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 2015  febbraio 12 Giovedì calendario

IL SANTO CONQUISTATORE

Col decreto di mar­ti­rio per Oscar Arnulfo Romero, papa Fran­ce­sco ha fatto un altro passo per distan­ziarsi dai suoi pre­de­ces­sori con­ser­va­tori Woj­tyla e Ratzin­ger, dando un impor­tante segnale di aper­tura poli­tica alla teo­lo­gia della libe­ra­zione, così cru­ciale per il suo con­ti­nente d’origine. Prima della bea­ti­fi­ca­zione di Romero però il papa argen­tino san­ti­fi­cherà il pros­simo autunno il frate fran­ce­scano Juni­pero Serra, ricor­dato come «l’evangelizzatore dell’Ovest» per l’opera mis­sio­na­ria svolta in Cali­for­nia. Una cano­niz­za­zione ben più con­ven­zio­nale che non è stata bene accolta dai discen­denti degli evan­ge­liz­zati. Davanti alla cat­te­drale di Nue­stra Señora de Gua­da­lupe di Los Ange­les, infatti, espo­nenti del movi­mento Mexica degli indi­geni ame­ri­cani hanno ripe­tu­ta­mente con­te­stato una deci­sione che secondo loro ria­bi­lita un pro­ta­go­ni­sta del geno­ci­dio e del sog­gio­ga­mento delle popo­la­zioni indi­gene americane.
Padre Juni­pero Serra (1713–1784), ori­gi­na­rio di Majorca e suc­ces­si­va­mente tra­sfe­ri­tosi in Mes­sico, fu fla­gel­lante, fer­vido pre­di­ca­tore e infine pro­ta­go­ni­sta di un capi­tolo tardo della «con­qui­sta spi­ri­tuale» del nuovo mondo ad opera degli spa­gnoli. La sua para­bola cali­for­niana ha ini­zio nel gen­naio del 1769 quando il viceré della Nuova Spa­gna ordina al gover­na­tore della Baja Cali­for­nia, Gaspar de Por­tolà di orga­niz­zare una spe­di­zione per assi­cu­rare una pre­senza spa­gnola per­ma­nente nelle pro­vince set­ten­trio­nali dell’Alta Cal­for­nia. Nomi­nal­mente, la Spa­gna aveva avan­zato diritti ter­ri­to­riali su tutta la parte occi­den­tale del con­ti­nente fino all’attuale Ore­gon sin da quando Juan Rodri­guez Cabrillo aveva esplo­rato le coste cali­for­niane alla fine del ‘500. Ma a parte qual­che spo­ra­dica rico­gni­zione marit­tima nel Sei­cento, gli Spa­gnoli non ebbero mai inte­resse o risorse suf­fi­cienti per una vera colo­niz­za­zione dei ter­ri­tori set­ten­trio­nali. Dalla seconda metà del Set­te­cento però l’Alta Cali­for­nia comin­ciava a essere oggetto di cre­scenti atten­zioni da parte dei Russi, che pre­me­vano verso sud dai pro­pri avam­po­sti in Alye­ska (Ala­ska). José de Gal­vez, pre­fetto reale di Carlo III, opinò quindi che fosse il caso di raf­for­zare la pre­senza spa­gnola nelle pro­vince di confine.
La mis­sione affi­data a Por­tolà ser­viva inol­tre ad imple­men­tare la sop­pres­sione della Com­pa­gnia di Gesù decre­tata nel 1767 e a tra­sfe­rire le mis­sioni gesuite nelle mani di fran­ce­scani e dome­ni­cani. Allo scopo – e iro­ni­ca­mente per il papa gesuita che lo sta per cano­niz­zare — nella spe­di­zione mili­tare di Por­tolà aveva un ruolo cen­trale il priore fran­ce­scano Juni­pero Serra. Par­tita da La Paz, la com­pa­gnia di Serra per­corse la Baja Cali­for­nia verso nord e a par­tire dall’attuale San Diego il frate pre­sie­dette alla fon­da­zione delle mis­sioni, a un giorno di cam­mino l’una dall’altra, che com­pon­gono il Camino Real, dall’attuale con­fine Usa/Messico fino alla valle di Sonoma sopra San Francisco.
La «con­qui­sta» dell’alta Cali­for­nia fu l’epilogo di quella ini­ziata due secoli prima, senza la gran­deur (o la rapa­cità) delle gesta di Pizarro e Cor­tes. Man­ca­vano ancora molti decenni alla sco­perta dell’oro della Sierra Nevada e i ter­ri­tori erano abi­tati da paci­fi­che tribù rurali dedite alla pesca e all’agricoltura di sus­si­stenza. Anche i «con­qui­sta­tori» erano ugual­mente mode­sti. Le mis­sioni erano comun­que di impor­tanza fon­da­men­tale alla colo­niz­za­zione: ognuna dotata di chiesa, pre­si­dio mili­tare e «alloggi» in cui veni­vano segre­gati gli indiani con­ver­titi, anco­ra­vano l’insediamento che per ordine di Gal­vez doveva «occu­pare e for­ti­fi­care San Diego e Mon­ter­rey per Dio e il Re di Spagna».
Una for­mula nota dalle pre­ce­denti incur­sioni spa­gnole in Nord Ame­rica, in gran parte limi­tate, fino ad allora, alla pro­vin­cia argen­ti­fera del Nuevo Mexico, dove la «con­qui­sta spi­ri­tuale» con­dotta da Juan De Oñate 70 anni prima era stata par­ti­co­lar­mente efferata.
