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 2015  febbraio 12 Giovedì calendario

PAOLO AINIO SAMURAI DEL WEB “CONQUISTO L’ITALIA CON IL MIO SHOPPING”

Ci hanno provato in tanti a diventare il mister internet italiano, ma non ci sono riusciti né Renato Soru con la sua Tiscali né Silvio Scaglia con la sua e.Biscom, nonostante agli inizi degli anni Duemila fossero diventati i re della Borsa grazie al boom della new economy. Quando la bolla si è sgonfiata nel 2001, la gran parte degli imprenditori digitali che avevano cercato di cavalcare l’onda sono finiti sott’acqua. O ne sono usciti pieni di soldi, come Scaglia grazie alla vendita di Fastweb alla Swisscom. E così l’Italia non è riuscita fin qui a sfornare il suo Mark Zuckerberg, i suoi Larry Page, una Uber o una Airbnb. Tuttavia c’è un personaggio che non ha mai beneficiato di una grande ribalta ma che è stato l’unico ad attraversare tutte le fasi della rivoluzione Internet riuscendo a costruire con pazienza un gruppo che oggi bussa alla porta di Piazza Affari con il chiaro intento di cavalcare l’onda dell’e-commerce. Si chiama Paolo Ainio e Banzai è la sua creatura costruita nel 2005. La storia di Ainio affonda le radici in tempi in cui Internet era sconosciuta e a farla da padrone era la tv commerciale con i suoi spot. Paolo inizia a lavorare negli anni ’80 con il padre Mario imparando i segreti della raccolta pubblicitaria. Poi nel 1989 decide di cambiare aria e va ad Austin, Texas, a conoscere i primissimi esperimenti di tv on demand. Ritornato in Italia riprende a occuparsi di media e pubblicità nella società di Marco Benatti, allora a conduzione famigliare, con il compito di contaminarla di idee innovative. È nella cantina della Cia Medianetwork che Ainio con l’amico Carlo Gualandri mette a punto un progetto di tv interattiva che viene presentato a un tavolo di Confindustria senza alcun seguito. Poi un maestro delle pubbliche relazioni come Luciano Segre porta i due giovani ispirati da Ernesto Pascale, l’allora potente amministratore delegato della Stet, il quale fiuta qualcosa di diverso nell’aria e organizza per loro una riunione a cui devono partecipare tutti i capi delle controllate Stet. Durante la presentazione, effettuata al buio, molti ne approfittano per svignarsela ma Ainio e Gualandri riescono comunque a inchiodare il capo della rete di Milano gettando le basi per Telecom Italia Net, quella che poi diventerà Tin.it e passerà alla storia per essersi fusa con Seat facendosi valutare 40 mila miliardi di lire. La commessa ottenuta da Telecom permette ai due pionieri di internet - nei primi anni ’90 erano nate solo Dada e la Videolina di Nicola Grauso - di finanziare la start up di Virgilio, un sito da cui si poteva accedere a una serie di link utili per l’utente. Virgilio diventò in breve tempo il primo esperimento di pagine gialle sul web, una sorta di motore di ricerca quando Yahoo muoveva i primi passi e Google non era neanche nella mente di Sergey Brin e Larry Page. L’effetto moltiplicatore di Internet si percepisce fin da subito, il traffico cresce e bisogna investire nei server che da uno passano a 10 e poi a 100. Servono soldi e Ainio comincia a innescare sul portale il meccanismo della pubblicità che in poco tempo porta Virgilio a breakeven. E’ il primo brand di successo sul web e comincia a far gola ai grandi gruppi editoriali. Ainio e Gualandri decidono di accasarsi con De Agostini e Seat che dal 1996 è stata privatizzata finendo nelle mani di Lorenzo Pellicioli, un manager che proviene dalla pubblicità e che capisce al volo le potenzialità del nuovo mezzo. Il primo a vendere è Benatti che per il 66% di Matrix (la società che controlla Virgilio) ottiene 8,6 milioni, una cifra che nel 1999 sembra già spropositata. Ma è niente rispetto a ciò che si vede qualche mese più tardi quando il contagio americano fa partire a razzo la new economy innescando un’escalation delle valutazioni. Seat con in pancia Virgilio è l’indiscussa protagonista di questa “esuberanza irrazionale”, per dirla con Greenspan: nel 