Morya Longo, Il Sole 24 Ore 12/2/2015, 12 febbraio 2015
IPOTESI GREXIT? IL VERO RISCHIO È IL CAOS LEGALE
«È difficile prevedere a priori cosa potrebbe accadere, dal punto di vista legale, nel caso in cui la Grecia decidesse di uscire dall’euro. Molto dipenderebbe dalle modalità: cambierebbe molto se per esempio l’uscita fosse concordata con l’Europa o unilaterale, se venisse varata una legge sul controllo dei capitali oppure no. Le variabili sono molte. Di certo l’ipotesi «Grexit» ha oggi di fronte una significativa quantità di incertezze legali». Malcolm Sweeting, senior partner e presidente del Partnership Council di uno degli studi legali più grandi al mondo, Clifford Chance, non si sbilancia. Ma non nasconde che l’uscita di un Paese dall’euro presenterebbe tali problematiche di diritto internazionale e tali possibili strascichi giudiziari, che rappresenterebbe un autentico salto nel vuoto. Non si possono però fare previsioni puntuali. Non è possibile neppure per uno studio del calibro di Clifford Chance, che ha attivato una task force di avvocati proprio per studiare i possibili impatti legali di «Grexit».
Partiamo da una questione molto dibattuta: sarebbe legalmente possibile per la Grecia, o per qualsiasi altro Paese, uscire dall’euro?
La moneta unica è nata come progetto irreversibile, ma nessuno Stato può essere obbligato a stare in un club dal quale ha deciso di uscire. Qualunque cosa dicano i trattati, la realtà è che se la Grecia volesse andarsene potrebbe farlo.
Ma i trattati, appunto, non lo consentono.
Quello di Lisbona prevede che un Paese possa uscire dall’Unione europea, ma non è mai stato immaginato alcun meccanismo per abbandonare l’euro. Legalmente sarebbe possibile stare nell’Unione europea ma non nell’euro, tanto che molti Paesi - per esempio la Gran Bretagna - già lo fanno. Ma il punto è che ogni Stato è sovrano e non può essere obbligato a tenere determinati comportamenti. Un conto però è poterlo fare, altro conto è avere la convenienza a farlo: l’uscita dall’euro metterebbe infatti sul tavolo enormi sfide legali e pratiche, oltre ovviamente a quelle economiche.
Restiamo nel campo legale. Il problema principale riguarda la ridenominazione nella nuova valuta dei contratti e dei debiti.
Esatto, questo è il punto. Tutto dipende da alcuni fattori: qual è la legge a cui i contratti sono sottoposti, in quale valuta sono denominati, in quale luogo devono essere onorati, qual è il Tribunale competente a dirimere le controversie e dove si trovano i beni dello Stato debitore eventualmente da aggredire.
Per il debito pubblico molti ritengono che non ci sia problema, perché è sottoposto alla legge nazionale di ogni Stato europeo. È corretto?
Per la Grecia non è così, perché dopo la ristrutturazione del 2012 buona parte del debito di Atene è ormai sottoposto a legge inglese.
Questo significa che Atene non può convertirlo in dracme e dunque se uscisse dall’euro finirebbe in default?
La questione è complessa. Dato che la legge di riferimento è quella inglese e il Tribunale competente è quello britannico, se Atene volesse convertire il suo debito in dracme le Corti di Londra darebbero ragione ai creditori condannando Atene a pagare in euro. Ma questa sentenza rischia poi di restare lettera morta, perché i beni ellenici eventualmente aggredibili per soddisfare i creditori sono in Grecia e non in Inghilterra: per aggredirli servirebbe quindi il riconoscimento della sentenza inglese da parte di un Tribunale greco. E potrebbe non essere facile ottenerlo.
Dunque i creditori dello Stato greco sono protetti in teoria, ma non in pratica?
Il rischio è questo, da un punto di vista legale. Ma come detto le conseguenze economiche, inclusa l’impossibilità di rifinanziare il debito, sarebbero molto gravi.
Le stesse condizioni si pongono per le tante imprese, le banche e gli Enti locali di tutti i Paesi, Italia inclusa, i cui bond sono sottoposti a legge inglese?
Sì. Se qualunque Paese uscisse dall’euro, i loro debiti espressi in obbligazioni - essendo sottoposti a legge inglese - non potrebbero essere convertiti in una nuova valuta e se lo fossero sarebbero comunque sottoposti al vaglio dei Tribunali britannici. Ma poi l’esecuzione delle sentenze sarebbe difficile. Si aprirebbero quindi lunghissimi contenziosi legali.
Torniamo al debito pubblico. Quello greco è sotto legge inglese, ma quello degli altri Paesi è sottoposto a legge nazionale. Sarebbe possibile pensare che uno Stato, se uscisse dall’euro, ridenomini tutto il suo debito pubblico in una nuova valuta? Oppure bisogna credere a chi dice che la sola ridenominazione costituisca un inadempimento contrattuale e dunque un default?
Anche qui non c’è una risposta univoca. Uno Stato che decidesse di uscire dall’euro cercherebbe di ridenominare il suo debito pubblico nella sua nuova valuta e cercherebbe di proteggersi dalle azioni dei creditori. Ma non è detto che ci riesca. Le condizioni contrattuali dei titoli potrebbero contenere clausole in forza delle quali la ridenominazione, di per sé, costituisce un «default». In presenza di clausole del genere, lo Stato potrebbe varare una legge per rendere queste clausole non applicabili, ma a quel punto occorrerebbe chiedersi se una legge simile sarebbe conforme alla costituzione nazionale e ai trattati internazionali. È quindi prevedibile, in ogni caso, che da questa legge possano nascere dei contenziosi legali. Uno Stato sovrano può fare tutto: il problema è gestire poi le conseguenze legali. Oltre, ovviamente, a quelle economiche: se uno Stato unilateralmente tradisce gli investitori, poi sarà difficile che ottenga nuovi finanziamenti in futuro.