Luca Gualtieri, MilanoFinanza 13/2/2015, 13 febbraio 2015
IL TESORO PRONTO A ENTRARE IN MPS
Per il Monte dei Paschi quella che fino a l’altroieri era soltanto una possibilità teorica è diventata una strada obbligata dopo la pubblicazione dei risultati di bilancio 2014. Il Tesoro entrerà nel capitale della banca senese con una quota che, agli attuali valore di borsa, potrebbe attestarsi intorno al 10%.
Non accadeva dagli anni 90, quando furono privatizzate le tre Bin (banche di interesse nazionale, ossia Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banco di Roma), che lo Stato Italiano rilevasse una grossa partecipazione bancaria e, anche nelle fasi più buie della crisi finanziaria, questa soluzione è sempre stata evitata come la peste. Oggi però la rende inevitabile un tecnicismo del contratto dei cosiddetti Monti bond, il prestito di Stato da 4,07 miliardi di euro (di cui 1,07 miliardi ancora in portafoglio) ottenuto dal Monte dei Paschi nel 2013. Il regolamento prevede che, in assenza di profitti per remunerare le cedole, la banca paghi gli interessi in azioni di nuova emissione, da prezzare al valore di mercato e non sulla base del patrimonio netto.
Più nel dettaglio, il prezzo dei nuovi titoli dovrà essere determinato sulla base della capitalizzazione media nei dieci giorni che precederanno l’approvazione del progetto di bilancio (4 marzo). E ciò per evitare che l’operazione pesi troppo sulle tasche dei contribuenti, come previsto dalle indicazioni dell’Unione Europea.
Lo scorso anno il Monte evitò questa soluzione emettendo nuovi Monti bond, come previsto da una clausola del contratto, ma oggi, dopo una nuova perdita record da 5,3 miliardi, una strada di questo genere non è più percorribile.
Va detto comunque che l’ingresso del Tesoro non è imminente, visto che il pagamento degli interessi maturati sul 2014, pari a 243 milioni di euro, avverrà solo a luglio, quindi presumibilmente dopo la chiusura dell’aumento di capitale da 3 miliardi. Considerando la ricapitalizzazione, la quota in mano a via XX Settembre dovrebbe pertanto attestarsi al 5% di Mps. In ogni caso la prospettiva di un socio pubblico piace parecchio a Piazza Affari, dove ieri le azioni della banca senese hanno guadagnato il 13% a 0,48 euro con volumi record. E questo nonostante il fatto che l’intervento del Tesoro non modifichi la tabella di marcia della banca. All’orizzonte resta infatti l’aumento di capitale da 3 miliardi che, come annunciato mercoledì dall’amministratore delegato Fabrizio Viola, si terrà nel secondo trimestre, presumibilmente tra maggio e giugno. In vista di questa scadenza si starebbero infittendo i contatti tra i grandi azionisti della banca, a partire dai tre soci pattisti, ossia Fondazione Mps, Fintech Advisory e Btg Pactual. I vertici di Palazzo Sansedoni faranno il punto nella riunione di venerdì 20 febbraio, quando la deputazione amministratrice dovrebbe incontrare gli advisor del Nuovo Credito Fondiario per decidere in merito alla ricapitalizzazione. Le strade possibili, fanno notare fonti senesi, sono diverse: o l’adesione integrale pro-quota, che richiederebbe un esborso di 75 milioni, o la cessione parziale dei diritti di opzione oppure la diluizione totale. Al momento non è stata presa ancora nessuna decisione ed è possibile che la discussione, in stretto contatto con gli altri soci pattisti, proceda fino a marzo. Se è vero che la Fondazione ha oggi in cassa oltre 400 milioni di liquidità, è altrettanto vero che l’ente presieduto da Marcello Clarich potrebbe non essere felice di investire quasi un quarto di questo tesoretto nella banca.
Per il sindaco di Siena Bruno Valentini, ad esempio, «non è obbligatorio partecipare all’aumento di capitale, ma piuttosto portare a casa i due obiettivi statutari: la salvaguardia del patrimonio e lo sforzo affinché la direzione generale di Mps resti a Siena». Anche l’umore dei vertici di Fintech e Btg Pactual non sarebbe dei migliori, visto che lo scorso anno i due investitori hanno già impegnato 505 milioni nell’avventura senese (180 per l’acquisto delle partecipazioni dalla Fondazione e 325 per la sottoscrizione pro quota dell’aumento di capitale da 5 miliardi). Per i pattisti poi la partita dell’aumento si intreccia con quella delle nuove nomine. In aprile infatti scadrà l’intero consiglio di amministrazione della banca, compresi presidente e amministratore delegato, e il lavoro sulle candidature sarebbe già in corso. Salvo sorprese, ci sarà un mandato bis per Fabrizio Viola e Alessandro Profumo, anche se per il momento i due diretti interessati non hanno sciolto la riserva.
Altra partita strettamente legata ad aumento e nomine è quella dell’eventuale aggregazione. Secondo gli analisti di Kepler Cheuvreux, ad esempio, per Mps è sempre più difficile sopravvivere da sola, anche se per il momento nulla si è concretizzato e difficilmente un’operazione straordinaria si terrà prima dell’aumento di capitale. «Il consolidamento del gruppo è l’obiettivo strategico», si è limitato a commentare mercoledì Viola durante la conference call con gli analisti.
Luca Gualtieri, MilanoFinanza 13/2/2015