si sia trattato di un infortunio. Volevano varare una norma popolare, che lasciasse intendere una sorta di tregua per le piccole frodi. Il che sarebbe stato anche giusto. Il problema è che poi in Consiglio dei ministri, aggiungi qua inserisci là, è venuto fuori un provvedimento stravagante, che depenalizzava le grandi frodi e dimezzava i tempi di prescrizione, andando contro la tendenza che si va affermando in Europa e rischiando una forte perdita di gettito. Ora: non mi iscrivo certo al partito dei forcaioli, ma sui comportamenti più gravi il penale ci vuole. Comunque, sembra che il governo sia pronto a presentare un nuovo testo. Vedremo se riparerà errori e incoerenze. Io me lo auguro, perché ce n’è davvero bisogno».
I dati dell’Institut de criminologie ed de droit pénal dicono che in Italia i detenuti per reati economici e fiscali sono appena lo 0,4 per cento del totale, meno di un decimo della media europea...
«Altrove c’è maggior rigore. In questo senso, sarebbe molto utile fare un confronto approfondito con i meccanismi adottati in altri Paesi».
Al di là delle norme future, gli strumenti di cui già oggi il fisco dispone sono usati al meglio?
«Assolutamente no. Io nel 1998 varai, tra le altre cose, il fisco telematico, forse all’epoca il più all’avanguardia nel mondo. L’insieme delle misure ci consentì di ridurre l’evasione di massa dell’equivalente di 4 punti di prodotto interno lordo. Poi, i governi successivi hanno fermato il processo di ammodernamento del sistema fiscale. Un vero peccato, perché in pochi anni si potrebbe dimezzare l’evasione italiana, portandola dall’8 per cento del Pil ai livelli medi europei. Il fatto è che bisognerebbe saper e voler utilizzare le banche dati disponibili».
Sta puntando il dito contro l’amministrazione?
«Servono controlli, buona e consapevole gestione amministrativa e coordinamento internazionale. Ma la strada scelta dalla Orlandi, quella di convincere i contribuenti che è meglio adempiere ai loro doveri fiscali, è senz’altro quella giusta. Continuare ad abbaiare alla luna, con i blitz in stile Cortina, sarebbe tempo perso. In questo senso, con Rossella Orlandi l’amministrazione è in ottime mani. Dove, semmai, c’è un difetto di competenza in materia fiscale è all’interno del governo».
Difetto di competenza o mancanza di volontà politica?
«Sul terreno fiscale questo governo poteva certamente fare di più, anche se alcune cose sono state realizzate. Ma bisogna tenere conto di un fatto. Ci sono forze politiche che difendono di fatto gli evasori per averne in cambio i voti. E altre che sono comunque condizionate dalla necessità di non perdere il consenso elettorale dei furbetti del fisco. In un Paese dove l’evasione è di massa chi la combatte con determinazione rischia di pagare un prezzo politico. Vedremo cosa succederà ora che l’equivoco del patto del Nazareno è venuto un po’ meno. Certo, la maggioranza resta composita. Comunque, un buon banco di prova sarà la norma sulla fatturazione elettronica, che ho proposto nei mesi scorsi e che sarebbe in grado di assestare una bella botta all’evasione».
Quando è nato questo governo si è detto che Renzi si affida molto a lei in materia fiscale. E la nomina di una persona come la Orlandi al vertice dell’Agenzia delle entrate sembrava confermarlo. Di recente, invece, lei ha preso posizioni abbastanza critiche nei confronti dell’esecutivo. L’asse Renzi-Visco si è rotto?
«Renzi sente tanta gente, ma tende a un rinnovamento radicale. Io offro, da esterno, la mia collaborazione al governo del Pd, sotto forma di consigli, a volte accolti e altre no. E se lo vedo assumere iniziative che ritengo vadano nella direzione sbagliata lo dico. Per il suo bene».