Filippo Maria Ricci, La Gazzetta dello Sport 13/2/2015, 13 febbraio 2015
BRAIDA: «IL BARCA È IL TOP»
Felice, orgoglioso e con una gran voglia di mettersi a lavorare. Senza preoccuparsi troppo di ciò che porterà il futuro. Ariedo Braida, 68 anni, riparte da Barcellona e dal Barça.
«E in un certo modo si chiude un cerchio. In questa città, in questo stesso hotel, il Princesa Sofia, una notte del 1986 venni a “cacciare” Ruud Gullit, la mia prima missione importante per conto del Milan dove ero appena arrivato. La mia storia è partita qui 29 anni fa e riparte da questa città, nel club più importante, bello e grande del mondo».
Più grande di Milan e Real?
«In questo momento non ci sono squadre superiori. Magari ci sono club sullo stesso livello, ma il Barça ha una popolarità mostruosa che negli ultimi anni è cresciuta grazie a un modo di giocare che ha fatto scuola e ha fatto innamorare il mondo».
Cosa farà?
«Mi occuperò del mercato internazionale. Mi trasferirò a Barcellona, perché voglio dare il massimo in questa esperienza e ripagare la fiducia».
Però lavorare sarà complicato: il Barça non può incorporare nuovi giocatori fino al 1 gennaio 2016.
«Un grande club non ragiona sul presente. Per essere tale deve programmare e prepararsi per il futuro con largo anticipo».
E se Bartomeu perde le elezioni? Non c’è il rischio che il vostro lavoro sia sfruttato da altri?
«Non m’interessa, non penso alle elezioni. Sono stato preso per un lavoro tecnico, voglio solo provare a dare un contributo che in ogni caso servirà al club».
I giornali catalani le hanno affiancato due nomi, due missioni: Pogba e Verratti.
Sorride. «Ma se ho appena firmato! Iniziamo, poi vedremo».
Allarghiamo la visuale. In 30 anni com’è cambiato il mercato?
«C’è molta più concorrenza. Il nuovo contratto televisivo della Premier è pazzesco, pazzesco, pazzesco. Anche un club minore può contare su 70-80 milioni di euro, cifra mostruosa, in Italia ragioniamo su un quinto di quel valore, non c’è paragone. Però io continuo a pensare che il calcio ha ancora bisogno di sentimento e di passione».
Due elementi che in Italia si sono un po’ persi.
«Già. Se non vinci si crea disaffezione, è umano. I grandi club che hanno trascinato il sistema non vivono il miglior momento della loro storia. Succede».
Da cosa dipende?
«Non c’è una sola risposta. Sento dire che ci sono troppi stranieri, che non giocano i giovani… Io dico una cosa: giovane non è sinonimo di bravura, i ragazzi devono giocare se sono bravi. Pogba è giovane e gioca, come Verratti o De Sciglio. Un allenatore è orgoglioso se riesce a lanciare un ragazzo. Però in giro non ci sono tanti giovani di alto livello. Poi è innegabile che in Serie A c’è un abbassamento dei valori. Ultimamente i giocatori più importanti dall’Italia vanno via, arriva gente a fine carriera o non di primissimo piano. Questa è la realtà: il nostro calcio segue la tendenza finanziaria del Paese. Le persone che hanno portato in alto squadre come Milan, Inter e Juve in questo momento non sono in condizione di fare gli stessi investimenti di prima. La Juve resiste a ottimi livelli, le altre sono in un periodo per così dire di riflessione. Ma si riprenderanno, perché il calcio è fatto di cicli».
Cosa pensa dei fondi d’investimento?
«Questione controversa. A breve termine possono aiutare una società in difficoltà ma a lungo termine sono dannosi. Un’arma a doppio taglio, perché la società non può perdere il suo patrimonio, che sono i giocatori».
A proposito, un procuratore come Jorge Mendes arriva a controllare intere squadre.
«A volte i procuratori hanno un potere molto forte nei confronti delle società e quando i rapporti di forza sono troppo sbilanciati non va mai bene. Però come procuratore Mendes è stato bravissimo».
Come vede il Milan?
«Ha una grandissima storia, ora è in difficoltà ma ha dirigenti bravissimi e sono convinto che tornerà il Milan di sempre. Però ci vuole pazienza. Anche in passato ci sono stati momenti meno buoni, poi è tornato il sole».
Cosa le hanno detto Galliani e Ancelotti?
«Carlo è stato il primo a chiamarmi. Poi Allegri, e tanti altri. Galliani mi ha fatto i complimenti: è stata una sorpresa per lui e per tutti».
Anche per lei.
«Sì, è evidente. Una grandissima, bellissima sorpresa».
Galliani è molto madridista, non ha fatto battute sulla sua scelta?
«Con Adriano ci sarà grande competizione, ma sana, tra due persone che si stimano e si vogliono bene. Tra noi c’è un’amicizia fraterna, così come vorrò sempre bene a Berlusconi».
L’ha chiamata?
«No, non ci sentiamo».