Valerio Cappelli, Corriere della Sera 12/2/2015, 12 febbraio 2015
DAL NOSTRO INVIATO BERLINO
La sera non si andava solo in via Veneto: c’era anche un’altra Dolce Vita . Quando l’idea di un film nasceva attorno a una tavola apparecchiata. Il segreto di Otello è il documentario (sezione «culinaria» della Berlinale) di Francesco Saverio Martinotti in cui si racconta di quando, nell’Italia del dopoguerra, i cineasti si riunivano in una trattoria romana.
E lì sono state concepite tante opere della commedia all’italiana, ma anche canzoni: dalle risate de I soliti ignoti di Mario Monicelli, alle lacrime di Domenico Modugno in «Resta cu’mme» che compose dopo essere stato lasciato dalla moglie. Il documentario è prodotto da Andrea Sisti, che in realtà fa il musicista ed è il nipote del fondatore del ristorante, Otello appunto, di cui ricorrono i cento anni dalla nascita.
«Otello — dice il regista — ebbe l’intuizione che dalle macerie stava nascendo un nuovo cinema». Fece di quella trattoria a due passi da piazza di Spagna il punto di riferimento di registi e scrittori. Scola, che da giovane andava lì a ideare le vignette del Marc’Aurelio , nel 1998 girò il film La cena ispirandosi ai dialoghi e alle avventure dei clienti e del personale nelle cucine di questa locanda, che prima ne ospitava una del 700 soprannominata dai romani «L’avvelenatore». Pasolini confidò al produttore Alfredo Bini il suo proposito (semiserio) di suicidarsi, dopo l’insuccesso di un suo film: «Sì, ma prima andiamo a mangiare da Otello», rispose Bini.
C’è un filmato della esibizione, tra una portata e l’altra, del folksinger Pete Seeger, c’è Donovan, c’è Alessandro Haber che canta «La valigia dell’attore», e Luca Barbarossa, il cui nonno, barbiere, era il migliore amico di Otello: «Tra loro uno sketch continuo, era come andare al cinema». Robert De Niro cita una frase di Furio Scarpelli (uno dei tanti sceneggiatori habitué, oltre a Pontecorvo e Polanski): per il nipote di Otello, scrisse il testo di una canzone che volava da Chaplin a Ladri di biciclette .
Elsa Martinelli rivela che fino all’ultimo, quando non ci vedeva quasi più, Monicelli dalla casa di via dei Serpenti raggiungeva a piedi Otello. Giuliano Montaldo spiega che si pagava quando si poteva, «ma si saldava sempre». Tuttora il mercoledì c’è un prezzo di favore per i cineasti: menù fisso a 18 euro. Otello ha mantenuto la sua identità, il suo «odore», il suo sapore familiare. Ma è il cinema ad essere cambiato e a non essere più una «grande famiglia».
Valerio Cappelli
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