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 2015  febbraio 12 Giovedì calendario

PERISCOPIO

Tsipras si fa consigliare dall’Ocse. Un po’ come assumere Dracula come infermiere per la trasfusioni. MF.

Consigli - Il governo agli immigrati: fa freddo, restate a letto, se ce l’avete. Jena. La Stampa.

Quella di Alexis Tsipras in Grecia è stata sicuramente una vittoria molto ampia, anche se, alla fine, non è riuscito a ottenere la maggioranza assoluta per appena un paio di seggi. E pare che quando l’hanno saputo, si siano subito offerti per appoggiarlo due deputati. Un certo Razzis e un certo Scilipotis. Eppure dai dati degli exit poll, sembrava che Syriza avesse conquistato perlomeno 159 seggi. Poi, però, Bersani li ha chiamati troppo presto per congratularsi con loro, e sappiamo tutti come è andata finire. Dario Vergassola. ilvenerdì.

Un paese di 58 milioni di abitanti, non ultimo del mondo, anzi la quinta potenza industriale del mondo, è stato governato, alle soglie del Duemila, come nel Cinquecento si governava una curia cardinalizia del Vaticano, con veleni, calunnie, misteri, doppie verità, triple, capaci di annullare anche il verosimile, servizi segreti talmente segreti da risultare ignoti, complotti permanenti e abortivi, opposizioni complici o succubi; insomma il vecchio, intramontabile armamentario italiano. Saverio Vertone, L’ultimo manicomio. Rizzoli, 1992.

La polizia greca sapeva benissimo che io, in Grecia, avevo dei contatti con i democratici. La mattina dopo andai a colazione con i colleghi, a tavola dissi che avevo trovato una telefonata di Pino Rauti, che era lì per Il Tempo. «Naturalmente non ho richiamato». Igor Man mi rimproverò: «Hai fatto male, i colleghi si richiamano sempre». E aveva ragione: Rauti voleva avvisarmi. Tornai in camera a fare la doccia, uscii dal bagno in accappatoio e trovai la stanza piena di poliziotti. Siccome avevo visto molti film, dissi subito: «Voglio parlare con la mia ambasciata». Ma il telefono era già stato staccato. Tornai in bagno e mangiai tutti gli indirizzi. Passando per la hall dell’albergo c’era Bernardo Valli, che mi ha seguita fino alla sede della polizia di via Bouboulinas con un tassì. Ci fu subito una protesta di tutti gli inviati che si trovavano ad Atene. Il ministro degli esteri era Fanfani e riferì in Senato della Grecia, tuonando contro il mio arresto. Luciana Castellina, co-fondatrice de il Manifesto. Il Fatto.

Prima ancora di entrare a Palazzi Chigi, Prodi ebbe subito chiaro che l’Unione era una famiglia di fratelli-contelli. Tenuta insieme dalla convinzione superba che l’epoca di Berlusconi fosse chiusa per sempre. Per tutta la campagna elettorale venne recitata la stessa litania: Il Caimano è morto e sepolto, dopo il voto, il Genio del Male fuggirà ad Arcore per rifugiarsi all’estero. E una truppa di scrittori, polemisti, cineasti, comici e vignettisti si precipitò, con entusiasmo, a dare l’assalto al presunto cadavere. Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli.

Sono passati vent’anni, come nella canzone meravigliosa di Lucio Dalla, da quando erano ragazzi alla scoperta del mondo, e adesso nel film Nel nome del figlio cenano insieme, e sul mondo litigano, e si rinfacciano tutti i difetti, «la superiorità antropologica», le nevrosi, il bisogno di sentirsi migliori degli altri, la fidanzata di borgata (che ha scritto un bestseller), l’incapacità di guardarsi davvero, perfino la scalata sociale del marito di Betta, Sandro, «il paguro», che ha sempre desiderato essere uno di loro, della famiglia Pontecorvo, ebrei comunisti con l’idea dell’aristocrazia. «Sono comportamenti che mi riguardano», dice Francesca Archibugi, «e riguardano un mondo che conosco: ho notato in queste persone, nella realtà, anche un senso della perdita di importanza. Si sentono sempre i migliori, ma sono più poveri delle loro famiglie d’origine, hanno fatto cose meno importanti di quelle dei loro genitori, e non sono più nemmeno giovani. Si sono accorti che il momento splendevole è passato. Forse è per questo», ride, «che sono così incazzati. Si sentono defraudati del mondo, che non è più loro e non lo è mai stato, ma adesso è più evidente». Francesca Archibugi (Annalena Benini). Il Foglio.

Nella sterminata produzione poetica italiana la notte è sempre «profonda» (altrettanto lo è l’anima), i sentimenti sono «vibranti» (come i moniti di Napolitano) e gli aggettivi sempre generosamente sparsi. Edoardo Sanguineti invece diceva: «La vera poesia non è mai poetica». Aldo Nove, scrittore. Sette.

Eric Zemmour ha scritto 600 pagine di riflessioni e argomentazioni, messe nero su bianco, per annunciare il suicidio della sua amata Francia, l’eclissarsi struggente della sua grandeur, la fine dell’Ancien Régime, la vittoria del trittico sessantottino: derisione, decostruzione, distruzione. Mario Zanon. Il Foglio.

Come racconta Arpino (e Pino Corrias nella biografia che ha riscoperto Bianciardi), lo scrittore grossetano partecipa al fermento culturale degli anni 60, alle feste e al clima dell’epoca, portandosi a letto tutte le donne che può. Ma per starci dentro beve più grappa di un reggimento di alpini. Si è fatto licenziare dalla Feltrinelli, dove è entrato nel periodo pionieristico, e campa da traduttore freelance, destinato a sopportare tutta la precarietà, esposto a tutti i venti rispetto a chi sta dentro. Resta leggendaria la risposta di Giangiacomo a un dirigente che si lamenta di essere chiamato da Bianciardi il vicemerda: «Se tu sei il vicemerda, indovina chi è la merda?». Antonio Armano. Il Fatto.

Il terreno abbandonato, che fino a pochi giorni or sono conservava l’aspetto millenario e biblico, si è definitivamente adeguato alla contigua zona occidentale e può ostentare centinai di cadaveri e di croci provvisorie, innumerevoli rottami di veicoli, corazze, cannoni e aerei. Sono venute alle mani 12 divisioni, delle quali sei corazzate. E gli apparecchi abbattuti dalle due parti non si contano: nella sola giornata del 1° settembre 1942, schiaritasi l’atmosfera dopo 24 ore di ghibli, la caccia e le artiglierie italo-tedesche hanno abbattuto 37 aerei britannici, e il 3 settembre, la nostra 91ma squadriglia del 4° stormo da caccia, l’antica squadriglia di Baracca, al comando del capitano pilota Carlo Ruspoli, ha festeggiato la propria centesima vittoria in questo cielo pieno di riflessi desertici e marini. Paolo Caccia Dominioni. El Alamein. Longanesi.

Mi sento un esule in patria e un patriota all’estero. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 12/2/2015