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 2015  febbraio 13 Venerdì calendario

MAFIA E QUERELE INFONDATE, LIBERTA’ DI STAMPA ASSEDIATA

Nella clas­si­fica della libertà di stampa nel mondo, sti­lata da Repor­ter senza Fron­tiere (Rsf), l’Italia ha perso ven­ti­quat­tro posti ed è sci­vo­lata dalla 57esima posi­zione del 2013 alla 73esima posi­zione del 2014. Oggi il nostro paese si posi­ziona die­tro la Mol­da­via e davanti al Nicaragua.
Per i gior­na­li­sti ita­liani sono aumen­tate inti­mi­da­zioni e minacce, col­pite le loro pro­prietà e le loro auto­mo­bili. Si parla di atti mafiosi e abbon­dano i casi di atti giu­di­ziari infon­dati o pre­te­stuosi. L’Italia non è da sola. Nella clas­si­fica sti­lata da Rsf si regi­stra un calo «bru­tale» della libertà di stampa in tutto il mondo. I due terzi dei 180 paesi moni­to­rati hanno subìto un arre­tra­mento rispetto al 2013. «Da Boko Haram all’Isis, attra­verso i nar­co­traf­fi­canti o la mafia, il modus ope­randi per bloc­care la stampa è lo stesso: paura o ritor­sioni», si legge nel rap­porto. I Paesi più peri­co­losi al mondo per i gior­na­li­sti sono l’Eritrea (180esimo posto), la Corea del Nord (179esimo), il Turk­me­ni­stan (178esimo posto), la Siria (177esimo posto), la Cina (176esimo). Iraq (al 156° posto) e Nige­ria (111°) hanno visto la com­parsa di «buchi neri dell’informazione» sostiene Rsf. La Gre­cia è al 91esima posi­zione supe­rata dal Kuwait. La Fran­cia avanza, ma il rap­porto non ha regi­strato l’attentato ter­ro­ri­sta con­tro la reda­zione di Char­lie Hebdo. Per il quinto anno con­se­cu­tivo la Fin­lan­dia si è clas­si­fi­cata prima.

In Ita­lia Repor­ter senza fron­tiere ha cen­sito 43 casi di aggres­sione fisica, 7 atten­tati incen­diari con­tro case e mac­chine e, soprat­tutto, un aumento «ingiu­sti­fi­cato» delle cause per dif­fa­ma­zione. Que­sti atti inti­mi­da­tori sono pas­sati da 84 nel 2013 a 129 del 2014. L’organizzazione non gover­na­tiva defi­ni­sce la mag­gior parte di que­sti pro­ce­di­menti giu­di­ziari «una forma di cen­sura» voluta da «per­so­na­lità poli­ti­che elette». Que­sta situa­zione è stata descritta più det­ta­glia­ta­mente dall’osservatorio sui cro­ni­sti minac­ciati in Ita­lia, «Ossi­geno per l’informazione», pro­mosso dall’Ordine dei gior­na­li­sti e dalla Fede­ra­zione nazio­nale della stampa ita­liana (Fnsi). Nel 2014 i gior­na­li­sti inti­mi­diti, o minac­ciati, sono stati 421. Nel 2013, i gior­na­li­sti a rischio era pari a 316. Una cre­scita espo­nen­ziale che giu­sti­fica il crollo dell’Italia regi­strato da Repor­ter senza fron­tiere. Com­ples­si­va­mente, dal 2006 al 2015 i gior­na­li­sti inti­mi­diti o minac­ciati sono stati 2192.

E oggi? Sulla home page del sito noti​zia​rio​.ossi​geno​.info c’è un con­ta­tore che riporta in tempo reale le denunce per­ve­nute. Nei primi 43 giorni del 2015 Ossi­geno ha docu­men­tato minacce a 24 gior­na­li­sti. Altri 23 hanno reso noti epi­sodi avve­nuti negli anni pre­ce­denti. Dal 1 gen­naio 2015 è stato dun­que regi­strato un incre­mento di 47 epi­sodi. Clic­cando nella sezione «i numeri delle minacce» e poi sui nomi dei gior­na­li­sti, emerge una realtà carat­te­riz­zata dalla pre­va­lenza delle que­rele per dif­fa­ma­zione. Atti che molto spesso si rive­lano infondati.

