Giuseppe Spatola, Libero 8/2/2015, 8 febbraio 2015
«DUE O TRE COLPE POLITICHE CHE RICORDO DI MATTARELLA»
Dopo la nomina al Quirinale decine di vecchi e nuovi politici si sono scoperti agiografi di Sergio Mattarella. Ma c’è anche chi tiene a mantenere le distanze ideologiche dal neo-presidente della Repubblica. A una settimana dall’elezione dell’ex Dc alla carica più alta del Paese, un altro democristiano che ha segnato il passo della prima Repubblica ieri ha rotto il silenzio in cui si è rifugiato dopo Tangentopoli. Passati 20 anni, Gianni Prandini da Brescia si rifiuta di salire sul carro dei vincitori e davanti a Mattarella rimane discattato tanto quanto lo era ai tempi della Balena Bianca. Il ministro non smussa gli angoli ricordando che pure il neo presidente ha «avuto le sue colpe politiche». «Mattarella rappresentava di più la linea De Mita e faceva parte della sinistra del partito. I miei rapporti personali con il presidente - continua l’ex ministro bresciano - sono stati segnati da una discussione particolarmente vivace proprio durante la votazione che ha portato poi all’elezione di Oscar Luigi Scalfaro. Nella fase iniziale, quando il candidato era ancora Forlani per la Dc, ci fu una riunione ristretta dopo il quarto scrutinio andato a vuoto. In quella riunione avevo avuto segnalazioni che alcuni deputati andreottiani e della sinistra, guidati proprio da Mattarella, non avevano seguito le indicazioni del partito. Lo feci presente a Mattarella con una certa forza. Ma in quell’occasione da parte sua non ci fu la lealtà che invece andava conclamando tra i banchi». Come dire che il presidente Mattarella voltò le spalle a Forlani per sostenere Scalfaro, il cui settennato da molti notisti è considerato come «il più grigio della storia». «Condivido l’idea che Scalfaro sia stato il peggior presidente», continua Prandini. «A ciascuno il suo, quindi, con meriti ma anche responsabilità. Non faccio parte degli agiografi di turno», Prandini mette avanti le mani. «E anche sulle dimissioni dopo il via libera del Parlamento alla legge Mammì avrei da obiettare. Mattarella fu solo uno dei cinque ministri dimissionari con Mino Martinazzoli. Nessuna scelta coraggiosa, quindi, ma solo un input della segreteria De Mita. E comunque Andreotti non perse molto tempo a sostituire lui, Mino e gli altri...». Parola e ricordi di democristiano.