VARIE 11/2/2015, 11 febbraio 2015
APPUNTI PER GAZZETTA - SCHETTINO CONDANNATO
LA STAMPA.IT
I giudici del Tribunale di Grosseto, dopo quasi otto ore in camera di consiglio, hanno condannato l’ex comandante della nave da crociera Costa Concordia Francesco Schettino (non presente in aula) a 16 anni di reclusione e a un mese di arresto per il naufragio del 13 gennaio 2012 davanti all’isola del Giglio nel quale morirono 32 persone e 157 feriti. È stato interdetto per 5 anni come comandante di nave. Il collegio giudicante lo ha quindi riconosciuto colpevole di omicidio colposo e di abbandono della nave. Il Tribunale non ha invece riconosciuto l’aggravante del naufragio colposo e neppure l’aggravante della colpa cosciente per gli omicidi plurimi colposi. I giudici hanno anche riconosciuto la continuità tra i reati contestati, come richiesto dalla difesa dell’imputato e invece escluso dall’accusa, che aveva chiesto 26 anni e 3 mesi e l’arresto immediato per il timore di una fuga all’estero.
Il risarcimento al Giglio e ai passeggeri
Schettino e Crosta Crociere sono stati condannati in solido a risarcire le parti civili, tra cui la Presidenza del Consiglio, alcuni ministeri, la Protezione civile, la Regione Toscana e il comune di Isola del Giglio. L’ex comandante dovrà pagare anche tutte le spese legali sostenute per le varie fasi dell’inchiesta giudiziaria e del processo dalle parti civili.
Le dichiarazioni spontanee e le lacrime di Schettino in aula
Questa mattina Schettino aveva rilasciato in aula delle dichiarazioni spontanee in aula che lo avevano portato a scoppiare in lacrime e che erano stato un atto d’accusa nei confronti della Costa: «Dal 13 gennaio sono morto anche io - aveva esordito - . Sono state usate frasi lesive contro la mia dignità anche in quest’aula, per avvalorare l’immagine di un uomo meritevole di una condanna. Per 3 anni sono finito un tritacarne mediatico difficile da comprendere, unito al dolore per quanto accaduto. Dopo il naufragio la mia testa è stata offerta con la convinzione errata di salvare interessi economici. La mia non è vita. Le strategie finalizzate al mio isolamento personale veicolate dai media hanno alterato i fatti, offrendo un’immagine della mia persona non corrispondente alla verità. Ieri sono uscito per fare un’iniezione antibiotica che mi ha consentito oggi di essere qua, hanno riferito di stizza nei confronti dei pm. Intanto l’azienda minaccia trasferimenti per scaricare ulteriormente le responsabilità. E tutto ricade su di me. Dopo questo incidente sono cambiate anche le normative di sicurezza sulle navi. Non è vero che non mi sono assunto le mie responsabilità. Non è vero che non ho chiesto scusa. Il dolore non va esibito per strumentalizzarlo, per questo non lo palesavo. Mi avete costretto a condividere momenti intimi, ma io ho preferito condividere il mio dolore, a casa mia, con alcuni naufraghi e con i parenti di alcune vittime».
L’eco all’estero
La notizia della condanna ha fatto rapidamente il giro del mondo.
REPUBBLICA.IT
Concordia, Francesco Schettino condannato a 16 anni di reclusione (ap)
L’ex comandante non è in aula, ha ascoltato la sentenza dal suo albergo a causa della febbre. La procura aveva chiesto 26 anni. Durante l’ultima udienza ha interrotto il suo discorso e pianto: "Quel 13 gennaio sono morto in parte anche io"
dal nostro inviato LAURA MONTANARI ha collaborato GERARDO ADINOLFI
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11 febbraio 2015
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diretta tvper la sentenza
GROSSETO - L’ex comandante Francesco Schettino è stato condannato a 16 anni di reclusione e 1 mese di arresto nel processo di primo grado per il naufragio della Costa Concordia. Schettino non è in aula, ha ascoltato la sentenza dalla sua stanza d’albergo a Grosseto. Secondo i suoi legali avrebbe la febbre. La procura, per il comandante, aveva chiesto 26 anni e 3 mesi di arresto.