Le minacce rispon­dono a varie tipo­lo­gie: i dati dell’Osservatorio atte­stano una netta pre­va­lenza delle que­rele «per dif­fa­ma­zioni rite­nute pre­te­stuose»: 129 casi solo nel 2014, 324 dal 2011. Seguono le que­rele per insulti (35 nel 2014, 174 negli ultimi tre anni). Poi ci sono quelle per aggres­sione (38 nel 2014, com­ples­si­va­mente 129), per abuso di diritto (50 e 128).

Ci sono quelle con­tro ano­nimi che hanno inviato ai gior­na­li­sti let­tere con pro­iet­tili (3 nel 2014, 69 dal 2011), le minacce per­so­nali (17, 83), inti­mi­da­zioni mediante stri­scioni e scritte (9 e 74); discri­mi­na­zioni ed esclu­sioni arbi­tra­rie (16 e 52). Non man­cano casi di denunce per inti­mi­da­zioni con esplo­sivi (40 dal 2011), minacce di morte (8 nel 2014, 33 dal 2011), spari, dan­neg­gia­menti, avver­ti­menti, incendi di auto e abi­ta­zioni (7 e 27). Emer­gono anche casi di minacce su Face­book e altri social media (4, 16) e le que­rele giu­di­cate «pre­te­stuose» da parte dei magi­strati (11 nel 2014, 23 complessivi).

Le denunce ven­gono in mag­gio­ranza dal mondo della carta stam­pata, 262 i casi cen­siti dal 2011 al 2014, e cre­scono in altri ambienti dell’informazione: nella Tv sono 91 in totale. Chi lavora sul web ne ha denun­ciati 76. È stato inol­tre segna­lato un arci­pe­lago di atti ostili e minac­ciosi che vanno dai furti allo stal­king, dalle «per­qui­si­zioni inva­sive» ai seque­stri giu­di­ziari degli archivi, fino alle tele­fo­nate minatorie.

Il moni­to­rag­gio ha sti­lato una clas­si­fica delle inti­mi­da­zioni regione per regione. Al primo posto c’è il Lazio con 82 casi nel 2014, e 257 dal 2011. Seguono la Cam­pa­nia con 57 e 262 casi com­ples­sivi, la Sici­lia (43, 162), la Lom­bar­dia (42, 230), Basi­li­cata e Puglia. A seguire tutte le altre, tranne la Valle d’Aosta dove non sono state ancora regi­strate denunce.

Il nuovo testo di legge sulla dif­fa­ma­zione all’esame del par­la­mento rischia di aumen­tare le que­rele e le azioni teme­ra­rie di risar­ci­mento pro­mosse con­tro gior­na­li­sti e gior­nali con evi­denti fina­lità inti­mi­da­to­rie. Forte è la pole­mica con­tro il diritto di ret­ti­fica senza com­mento che impe­di­sce all’autore dell’articolo, o al diret­tore della testata, una vera replica. Tra le misure più pre­oc­cu­panti c’è quella sulle san­zioni pecu­nia­rie che dovreb­bero sosti­tuire il car­cere. «Die­tro que­sta fac­ciata – sostiene il neo-segretario gene­rale della Fnsi Raf­faele Lorusso — si punta a intro­durre nuove forme di bava­glio, a comin­ciare da un impra­ti­ca­bile diritto di ret­ti­fica, con il chiaro obiet­tivo di ren­dere sem­pre più dif­fi­cile l’esercizio del diritto di cro­naca. Davanti a que­ste norme che peg­gio­rano la libertà di stampa in Ita­lia i gior­na­li­sti non reste­ranno in silenzio».

In que­sto pano­rama fosco, desti­nato a ingri­girsi ancora di più, resta da capire quali sono gli stru­menti per difen­dere i gior­na­li­sti pre­cari o free­lance che rap­pre­sen­tano ormai il 60% della cate­go­ria e non pos­sono con­tare sulle garan­zie dei dipen­denti. Con la nuova legge sulla dif­fa­ma­zione, la loro libertà di espres­sione verrà ristretta ulte­rior­mente. Per­ché chi gua­da­gna «4 euro al pezzo», anche con il nuovo con­tratto nazio­nale dei gior­na­li­sti, oggi è ricco solo delle sue catene.