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 2015  febbraio 13 Venerdì calendario

BERLUSCONI FA CASSA CON MEDIASET

Ogni società deve vivere di luce propria. Sono almeno due anni che Marina Berlusconi, presidente di Fininvest e Mondadori, lo va ripetendo: la cassaforte di famiglia e le aziende industriali, quindi Mediaset e Mondadori (Mediolanum è affidata alla gestione dei Doris), devono trovare internamente le risorse per la crescita o, nel caso del gruppo di Segrate, per il risanamento senza dover attingere alla cassaforte.
Perché non va dimenticato che la finanziaria di via Paleocapa nel 2013 è stata colpita dalla mazzata del Lodo Mondadori, che ha visto uscire dalle proprie casse e a favore della Cir di De Benedetti oltre 490 milioni. A ciò va aggiunto che la holding da anni non riceve più i dividendi dei due asset editoriali -Mediolanum garantisce sempre una ricca dote- e deve sempre fare i conti con la zavorra del Milan (60-70 milioni il rosso d’esercizio stimato per il 2014) che obbliga a continue iniezioni di denaro. E dulcis in fundo, è calata la scure di Bankitalia che, in seguito alla condanna definitiva di Silvio Berlusconi, ha obbligato la Fininvest a sbarazzarsi della gran parte delle partecipazione in Mediolanum: potrà mantenere in portafoglio solo il 9,9% dell’attuale 30,12%.
Sono queste le ragioni che hanno spinto la famiglia Berlusconi a tornare, da venditore, sul mercato. E così a poco più di un anno (dicembre 2013) dal collocamento del 5,61% del gruppo guidato da Ennio e Massimo Doris che ha fruttato un incasso di 265 milioni, ieri la cassaforte dei Berlusconi ha annunciato di aver avviato, e concluso, un accelerated bookbulding (gestito da Merrill Lynch e Unicredit) sul 7,79% del gruppo televisivo di Cologno Monzese ora partecipato al 33,4%.
Una quota che garantirà la presa della proprietà sul Biscione al centro di un processo di valorizzazione della controllata Mediaset Premium (la pay tv digitale) nel cui capitale è entrata la spagnola Telefonica con l’11% ma che in futuro cercherà alleati industriali.
Con la vendita di 92 milioni di azioni ordinarie della tv, Fininvest ha incassato 377,2 milioni avendo collocato il pacchetto a un prezzo di 4,1 euro per azione con uno sconto vicino al 4% rispetto al prezzo di chiusura di ieri (4,62 euro). L’incasso, si legge nella nota diramata ieri da via Paleocapa «consentirà di proseguire nel rafforzamento della struttura finanziaria e patrimoniale della società», e in seconda battuta, «di agevolare eventuali investimenti in un’ottica di diversificazione del portafoglio».
Ovviamente, la notizia della vendita del pacchetto azionario a investitori istituzionali italiani ed esteri, avvenuta sfruttando il buon momento di borsa del titolo Mediaset (+24% da inizio anno), ha scosso il mercato. Perché era da ben 10 anni che Fininvest non abbassava la propria quota nel Biscione. Nell’aprile 2005 la cassaforte dei Berlusconi vendette il 16,68% del network tv, scendendo dal 50,99% al 34,31% e incassando oltre 2 miliardi. Da allora la holding non ha fatto altro che ricomprare risalendo fino al 41,28%.
Ma non va dimenticato, proprio in scia alle indicazioni di Marina Berlusconi, che nell’aprile scorso la stessa Mediaset per sostenere lo sviluppo (l’acquisto dei diritti del calcio per Premium), aveva venduto il 25% di Ei Towers incamerando 283,7 milioni. Mosse obbligate perché il piatto è meno ricco del passato e perché anche dai piani alti, ossia le holding di Berlusconi padre e dei cinque figli (oltre a Marina, Pier Silvio, Barbara, Eleonora e Luigi) viene chiesto a Fininvest un costante flusso di capitali che negli ultimi anni è diminuito per l’andamento non proprio felice dei business editoriali. Con questo cash, la holding potrebbe poi dare sostegno a Mondadori nel progetto di costituzione del polo nazionale dei Libri che prevede l’acquisto di altre società del settore a partire da Rcs Libri. Mentre dopo la chiusura della subholding lussemburghese Trefinance, che si occupava di investimenti in titoli azionari e obbligazioni, prima o poi è pensabile che l’ad di Fininvest Pasquale Cannatelli trovi altre vie per la diversificazione.
Andrea Montanari, MilanoFinanza 13/2/2015