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L’ultima udienza del processo di primo grado si è conclusa con le lacrime di Francesco Schettino. Il comandante della nave naufragata all’Isola del Giglio fa una dichiarazione spontanea, appena prima che i giudici si riuniscano in camera di consiglio. "Quello che non è stato detto è che quel 13 gennaio sono morto in parte anche io" dice. Schettino legge da fogli scritti a mano. Si interrompe, singhiozza, piange. "Non è vero che non ho chiesto scusa, ma il dolore non va esibito per strumentalizzarlo". "Dal 16 gennaio la mia testa - dice - è stata offerta con la convinzione errata di salvare interessi economici". Secondo il comandante si è voluto accusare soltanto lui, "ho ascoltato frasi lesive della dignità umana per avvalorare la tesi di un uomo da condannare in linea con le logiche utilitaristiche che ormai a tutti sono chiare.
Il discorso in aula di Schettino nell’ultima udienza del processo
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Per tre anni sono stato in un tritacarne mediatico. Rende difficile definire vita quello che sto vivendo, anche il mio isolamento processuale, tutto è stato distorto. Potrei fare diversi riferimenti, uno per esempio: ieri mi sono allontanato dall’aula per fare un’iniezione di antibiotico - racconta - e la prima agenzia italiana diceva che mi sono allontanato dall’aula per un gesto di stizza".
"Dopo questo incidente sono cambiate le normative a livello internazionale", "due computer Napa devono essere installati sulla plancia di comando, significa che questa cosa, come dicevo io, un valore ce l’aveva", ha detto Francesco Schettino. "Anche agli ufficiali - ha continuato portando un altro esempio - deve essere fatto un percorso formativo più approfondito come suggerivo io".
Schettino ha iniziato a parlare di "momenti di dolore che ho condiviso coi naufraghi a casa mia", ma dicendo questo si è messo a piangere aggiungendo "Non volevo questo", quindi ha interrotto il suo intervento. "Basta così", ha detto. E il giudice lo ha fatto tornare a posto. I magistrati si sono riuniti poi in aula di consiglio per la sentenza tra i camerini del Teatro Moderno e la sede della procura. Alle 19 si saprà se la sentenza sarà letta oggi oppure slitta a domani.
Nelle repliche questa mattina ha parlato il legale di Costa con l’udienza che era stata interrotta ieri sera a causa di un malessere del legale Marco De Luca. Lo stesso, che era stato soccorso dal 118 e portato in ospedale per accertamenti medici, oggi è tornato in aula e ha terminato il suo intervento in cui critica le richieste di risarcimento delle parti civili alla compagnia di navigazione.
Poi i difensori del comandante Schettino hanno ribadito come non possa essere lui l’unico responsabile del naufragio ma come tutta la vicenda debba essere letta in un insieme di cause che l’hanno generata. Hanno ribadito che se il generatore d’emergenza avesse funzionato non ci sarebbero stati 32 morti perché molti passeggeri che hanno perso la vita l’hanno persa perchè si sono mossi nella nave inclinata al buio.
L’INTERROGATORIO DI SCHETTINO
TEODORO CHIARELLI SULLA STAMPA DEL 3/12/14
«Non l’ho fatto per fare un favore alla Cemortan». E poi: «Trattandosi di un’accostata, non ho avvisato nessuno». A Grosseto è il giorno di Francesco Schettino e del suo «inchino» al Giglio. Chiamato in aula al Teatro Moderno, sede ad hoc del Tribunale, per essere interrogato nel processo sul naufragio della Costa Concordia di quel maledetto 13 gennaio di due anni fa. Penultimo atto di una vicenda che lo ha visto rimanere alla fine l’unico imputato, dopo i patteggiamenti di quattro ufficiali e di Roberto Ferrarini, capo dell’unità di crisi di Costa Crociere. La Procura di Grosseto, spiega il procuratore Francesco Verusio, chiederà 22 anni di carcere per l’ex comandante come responsabile del naufragio e della morte di 32 persone.
