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 2015  febbraio 11 Mercoledì calendario

CASO MAJORANA

Roma, febbraio
La verità sul giallo di Ettore Majorana era stata scoperta da Oggi nell’ottobre del 1978. In un’inchiesta apparsa nel numero 41, il professor Carlos Ribera, direttore dell’istituto di Fisica dell’università cattolica di Santiago del Cile, ci rivelò che il grande fisico siciliano, scomparso misteriosamente nel 1938, non si era suicidato né era stato ucciso, come si era sempre sospettato; e nemmeno si era recluso in un convento di clausura, come ipotizzato da Leonardo Sciascia nel suo romanzo La scomparsa di Ettore Majorana (edito nel 1975); semplicemente aveva fatto perdere ogni traccia di sé, emigrando in Sudamerica.

Nei giorni scorsi, cioè 37 anni dopo, la Procura di Roma, che nel 2011 (sulla base di una nuova testimonianza raccolta dalla trasmissione televisiva Chi l’ha visto?), aveva aperto un fascicolo sulla scomparsa del famoso scienziato, ha chiuso le indagini giungendo alle medesime conclusioni: «Nel periodo dal 1955 al 1959», ha spiegato il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani, «Ettore Majorana era ancora in vita e si trovava volontariamente nella città venezuelana di Valencia».

Per qualche motivo che non sapremo mai, il professor Majorana ha vissuto come un uomo in perenne fuga.

Nella nostra inchiesta del 1978, ci dissero che si era trasferito in Sudamerica dove aveva preso i voti, facendosi frate. La testimonianza decisiva fu appunto quella del professor Carlos Ribera: «Nel 1950 mi recai con mia moglie a Buenos Aires per imbarcarmi su un aereo diretto in Germania», ci raccontò. «Prendemmo alloggio presso la pensione di una signora che si chiamava Frances Talbert. Questa signora aveva un figlio laureato in Ingegneria elettrica: Tullio Magliotti. In quei giorni mi occupavo delle leggi statistiche di Majorana il cui nome era scritto a grossi caratteri su uno dei miei fogli. La signora Talbert, leggendo quel nome, esclamò: “Majorana? Ma questo è il nome di un famoso fisico italiano che è molto amico di mio figlio. Infatti, si vedono spesso. Mio figlio mi ha detto che non si occupa più di fisica, ma di ingegneria. Majorana ha detto a mio figlio che se n’è andato dall’Italia perché non gli piaceva Enrico Fermi; anzi, che di Fermi non voleva sentire neppure il nome perché costui aveva avuto un ruolo importante nella costruzione della bomba atomica”. La conversazione fu interrotta da una telefonata del figlio. Forse non gli piacque che la madre avesse parlato con me di Majorana e che io volessi incontrarlo. La signora Talbert, infatti, non ritornò da me per riprendere la conversazione e poiché la mattina successiva io dovevo imbarcarmi per la Germania, non potei incontrare suo figlio né riprendere il discorso. Quattro anni dopo, cioé nel 1954, andai di nuovo a Buenos Aires e ritornai alla pensione della signora Talbert. Ma madre e figlio erano misteriosamente spariti».

Le rivelazioni del professor Ribera non finirono con la signora Talbert. «Nel 1960», disse, «tornai per la terza volta a Buenos Aires e presi alloggio presso l’hotel Continental. La mattina, durante la colazione, mentre ero assorto in alcuni calcoli e scrivevo formule su un tovagliolo di carta, un cameriere mi disse: “Conosco un altro uomo con la mania di mettere formule sui tovaglioli, come sta facendo lei. È un cliente che viene ogni tanto a mangiare e si chiama Ettore Majorana”».

il meccanico-testimone

Nel 2008, durante una puntata di Chi l’ha visto? fu intervistato un certo Francesco Fasani, meccanico, emigrato in Venezuela, che sosteneva di aver conosciuto nel 1955, nella città di Valencia, Ettore Majorana che però si faceva chiamare “signor Bini”. Fasani spiegò di aver saputo da una personalità di spicco della comunità di emigranti italiani che il fantomatico “signor Bini” altri non era che lo scienziato Majorana. «Un uomo», disse Fasani, «di una riservatezza estrema. Bini-Majorana non aveva amici e non amava frequentare gli altri emigranti italiani. Seppi, però, che conviveva con una donna nel paesino di San Rafael che si trova sulla strada che collega la città di Valencia a quella di Maracay. Più di ogni cosa temeva di essere fotografato, tranne in una circostanza: nell’estate del 1955 mi chiese urgentemente un prestito e siccome non glielo rifiutai, accettò di farsi scattare una foto ricordo insieme».

Quella foto, esaminata dai carabinieri del Ris, ha fornito la prova decisiva: «la comparazione dei tratti fisiognomici di Bini-Majorana con quelli di suo padre alla stessa età, circa 50 anni, hanno mostrato una perfetta sovrapponibilità dei singoli particolari anatomici: fronte, naso, zigomi, mento e orecchie». Altra prova, una cartolina del 1920 che Fasani recuperò nell’auto del signor Bini e tenne per sé: la scrisse il fisico Quirino Majorana, zio di Ettore, al collega americano W.G. Conklin per comunicare il risultato di certi esperimenti scientifici.
Così, 77 anni dopo il cerchio del caso Majorana si è chiuso: troppo tardi per sapere tutta la verità, compreso un suo probabile spostamento dall’Argentina al Venezuela.