2000 si fonde con Tin.it formando un’azienda che il mercato valuta fino a 50 miliardi di euro. Ainio e Gualandri fanno Bingo quando l’amico Pellicioli decide che Seat deve avere il 100% di Matrix a cui assegna una valutazione senza senso: 2,6 miliardi in base ai multipli a cui sono scambiate in borsa le azioni di Yahoo e ai 3 miliardi di valutazione del portale Kataweb. Il 33% di Matrix ancora in mano ad Ainio e Gualandri vale in quel momento 858 milioni in azioni Seat vincolate fino al giugno 2003. Ma lo scoppio della bolla internet in Borsa nel marzo 2001 complica tutto. Il titolo Seat crolla dopo che la società è stata acquisita dalla Telecom di Colaninno e al momento del successivo passaggio nelle mani di Marco Tronchetti Provera è già sceso a 1 euro dai massimi di 7 di qualche mese prima. Il tesoro di Ainio e Gualandri si sta squagliando come neve al sole ma nell’ultimo cda dell’era Colaninno il direttore finanziario della Telecom, Massimo Brunelli, decide che si può acquisire quell’ultimo 33% di Matrix cedendo 186 milioni di azioni Seat in gran parte immediatamente liquidabili in Borsa. Ainio e Gualandri si precipitano a vendere perché devono coprire 130 miliardi di lire di debiti con le banche con garanzia Seat. Il saldo finale per gli uomini di Virgilio non è certo quello che pensavano all’inizio ma 34 milioni a testa rappresentano comunque un bel gruzzolo per ripartire dopo qualche anno sabbatico. Ed è quello che fa Ainio nel 2005 gettando le fondamenta di Banzai, inizialmente definita una serra per far crescere i talenti del web che non avevano soldi per fare gli investimenti ma sprigionavano tante energie positive. I primi acquisti si chiamano Studenti.it, Eprice, Altervista: Banzai in pratica scommette su tante caselle per poi decidere quelle che possono crescere e dare soddisfazioni. La selezione naturale porta a concentrarsi sulle due aree dei media e dell’e-commerce, nelle quali Banzai cerca di individuare modelli di business innovativi e in linea con quanto il mercato è in grado di pagare. Nei media si spazia da Liquida, aggregatore di notizie totalmente robotizzato a Il Post totalmente “umano”, passando per il successo di Giallo Zafferano. Con Eprice e Saldi Privati viene messo a punto un sistema per collegarsi via internet ai fornitori che permette di vendere e consegnare il prodotto soltanto dopo che il cliente lo ha acquistato, minimizzando così i costi di magazzino. E con la costruzione della prima rete “pick and pay” si riducono vistosamente i costi di trasporto aumentando il margine di rivendita. Certo, come per tutti gli e-commerce del mondo i margini di guadagno di Banzai sono ancora bassi, l’1-2% confrontato al 10-12% a cui lavora un colosso come Amazon. Ma il vantaggio risiede nel fatto che in Italia il mercato del commercio elettronico è all’inizio della sua curva ascendente più ripida: siamo al 2004 degli Usa e al 2009 della Francia si sente ripetere negli uffici di via Vico a Milano. E dunque, secondo Ainio, questo è il momento giusto per premere sull’acceleratore e investire massicciamente mettendo a fattor comune quelle strutture umane e tecnologiche costruite in un decennio di duro lavoro. I segnali di accelerazione ci sono tutti: nel black friday di novembre scorso le vendite dei Eprice e Saldi privati sono cresciute del 165%. L’idea è di investire quei 50 milioni che dovrebbero arrivare dalla quotazione in Borsa in marketing, acquisizione di clienti e advertising puntando sugli stessi settori, media, hi tech e apparel. Con il crescere della dimensione cresceranno anche i margini che arrivano facilmente al 7-8%. Senza rinunciare alla sperimentazione: l’apertura di uno store online sul sito di Giallo Zafferano o la rassegna stampa media internazionale a pagamento di Good Morning Italia. E con una valutazione di Borsa compresa tra 220 e 277 milioni Banzai punta a diventare la più grande azienda internet italiana mentre i prossimi anni diranno se Ainio avrà saputo conquistarsi il titolo italiano di mister internet.
Giovanni Pons, Affari&Finanza 9/2/2105