Occhiali scuri, abito di grisaglia, Schettino arriva in sala e chiede di non farsi riprendere in video. L’imputato spiega i motivi per cui quella notte fu deciso di accostare la nave all’isola deviando dalla rotta formalmente comunicata alla compagnia. Nega che la manovra sia stata fatta per far colpo sulla ballerina moldava Domnica Cemortan.
Non può negare, però, che al momento dell’impatto la moldava fosse in plancia di comando insieme al maitre Antonello Tievoli, a Ciro Onorato e altri. Nelle crociere, racconta, può capitare che gruppi di passeggeri siano ospitati in plancia per osservare la navigazione e le operazioni di governo della nave. «Al massimo è ammessa una dozzina di passeggeri per volta, ma me ne portavano anche 20-30. Però mai nelle navigazioni sotto costa». Aggiunge di ricordare che la direzione commerciale della compagnia, per «esperienze», faceva pagare 70 euro, e che è usuale organizzare le visite in plancia.
Sostiene che «la genesi che ha portato al disastro è stata una stupidata» e chiama in causa il primo ufficiale Ciro Ambrosio: «Mi ha passato una pentola bollente in mano».
Incalza il pubblico ministero Alessandro Leopizzi: «Costa fu informata del mutamento di rotta?». La navigazione sotto costa si è sempre effettuata, è la sua replica. Però aggiunge: «Il comandante della nave ha la facoltà di tracciare la rotta, ma non ha nessun obbligo di informare l’armatore. Trattandosi di un’accostata, non ho avvisato nessuno». Quindi spiega il famigerato «inchino»: «L’avvicinamento all’isola favorisce l’aspetto commerciale». E ancora: «Volevo prendere tre piccioni con una fava: fare un piacere a Tievoli, omaggiare l’isola e il comandante Mario Palombo e dare un valore aggiunto all’aspetto commerciale della crociera».
Incalzato dal pm, Schettino contrattacca. Sostiene che la manovra da navigatore provetto sotto il Giglio l’aveva impostata bene e gli sarebbe anche riuscita. Ma i suoi ufficiali in plancia, dice, non compresero che le distanze dagli scogli erano sbagliate e, soprattutto, non lo avvisarono in tempo dell’urto imminente. Ecco la «sua» verità. «Sono stato tratto in inganno dal mutismo generale in plancia di comando. Ma non avevo con me mica una scolaresca». Evidente la sua linea di difesa: chiamare in causa gli ufficiali, metterne in luce errori e omissioni. Perché, si domanda, non gli segnalarono che la nave stava andando sugli scogli? «Bastava parlarsi e si sarebbe evitata una stupidata». Sfodera un tono contrito. «Non si creda che io non abbia tormento per questa stupidata. Bastava parlare e dire...».
Poi ricorda che Ambrosio schioccò le dita per richiamare l’attenzione del timoniere indonesiano, Jacob Rusli Bin, mentre lui annunciava ad alta voce che stava per assumere il comando: «The master take the com». Ma il timoniere sbagliò le virate nel momento cruciale agli ultimi metri utili.
«Se chi tiene la rotta, cioè Ambrosio, ha dei dubbi, deve manifestarli. Io credevo di essere molto più distante dalla costa e Ambrosio stava eseguendo la manovra. Se con il mio comportamento ho generato un dubbio a una persona adulta, lui doveva essere in grado di manifestarlo».
Ci sono accuse anche per il cartografo Simone Canessa (aver tracciato la rotta fatale su una carta nautica inadeguata). E pure per la giovane ufficiale donna, Silvia Coronica: «La nave era fuori rotta di quattro minuti». Insiste. «Se non avessi visto quella benedetta schiuma, chi parlava in plancia? Il mutismo generale mi ha tratto in inganno. Se qualcuno avesse avuto accuratezza non avrei detto “Andiamo sugli scogli”, ma qualcuno degli ufficiali mi avrebbe dovuto dire: “Comandante, siamo sugli scogli!”. Invece stettero zitti».
L’interrogatorio prosegue oggi. A gennaio requisitorie, arringhe e sentenza.