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 2015  febbraio 10 Martedì calendario

Costanza Monti Perticari Donna di fulgente bellezza adorata dagli uomini e invidiata dalle donne di carla grementieri pagina della rivista MIA donna, maggio-giugno 2010 Costanza nasce a Roma nel 1792 da Teresa Pikler e dal romagnolo di Alfonsine, Vincenzo Monti, considerato allora il più grande poeta vivente, che all’epoca soggiornava alla corte di Pio VI, il papa Braschi di Cesena

Costanza Monti Perticari Donna di fulgente bellezza adorata dagli uomini e invidiata dalle donne di carla grementieri pagina della rivista MIA donna, maggio-giugno 2010 Costanza nasce a Roma nel 1792 da Teresa Pikler e dal romagnolo di Alfonsine, Vincenzo Monti, considerato allora il più grande poeta vivente, che all’epoca soggiornava alla corte di Pio VI, il papa Braschi di Cesena. A cinque anni, la piccola Costanza è affidata agli zii di Maiano (paese chiamato poi Maiano Monti), nel ravennate, perché il padre, diventato giacobino, deve fuggire per il pericolo di essere arrestato dai papalini. La bimba, vispa e intelligente, trascorre quindi la prima infanzia in Romagna e poi studia a Ferrara presso il rinomato collegio delle Orsoline, mostrando una straordinaria capacità nell’apprendere. In età da marito, la bella romagnola, intelligente, colta, affabile, è chiamata “un miracolo di bellezza”; sa di greco e di latino, di storia, geografia e scienze, suona, canta, dipinge, scrive poesie, conosce le lingue moderne ed è esperta nei lavori domestici. La sua conversazione è brillante e piena di spirito, tanto da conquistare gli artisti e i letterati che frequentano il salotto milanese del padre. Dopo il primo intenso amore con un giovane letterato, esule greco, contrastato dalla madre, è data in sposa al ricco conte trentatreenne Giulio Perticari di Pesaro (nativo di Savignano di Romagna):un letterato, autore di modesti saggi e opere poetiche. Nel giugno del 1812, a vent’anni, Costanza diventa la contessa Perticari e si trasferisce a Pesaro nel palazzo del marito dove, accolta con amore dalla suocera, gestisce con fascino e maestria un salotto frequentato dall’elite dell’alta società marchigiana e romagnola. La giovane sposa scopre ben presto di non avere niente in comune col marito che preferisce riservare le sue attenzioni alle procaci contadine dei suoi poderi, mostrandosi prepotente, avaro, privo di sensibilità artistica e meschino d’animo. I cronisti del tempo celebrano i successi di Costanza e la descrivono come colta e bellissima, tanto da causare invidie e gelosie delle donne, pettegolezzi e calunnie da spasimanti respinti. Leopardi scrive a questo proposito: “Gli uomini si infiammavano davanti alla fiorente bellezza di Costanza, al suo irresistibile fascino; le donne la guardavano con malcelata invidia, perché le oscurava tutte per intelligenza e per grazia”. La giovane contessa respinge con garbo e fermezza tutti gli spasimanti, professa idee patriottiche, coltiva amicizie illustri con donne famose come Madame de Stael e Cornelia Rossi Martinetti e frequenta artisti celebri come Rossini. Costanza si dedica con continuità allo studio: scrive poesie e un commento sulla Divina Commedia; inventa ricette di rosoli e profumi e segue le novità della moda e, da fervente cattolica, prega e trova conforto nella fede. Nel 1820 il conte Perticari si ammala gravemente e si ritira in una villa vicino a Fano, ospite del cugino conte Cassi, dove è curato amorevolmente dalla moglie, nonostante i loro dissidi passati e il carattere del marito divenuto con la sofferenza più scorbutico e violento. Qui Costanza si deve difendere dalle brutali attenzioni del Cassi che, invaghitosi di lei, la corteggia da tempo e le dedica versi e odi; inoltre deve guardarsi anche dall’insistente corteggiamento di un altro amico di famiglia che da lungo tempo la circuisce inutilmente. I due uomini, respinti fermamente, giurano vendetta che non tarda ad arrivare. Dopo la morte del marito (1822) ben presto circolarono sul conto della vedova maldicenze come “donna di facili costumi”, fino alle calunnie che la volevano come l’artefice indiretta della morte del marito e poi, addirittura, accuse di averlo avvelenato. Le malelingue continuarono imperterrite a emettere tutte le loro calunnie fino ad accusare Costanza come adultera, avvelenatrice, infanticida e ladra!. Si scrivono libelli anonimi che sono distribuiti ad arte, dove si definisce Costanza “di indole più ferina che umana, rea femmina, scellerata femmina, indegnissima moglie, scaltra vedova, novella Rosmunda, barbara figlia di Vincenzo Monti”. Incredibile a dirsi, anche i genitori di Costanza, travolti da tutte queste calunnie, finirono per credere alla vita dissoluta della figlia; fu la madre che riuscì a convincere il celebre padre, ormai malato e quasi cieco, a non ricevere più la figlia nella loro dimora. Costanza risponde a tutte le infamie scegliendo il silenzio e rifugiandosi nella sua fede religiosa. Non si risposa e non ha più alcun legame sentimentale ma conserva amici sinceri e generosi che l’aiutano a risolvere intricate questioni, problemi amministrativi e testamentari. In cerca di pace e tranquillità, la vedova Perticari ritorna nell’amata casa di Maiano, ospite a Lugo di Romagna dei cugini Manzoni; in seguito dimora a Milano nella casa del padre, caduto in disgrazia in una città ritornata sotto il governo degli austriaci, dopo che il poeta aveva cantato la restaurazione e la repubblica. Nel 1828 Vincenzo Monti muore confortato dalla figlia che, durante la malattia, lo assiste per mesi con sincero amore filiale, lo stesso che anni dopo le fa soccorrere e confortare, negli ultimi giorni di vita, anche la madre incapace di darle un vero sentimento d’amore. Dopo varie peregrinazioni Costanza, a quarantaquattro anni, sola e con pochi mezzi, lascia anche la Romagna, la sua Maiano, e ritorna a Ferrara, nel collegio delle Orsoline dove insegnerà italiano e storia alle allieve del convento. Il 7 settembre 1840 finisce i suoi giorni colta da un male incurabile al seno. Oggi la “fulgente bellezza” di Costanza ci è tramandata da un ritratto di Filippo Agricola conservato presso la Galleria d’arte moderna di Roma dove la colta patriota è effigiata seduta assieme a due libri: uno aperto è sfiorato dalla mano sinistra mentre quello chiuso è tenuto nella destra. Un’altra testimonianza sulle sembianze di Costanza Monti Perticari si trova ad Alfonsine presso la casa natale di Vincenzo Monti (adibita a museo) dove risplende un busto marmoreo della tenace e sfortunata letterata e patriota romagnola.