Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/2/2015, 13 febbraio 2015
PERISCOPIO
Oggi voglio proprio scrivere qualcosa a favore di Renzi: qualcosa. Jena. La Stampa.
«Il progetto per il rilancio dell’economia italiana?». «La riforma della cessione del quinto». Massimo Bucchi. il venerdì.
Che revival: Raffaella Carrà impazza in tv, Albano e Romina a Sanremo, Bankitalia con il Qe finanzia lo stato. MF.
L’Italia è la patria del diritto, non delle ferie dei magistrati. La memoria dei magistrati uccisi dal terrorismo o dalla mafia ci impone di essere seri e rigorosi. Matteo Renzi. Agenzie.
Perché il direttore di Charlie Hebdo non ha avuto una protezione adeguata, quattro poliziotti blindati e sempre in tiro? Anche se Charbonnier non li avesse chiesti, un governo responsabile avrebbe dovuto imporli. Charbonnier li ha chiesti e non gli sono stati concessi? Lo si è ingannato con ridicole rassicurazioni, come se un unico poliziotto potesse salvare lui e i suoi dalla jihad? Nemmeno lo sniper di Clint Eastwood ci sarebbe riuscito. E così adesso ci sono i martiri di Voltaire, celebrati dall’Occidente, e i martiri del Corano, celebrati dall’Oriente ma non solo. Umberto Silva, psicanalista. Il Foglio.
Francesco Paolo Sisto, fittiano di Forza Italia, ha pronunciato il suo «obbedisco!» dopo la giravolta di Silvio Berlusconi sulle riforme e si è dimesso da relatore della legge costituzionale. Dice di averlo fatto anche obbedendo alla propria coscienza. Forza Italia è un partito di pancia, e la pancia non aveva digerito quel patto del Nazareno. Ora - spiega Sisto - le mani sono più libere per votare quello in cui si credeva e che è stato sacrificato nel compromesso con Matteo Renzi. Ad esempio il Senato andrebbe abolito del tutto. Quanto all’Italicum, secondo Sisto, «era un gioiellino quando è uscito dalla camera. Al senato però me l’hanno distrutto». Franco Bechis. Libero tv.
Sono trascorsi altri cinque mesi, quasi un anno di governo, tra poco (22 febbraio), e siamo ancora là. Stop! Fermi al semaforo della vigilessa di Palazzo Chigi, snodo di una governance con un deficit preoccupante di competenza e ordine, con i decreti che sono pasticci illeggibili, con le poste di bilancio che ballano, con la pressione fiscale che diminuisce davanti alle telecamere ma rimane invariata nei documenti ufficiali, con il risparmio degli italiani tosato come non mai, con le tabelle del ministero dell’economia che dicono una cosa, mentre il premier ne racconta un’altra, tanto la carta non canta e non conta da un pezzo e nessuno più controlla lo stenografato d’aula. Mario Sechi, giornalista. Il Foglio.
Renato, di cognome, fa Castioni. Nell’autobiografia la sua identità non viene svelata. È proprietario della trattoria Ciccarelli di Dossobuono. Fu lì che Katia trovò rifugio dopo aver lasciato il marito. Scelta deleteria per la dieta: i piatti forti del locale sono le fettuccine ai tre sughi e il carrello dei bolliti con la pearà. Ormai si conoscono da più di 30 anni. «Amici amici, eh. Non so neppure che tipo di mutande porti, mai visto in déshabillé. Magari avessi trovato un uomo così da sposare! Però voglio lo stesso celebrare con lui le nozze d’oro dell’amicizia, che è l’espressione più alta dell’amore. Melomane dai modi aristocratici, Castioni gestiva il bar dell’aeroporto di Villafranca. Un giorno il caposcalo della Meridiana chiese disperato il suo aiuto: la soprano stava dando i numeri perché le avevano cancellato il volo per Olbia. Lui la ammansì con un tè caldo. «Gli era da poco morta la moglie Bruna. Da allora siamo inseparabili. Ma ognuno a casa propria». Katia Ricciarelli (Stefano Lorenzetto). Panorama.
La grandezza dell’Occidente è consistita nel non espellere il sacro dal suo orizzonte. Ha imparato a tenerlo a bada senza scacciarlo. Si è creata così una tensione fra i due poli - cioè fra il sacro e la politica - che ha reso possibile la resistenza agli abusi stessi del potere. E ha permesso tra l’altro la nascita di un terzo potere: il potere economico. La modernità si è sviluppata grazie alla fibrillazione di questi tre poli. La ragione principale, secondo me, per cui modernità e Occidente sono oggi in crisi è nella caduta del sacro. È sempre meno un polo di quella dialettica che fu indispensabile alla idea stessa di sovranità. Per secoli l’Occidente era riuscito a non far prevalere né l’uno né l’altro E poi abbiamo avuto la crisi degli stati sovrani, il predominio del grande capitale finanziario senza fissa dimora, e il consumismo come modello antropologico. Il combinato di questi tre elementi ha rotto gli argini della modernità. Ha svelato le debolezze dell’Occidente. Paolo Prodi, storico, fratello di Romano (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Il grande poeta russo Sergej Esenin, negli Stati Uniti per accompagnare la leggendaria moglie Isadora Duncan, si presentò un giorno a una lettura pubblica armato di una Colt, urlando: «Questa è la vera poesia americana!». La frase non era del tutto attribuibile al tasso alcolico di Esenin, come sempre altissimo. L’arma da fuoco rimane la principale caratteristica dell’eroe americano, anche in tempi di politically correct assai spinto. Nei film statunitensi è ormai di fatto vietato accendersi una sigaretta, proferire insulti razzisti o sessisti, offendere un credo religioso. In compenso il buono della storia è autorizzato in qualsiasi momento a imbracciare un fucile a ripetizione, un mitra, una pistola automatica e anche un bazooka e a massacrare decine o centinaia di cattivi. Curzio Maltese. il venerdì.
Trovo vergognoso, per dire, che nella Chiesa cattolica le donne non facciano parte delle congregazioni che precedono il Conclave. Ci sono cardinali, vescovi e gli ordini religiosi maschili, giustamente. Ma le madri generali, le rappresentanti di organizzazioni internazionali, quelle no. Donne importantissime, che avrebbero tantissimo da dire, e nessuno le ascolta. Del resto, è ridicolo che non ci siano donne ai vertici dei dicasteri dei laici o della famiglia; perfino tra i religiosi l’unica donna è sottosegretario. Lucetta Scaraffia, storica. Responsabile dell’inserto femminile dell’Osservatore romano. (Gian Guido Vecchi). Corsera.
Il poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli (1791-1863) scrisse ben 2.279 sonetti, per un totale di 32 mila versi, vale a dire più del doppio della Divina commedia di Dante. Valerio Magrelli. il venerdì.
Voglio essere politicamente scorretto. Se lo meriterà, darò dell’imbecille anche a un extracomunitario. Roberto Gervaso. il Messaggero.
Paolo Siepi, ItaliaOggi 13/2/2015