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 2015  febbraio 13 Venerdì calendario

L’INVENTORE DELL’EURO? CESARE BECCARIA

Lo conosciamo tutti per il suo testo più famoso, Dei delitti e delle pene, scritto a soli 26 anni nel 1764. Un trattato epocale, perché per la prima volta qualcuno separava il concetto di crimine da quello di peccato e si scagliava contro la tortura e la pena di morte. Ma Cesare Beccaria non era solo il brillante giurista in grado di influenzare il presidente americano Thomas Jefferson, l’imperatrice Caterina II di Russia e una schiera di illuministi francesi, primo tra tutti Voltaire. Beccaria era anche un economista, e dalle idee molto attuali.
Questa competenza meno nota emerge nel libro L’arte della ricchezza. Cesare Beccaria economista (Mondadori Università), che l’autore Carlo Scognamiglio Pasini presenterà lunedì 16 febbraio alla Fondazione Corriere della Sera (ore 18 in sala Buzzati). Con lui sul palco a discutere del volume ci saranno la presidente del Tribunale di Milano Livia Pomodoro, il direttore del Corriere Ferruccio de Bortoli, il presidente della Fondazione Piergaetano Marchetti e l’economista Alberto Quadrio Curzio. «Il bello di questo libro è che valorizza Beccaria come intellettuale completo», spiega Quadrio Curzio, docente all’università Cattolica. «Beccaria si trovava all’intersezione di almeno tre diverse correnti: illuminismo, umanesimo e liberismo. Una felice commistione che lo ha portato a sviluppare una sua personale (e avanzata) idea di economia: da un lato c’era il liberismo come intraprendenza dei singoli, dall’altro il buon governo della cosa pubblica. Per Beccaria l’economia era entrambe le cose: un interesse privato e uno collettivo da bilanciare». Inoltre il giurista milanese non concepiva l’economia come disciplina a sé stante, ma la inseriva all’interno delle più ampie scienze umane. «Esattamente il percorso che stiamo tornando a fare oggi», precisa il professore. Non è tutto. La lungimiranza di Beccaria va ancora oltre: «Io sostengo che insieme a Pietro Verri Beccaria abbia inventato l’euro: in un saggio a quattro mani sul “disordine delle monete”, i due amici hanno espresso la necessità di avere una tavola di conversione unica che rendesse confrontabili tutte le valute. E c’è di più: Beccaria era anche convinto che gli Stati europei, così presi dal commercio reciproco, avrebbero dovuto considerarsi una sovra-nazione». Un antesignano dell’Europa, insomma. Che aveva anche un’idea precisa e rivoluzionaria di ricchezza, simile alle intuizioni di Adam Smith: a fare grande una nazione non sono le risorse naturali ma il lavoro dei suoi cittadini e gli strumenti che ne incrementano la produttività. In una parola, quella cosa di cui tutti parliamo oggi: la tecnologia.