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 2015  febbraio 12 Giovedì calendario

LA CINA SCOMMETTE SUI CHIP

governo di Pechino, che ha chiesto all’azienda cinese Spreadtrum Communications, produttrice di semiconduttori, di realizzare processori speciali per i telefoni di un certo numero di dirigenti pubblici. L’obiettivo è sostituire, nell’arco di uno o due anni, i chip prodotti negli Stati Uniti e importati nel paese asiatico. Secondo i vertici della repubblica popolare, questi componenti potrebbero essere stati realizzati con particolari tecnologie che permetterebbero di spiare le conversazioni e i dati trasmessi. La sicurezza dei dispositivi di comunicazione è sempre più al centro dell’attenzione delle alte sfere politiche dell’ex Celeste impero.
Ma questo non è l’unico motivo, perché la svolta fa parte di una strategia più ampia che prevede di ridurre la dipendenza dall’importazione di componenti realizzati oltreconfine. I semiconduttori, da questo punto di vista, hanno assunto un ruolo centrale non solo per il loro peso economico, ma anche perché controllano le funzioni chiave di apparecchi come smartphone, televisori, computer e altro ancora. Anche se gli ultimi dati evidenziano che le falle nella sicurezza sono più marcate nel software piuttosto che nei semiconduttori, che sono più difficili da modificare, Pechino vuole ridurre il più possibile i rischi di spionaggio, specialmente dopo le rivelazioni di Edward Snowden sull’attività segreta delle agenzie di sicurezza americane.
Attualmente, nonostante il boom dei produttori cinesi di computer e smartphone, la maggior parte dei chip inseriti viene da fornitori stranieri come l’americana Qualcomm. D’altro canto, le aziende locali non sono in grado di far fronte alle esigenze del mercato cinese, che sta vivendo uno sviluppo molto forte. Proprio Qualcomm è finita nel mirino delle autorità di Pechino e potrebbe essere accusata di abuso di posizione dominante sul mercato. Non è comunque facile sostituire i tradizionali fornitori. In passato la Cina ci ha provato, ma ha dovuto ammettere il notevole ritardo sui concorrenti, sia nel design sia nella tecnologia manifatturiera.
Questa però, secondo gli osservatori, potrebbe essere la volta buona. Innanzitutto perché sono aumentati i fondi a disposizione: il governo ha annunciato investimenti pubblici per oltre 160 miliardi di yuan (22,7 mld euro) nel settore dei chip, destinati a smuovere le acque. E qualcosa negli ultimi tempi si è effettivamente mosso: le importazioni di semiconduttori sono scese del 5,9% lo scorso anno rispetto al +20,5% registrato nel 2013. E se è vero che oltre il 90% del materiale arriva tuttora dall’estero, i chip realizzati in Cina sono quasi raddoppiati nel 2014 salendo all’8,6%.
L’intervento statale è stato prezioso per Spreadtrum, che poco più di un anno fa è stata rilevata dall’azienda pubblica Tsinghua Unigroup. Da allora il personale è cresciuto di un terzo e quest’anno sono previste altre 1.500 assunzioni. Anche sul versante tecnologico sono arrivati benefici, con un’accelerazione nella ricerca e sviluppo.
D’altro canto, i giganti mondiali come Samsung e Intel ostentano tranquillità: continuano a investire nelle loro fabbriche presenti sul suolo cinese e a stringere joint venture con aziende locali per guadagnare quote di mercato.
Ettore Bianchi, ItaliaOggi 12/2/2015