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 2015  febbraio 11 Mercoledì calendario

GIAPPONE, LIFE IS NAO

Sull’isola di Odaiba, nella baia di Tokyo, il visi­ta­tore può farsi un’idea di quanto i robot siano parte inte­grante dell’immaginario col­let­tivo circa il Paese-arcipelago.
Di fronte a un cen­tro com­mer­ciale situato su que­sta stri­scia di terra recla­mata al mare alla fine del XIX secolo, a pro­te­zione del porto della capi­tale — qui ven­nero infatti posi­zio­nate bat­te­rie di can­noni eli­mi­nate defi­ni­ti­va­mente solo negli anni ’70 del secolo scorso — si sta­glia un automa alto 18 metri.
Per gli appas­sio­nati di manga e anime giap­po­nesi è una «volto noto». Si tratta di una ripro­du­zione in scala 1:1 di uno dei modelli di robot pro­ta­go­ni­sti della popo­lare serie Gun­dam creata a fine anni ’70 da Yoshiyuki Tomino.
Eretto nel 2009 per il 30esimo anni­ver­sa­rio della sua nascita, l’Rg1/1 Rx-78–2 nell’arco di qual­che anno, potrebbe ini­ziare addi­rit­tura a muo­versi. Que­sto almeno è il sogno dell’Associazione Gun­dam Glo­bal Chal­lenge, che in vista del 40esimo com­pleanno di uno dei robot più famosi della cul­tura pop nip­po­nica, sta rac­co­gliendo pro­po­ste e pro­getti per «atti­vare» il gigante metal­lico.
Biso­gna pre­ci­sare che oggi, i robot uma­noidi in Giap­pone sono già una realtà tan­gi­bile. Alcune grandi aziende giap­po­nesi, come Soft­bank, lea­der della tele­fo­nia mobile, ci scom­met­tono un discreto quan­ti­ta­tivo di ener­gie e capi­tali. L’accelerazione è stata data a marzo del 2012, quando l’azienda di Masayo­shi Son ha annun­ciato l’acquisto della mag­gio­ranza delle azioni di Alde­ba­ran Robo­tics, azienda fran­cese lea­der del set­tore per circa 100 milioni di dollari.
In un col­lo­quio con il Finan­cial Times, Bruno Mai­son­nier, fon­da­tore e ammi­ni­stra­tore dell’azienda pari­gina, ha espresso tutta la sua fidu­cia nelle pos­si­bi­lità di mer­cato dei robot: «Ci sarà un mer­cato nelle case di riposo con carenza di per­so­nale infer­mie­ri­stico. I robot potreb­bero accom­pa­gnare i pazienti affetti da Alz­hei­mer e aiu­tarli a ritro­vare la strada verso le loro stanze».
Niente di più adatto al Giap­pone di oggi e, soprat­tutto, di domani. L’intuizione di Son, pre­si­dente e ad di Soft­bank, non­ché uomo più ricco del Giap­pone, potrebbe essere pre­miata. Anche in virtù del fatto che il Paese del Sol levante è già uno dei prin­ci­pali mer­cati per gli automi, con un giro d’affari sti­mato in quasi 8 miliardi e mezzo di dollari.
Son è uno che ha dimo­strato di vederci parec­chio lungo, quando si tratta di pro­fitto. Quin­dici anni fa, fu tra i primi a scom­met­tere sul «guru» dell’ecommerce cinese Jack Ma inve­stendo 20 milioni nell’allora neo­nata Alibaba.
Non c’è solo intuito nella stra­te­gia di Sof­bank. In un periodo in cui si ini­ziano a sen­tire i primi segni dell’invecchiamento a ritmi soste­nuti del paese — la neces­sità di soste­nere le cure dei cit­ta­dini più anziani e una cro­nica carenza di mano­do­pera — i robot potreb­bero rap­pre­sen­tare una solu­zione ideale.
Anche in con­si­de­ra­zione delle poli­ti­che restrit­tive sull’immigrazione: solo l’1,1 per cento della forza lavoro giap­po­nese è costi­tuita da stra­nieri, spesso reclu­tati in paesi come Cina, Viet­nam e Filip­pine e assunti, ai limiti dello sfrut­ta­mento, come appren­di­sti con sti­pendi da fame e nes­suna garanzia.
