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 2015  febbraio 12 Giovedì calendario

CONFLITTI E REGIMI DITTATORIALI, FUGA DALLA SIRA E DALL’AFRICA

I dati del mini­stero dell’Interno sulla pro­ve­nienza dei migranti tran­si­tati nel Medi­ter­ra­neo durante l’ultimo anno, con l’Italia come prima desti­na­zione, rac­con­tano più dei con­flitti su cui si con­cen­trano i media abi­tual­mente.
A parte la Siria, che guida que­sta tri­ste clas­si­fica, con 42.323 arrivi nel 2014. La guerra che sta lace­rando ampie por­zioni del paese e città impor­tanti come Aleppo è sotto gli occhi di tutti. La fuga s’impone sotto il fuoco inco­ciato dell’Isis, delle mili­zie qae­di­ste e del cosid­detto Eser­cito libero siriano, oltre che delle truppe di Bashar al Assad. Nelle fami­glie che sbar­cano dopo la tra­ver­sata col­pi­sce una “com­po­stezza” che si direbbe fuori posto: sono per­sone che in Siria gode­vano di un discreto wel­fare e di una certa dispo­ni­bi­lità eco­no­mica; nel momento in cui non rie­scono a vivere in sicu­rezza né a man­te­nere il loro sta­tus, pren­dono quello che pos­sono e si met­tono in viag­gio. Via mare e via terra. Al dato vanno aggiunti quelli che dalla Tur­chia entrano in Europa attra­verso la fron­tiera greca, con le acque del fiume Evros a tra­sci­nare via vite e speranze.
L’Eritrea è assai più lon­tana e infi­ni­ta­mente meno “coperta” da gior­nali e tg , ma si piazza seconda con 34.329 “sbar­chi” nel 2014. Da qui sono i gio­vani a fug­gire: da un ser­vi­zio mili­tare obbli­ga­to­rio che può durare tra i cin­que e i dieci anni, da sic­cità, disoc­cu­pa­zione, incar­ce­ra­zioni indi­scri­mi­nate e tor­ture per i dis­si­denti, e in gene­rale dal clima di iso­la­mento e para­noia ali­men­tato da un regime che ha tra­dito tutte le spe­ranze legate alla lotta del Fronte di Libe­ra­zione del Popolo Eri­treo. Dopo l’indipendenza otte­nuta dall’Etiopia nel 1993, un’assemblea costi­tuente ha indi­cato in Isa­ias Afewerki il pre­si­dente che avrebbe dovuto gestire la tran­si­zione verso le prime ele­zioni libere. Dopo oltre vent’anni, non è suc­cesso niente. Chi prova a rag­giun­gere l’Italia ha sem­pre un numero «pre­fe­rito» nella rubrica del tele­fono, quello di un prete eri­treo resi­dente in Vati­cano. Mus­sie Zerai dirige Habie­shia, un’agenzia d’informazione e di mutuo soc­corso. È sopran­no­mi­nato l’«angelo dei dispe­rati» o con­si­de­rato un isti­ga­tore d’immigrazione clan­de­stina a seconda dei casi. Oltre a lan­ciare l’allarme quando riceve richie­ste d’aiuto dal mezzo del Medi­ter­ra­neo o dal cuore del Sahara, ha più volte denun­ciato il ten­ta­tivo da parte dell’ambasciata eri­trea in Ita­lia di sche­dare i fug­gia­schi. Il 3 otto­bre 2013 furono 366 gli eri­trei anne­gati a Lampedusa.
Nella dolente clas­si­fica sti­lata dal Vimi­nale seguono due dati di dif­fi­cile inter­pre­ta­zione, tanto sono gene­rici: 25.023 per­sone con pro­ve­nienze «altre» e a seguire 20.461 «sub-sahariani». Come se non lo fos­sero i cit­ta­dini del Mali (9.938), in fuga dalla crisi in cui versa il nord dopo un con­flitto tutt’altro che risolto, che ha coin­volto finora l’esercito di Bamako, le armate jiha­di­ste del Fronte al Nusra e del Mojao, il Movi­mento per la jihad in Africa occi­den­tale, le mili­zie tua­reg che vogliono l’Azawad indi­pen­dente e quelle “lea­li­ste”. E da ultime le truppe d’élite dell’esercito fran­cese. Con i civili presi come al solito nel mezzo. «Sub-sahariani» sono anche i 9.000 migranti ori­gi­nari della Nige­ria, paese lace­rato dall’offensiva san­gui­na­ria di Boko Haram negli stati del nord-est ma anche dalla repres­sione di cui sono oggetto il Mend e chiun­que si opponga allo sfrut­ta­mento senza scru­poli, né ambien­tali né uma­ni­tari, da parte delle mul­ti­na­zio­nali nella regione del Delta. Va aggiunto che anche dis­si­denti ad altro titolo potreb­bero avere buoni motivi per cam­biare aria. Per non dire dei migranti più clas­si­ca­mente “eco­no­mici”. Il dato ovvia­merte non con­si­dera coloro — la mag­gio­ranza — che arri­vano con un visto turi­stico che poi viene lasciato sca­dere. Ma par­liamo pur sem­pre del paese più popo­loso d’Africa, coi suoi 170 milioni di abi­tanti. In que­sto senso scon­certa il dato del Gam­bia (8.707 per­sone “sbar­cate” nel 2014), che di abi­tanti ne conta cento volte di meno ed è il più pic­colo stato del con­ti­nente. Ma in quanto ad arre­sti arbi­trari e tor­ture il governo di Yahya Jam­meh non ha nulla da impa­rare dai grandi.
Le per­du­ranti poli­ti­che di occu­pa­zione e aggres­sione di Israele spie­gano l’ottava piazza occu­pata dalla Pale­stina, con 6.802 “arrivi”. E i 5.756 giunti fin sotto la “For­tezza Europa” dalla Soma­lia sono niente, rispetto al tra­gico caos che nes­suno è riu­scito ancora a dipa­nare e al campo pro­fu­ghi più grande del mondo a Dadaab, Kenya, nel quale hanno tro­vato rifu­gio in 700 mila.