Nel 1598, ad esem­pio, una rivolta degli Acuna a cui gli Spa­gnoli ave­vano requi­sito le scorte inver­nali fu sedata col mas­sa­cro di 800 uomini, donne e bam­bini. Altri 500 ven­nero fatti schiavi e ad ogni maschio al di sopra dei 25 anni – un ottan­tina — il gover­na­tore ordinò che venisse ampu­tato un piede.
Nella gestione colo­niale spa­gnola le mis­sioni cat­to­li­che oltre che le anime ammi­ni­stra­vano i lavori agri­coli for­zati cui erano desti­nati i «sel­vaggi» e la loro «accul­tu­ra­zione», che proi­biva l’uso della lin­gua e dei costume indi­geni e impo­neva la con­ver­sione cat­to­lica. Il vaiolo che i coloni ave­vano por­tato con sé fece il resto, pro­vo­cando una deci­ma­zione da cui le tribù occi­den­tali non si ripre­sero più. All’epoca della Guerra messicana-americana con cui nel 1848 gli anglo­sas­soni si annes­sero a loro volta que­sti ter­ri­tori, la popo­la­zione indiana della Cali­for­nia era ormai sostan­zial­mente inesistente.
Serra era un dot­tri­na­rio tra­di­zio­na­li­sta con­vinto, ed ebbe nume­rosi con­tra­sti col gover­na­tore della pro­vin­cia Felipe de Neves di incli­na­zione illu­mi­ni­sta. La sua epi­ste­mo­lo­gia mis­sio­na­ria era ana­cro­ni­stica rispetto all’incipiente moder­nità che ispi­rava in que­gli stessi anni la rivo­lu­zione ame­ri­cana e che di lì a poco avrebbe spaz­zato l’Europa dalle bar­ri­cate francesi.
Gli Indiani che subi­rono la sua meto­dica con­ver­sione ten­ta­rono alcune ribel­lioni, come quella dei Kumeyaay che nel 1775 giun­sero ad incen­diare la mis­sione di San Diego, ma alla lunga l’indottrinamento for­zato di Serra ebbe la meglio.
In una terra evan­ge­liz­zata a colpi di fru­sta e moschetto, la sua opera vive oggi pri­ma­ria­mente nei pro­grammi di quarta ele­men­tare, quando ogni sco­laro cali­for­niano è tenuto a costruire un model­lino di una mis­sione (a pia­cere) del Camino Real come sorta di omag­gio ad un remoto e fol­klo­ri­stico passato.
In realtà come nella sot­to­mis­sione del con­ti­nente suda­me­ri­cano, anche nel Nord la reli­gione fu l’espressione per­va­siva del supre­ma­ti­smo euro­peo, il che spiega la rab­bia che ha accolto la noti­zia della cano­niz­za­zione di Serra nella comu­nità indi­gena cali­for­niana che com­prende nume­rosi indios immi­grati dal Cen­tro Ame­rica i cui ante­nati furono vit­time degli Spa­gnoli. «Pro­prio in que­sta zona dove siamo adesso vive una folta comu­nità Zapo­teca», spiega Olin Tez­ca­tli­poca, orga­niz­za­tore del pic­chetto davanti alla cat­te­drale per con­te­stare la cano­niz­za­zione di Serra. «Del santo ha ben poco. La sua bea­ti­fi­ca­zione è un insulto che si aggiunge al cri­mine del geno­ci­dio – un affronto come que­sta cat­te­drale costruita su terra sacra ai Tongva che una volta abi­ta­vano quest e terre». La chiesa, moder­nis­sima, è stata pro­get­tata da Rafael Moneo che, come Serra, iro­ni­ca­mente è catalano.
Men­tre le ori­gi­nali lin­gue indiane della Cali­for­nia sono ormai estinte para­dos­sal­mente oggi a Los Ange­les non è inu­suale ascol­tare su un auto­bus, con­ver­sa­zioni in Pur­pe­cha, Zapo­teco o Nahuatl – la lin­gua degli Azte­chi. Ci sono per­fino scuole in cui ven­gono atti­va­mente inse­gnate lin­gue «pre­co­lom­biane» tut­tora par­late da ceppi indi­geni arri­vati dal Chia­pas, Oaxaca o Michaocan.
A sca­pito dell’abbondante mito­lo­gia sulla scom­parsa dei Maya, nel 2015 può capi­tare in qua­lun­que giorno di sen­tire al super­mer­cato o fuori da una scuola cali­for­niana una con­ver­sa­zione in lin­gua Maya.
Il movi­mento Mexica che ha orga­niz­zato la pro­te­sta con­tro il «santo con­qui­sta­tore» rap­pre­senta cen­ti­naia di migliaia di indi­vi­dui soli­ta­mente desi­gnati nei cen­si­menti ana­gra­fici come «hispa­nic ame­ri­can indians».
«Il ter­mine giu­sto — spiega invece Tez­ca­tli­poca — è Nican Tlac, cioè la “gente di que­sto con­ti­nente”, per­ché siamo tutti un unico popolo senza i con­fini che hanno por­tato spa­gnoli come Serra che fu l’architetto intel­let­tuale dello ster­mi­nio dei nostri avi».
È quello che vogliono esporre nel col­lo­quio che hanno chie­sto a Josè Hora­cio Gomez, vescovo di Los Ange­les, la mag­giore dio­cesi cat­to­lica degli Stati uniti. La richie­sta di udienza per ora è rima­sta senza rispo­sta. Ma i Mexica non si arren­dono. «È facile per un papa bianco dirci che è pas­sato tanto tempo e che è ora di pas­sare oltre. Nes­suno si azzar­de­rebbe a chie­derlo agli ebrei. Per noi è la stessa cosa».