Un recente stu­dio dell’Istituto nazio­nale per le ricer­che sulla popo­la­zione e la pre­vi­denza sociale di Tokyo ha dimo­strato che entro il 2060 la popo­la­zione giap­po­nese – che oggi conta 128 milioni di per­sone – potrebbe ridursi di un terzo, con gli ultra­ses­san­tenni a costi­tuire oltre il 40 per cento della popo­la­zione totale.
Un altro stu­dio scien­ti­fico ha sti­mato che nei pros­simi dieci anni un 65enne su cin­que sarà affetto da demenza senile per arri­vare a uno su tre nel giro di poco più di 40 anni. Con riper­cus­sioni impo­nenti sulla spesa pub­blica e sull’intero sistema pro­dut­tivo giap­po­nese: sono più di 5 milioni di lavo­ra­tori con oltre 65 anni ancora in atti­vità una vera e pro­pria «bomba ad oro­lo­ge­ria» — per citare un arti­colo pub­bli­cato tempo fa da Bloom­berg — per il sistema pen­sio­ni­stico nazionale.
Studi più recenti dell’Università del Kyu­shu – nel sud del Giap­pone – hanno rile­vato inol­tre che nei pros­simi dieci anni un giap­po­nese su cin­que tra i 65enni sarà affetto da demenza senile, addi­rit­tura uno su tre nel 2060. Non a caso il governo Abe ha pre­di­spo­sto una spesa record di 31,53 mila miliardi di yen (poco più di 230 miliardi di euro) per il bud­get dello Stato del 2015. Per ovviare alla pro­ver­biale «fred­dezza» degli automi, a giu­gno 2014 Soft­bank e Alde­ba­ran hanno pre­sen­tato un modello in grado di inte­ra­gire con le emo­zioni umane.
Pep­per, que­sto il suo nome, sarà com­mer­cia­liz­zato il mese pros­simo ed è dotato di un soft­ware per il rico­no­sci­mento fac­ciale e un numero di video camere, sen­sori e regi­stra­tori audio. Prezzo di mer­cato: circa due­mila dollari.
«Il nostro obiet­tivo è svi­lup­pare robot capaci di affe­zio­narsi e in grado di far sor­ri­dere le per­sone», ha spie­gato lo stesso Son durante la con­fe­renza evento di pre­sen­ta­zione del robot. Pochi mesi dopo Pep­per ha tro­vato il suo primo ingag­gio: ven­dere la mac­chine del caffé Nespresso in oltre mille punti ven­dita in tutto il Giappone.
Sem­pre tar­gato Softbank-Aldebaran è Nao, l’androide che acco­glierà i clienti delle filiali tokyoite della Mitsu­bi­shi Ufj, la prima banca giap­po­nese. Pro­gram­mato per rispon­dere in 19 lin­gue, il robot, alto poco meno di 60 cm, indi­cherà ai clienti della banca il ban­co­mat o lo spor­tello giu­sto a cui rivol­gersi per chie­dere un mutuo.
«Nao è carino e ami­che­vole, siamo sicuri che i nostri clienti lo ado­re­ranno», ha spie­gato il respon­sa­bile It di Mitsu­bi­shi Takuma Nomoto a Bloom­berg. A seconda del feed­back, la banca deci­derà se aumen­tare il numero di Nao nelle sue filiali, con un occhio alle Olim­piadi del 2020 che por­te­ranno, negli auspici del governo giap­po­nese, un flusso ingente di turi­sti pro­ve­nienti da tutto il mondo nel Paese-arcipelago.
Tra poco più di 6 anni, nem­meno l’offerta alber­ghiera potrà essere al di sotto delle aspet­ta­tive. L’annuncio della prima banca del Giap­pone di impiego di robot in ausi­lio al per­so­nale umano delle sue filiali, arriva negli stessi giorni in cui l’azienda che gesti­sce il parco a tema Huis Ten Bosch, una rico­stru­zione di una città olan­dese nella pro­vin­cia meri­dio­nale di Naga­saki, ha annun­ciato l’apertura per la pros­sima estate di un albergo quasi inte­ra­mente gestito da automi.
Niente più chiavi da lasciare alla lobby, ma aper­tura delle stanze dopo una scan­sione fac­ciale del cliente; staff in mag­gio­ranza robo­tico con il sup­porto di una decina di umani: così lo Henna Hotel (let­te­ral­mente lo «strano» hotel) si pro­pone come una strut­tura all’avanguardia, impe­gnata a «soste­nere l’evoluzione con­ti­nua» dell’ospitalità alber­ghiera, nella mas­sima effi­cienza e nella più totale sicurezza. Cosa che, per qual­cuno, solo l’assenza di umani può garantire.