Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2015  febbraio 08 Domenica calendario

LA TAVOLOZZA DI BOLOGNA E LA CITTADELLA DELL’INNOVAZIONE

Ho passato un fine settimana a Bologna girovagando tra gli stand di Arte Fiera, centinaia di gallerie e espositori, migliaia di artisti, un racconto vivo della pittura moderna e contemporanea italiane con una finestra aperta sull’Oriente piena di suggestioni. «Quest’anno si vende, si tratta sul prezzo ma si vende» mi dice un gallerista amico e fa un cenno con la mano che prelude a una puntualizzazione: «Non so se hai capito bene, ti sto dando una buona notizia». Mi piace un olio su tela di Giannoni con una libreria bellissima a parete intera, legni caldi e colori densi, quei testi che occupano tutti gli scaffali e quelli finiti per terra a pile con chiazze bianche intorno, confesso che quando la pittura e il libro si incontrano in me scatta sempre qualcosa. Mi fermo e incrocio lo sguardo di mia moglie, capisco che non sono fortunato, la pensa diversamente: «Non facciamoci venire tentazioni, non abbiamo bisogno di avere un quadro che ci ricordi il disordine di casa, dove i libri hanno occupato tutte le scaffalature e spuntano da ogni dove, quasi non si cammina più». Chiedo aiuto a Raffaella e Gino, una coppia inseparabile di amici, che continuano a sopportarci (non capisco perché) nei giorni di apparente spensieratezza, mi appello alla loro competenza in materia di arte moderna e contemporanea, la situazione di fatto non cambia e la tela resta lì. Mi colpisce la presenza di giovani, tanti, curiosi, a volte in gruppo, c’è un clima positivo, mi rassicura sempre vedere un fiume di ragazzi perdersi nelle vetrine dell’arte moderna tra un Fontana e un Castellani, Boetti, Pistoletto, Burri, Kounellis, Isgrò e così via, osservarli mentre si fermano a lungo davanti a uno schizzo d’autore di un artista del Medio Oriente. È bello accorgersi che c’è interesse davanti alle nuove proposte, capire insomma che “Bologna la rossa” non ha perso il suo primato artistico e la sua anima più “ricca”, quel senso rotondo della vita e degli odori e dei colori di una tavolozza d’autore che fa di questa Fiera una calamita molto speciale per chi vive ancora di arte in casa nostra.
Posso dire che la stessa vitalità l’ho incontrata passeggiando per le strade del centro, ancora giovani, tanti giovani, tante feste, tavolini pieni, un lungo chiacchierare fatto di ammiccamenti e duro ragionare. Cammino con Romano e Flavia Prodi, il Professore gioca in casa lo so, ma credetemi a ogni passo c’è una sosta, qualcuno lo vuole salutare, sempre affettuosamente, altri non si accontentano di stringere la mano e avviano le loro amichevoli discussioni. Penso che non è vero che la politica si deve sempre nascondere, qualche volta per fortuna vale anche la regola contraria, potrà sembrare ardito ma è così, soprattutto è quello che ho visto con gli occhi miei in un pomeriggio di sabato con una temperatura fredda ma piacevole passeggiando sotto i portici di una grande città che non ha ammainato la bandiera della tecnologia e dell’innovazione preservando un modo di vivere che coniuga estro, scienza, allegria e buona tavola. La sorpresa più grande di questo week end di preparazione degli Stati generali dell’innovazione del Sole 24 Ore che partiranno proprio da qui a maggio, nella terra dei Dallara e della Ferrari, ma anche della Datalogic e di molto altro, riguarda una signora di altri tempi che risponde al nome di Isabella Seragnoli («Non sa quanto ho tribolato con i manager che dicevano che buttavo i soldi, ma poi si sono ricreduti») e riesce a portarti, nel giro di pochi minuti, in una specialissima cittadella dell’innovazione dove ricerca industriale, tecnologia, arte, fotografia e cultura diventano un tutt’uno e dove ti spiegano la forza cosmopolita dell’industria meccanica italiana con giochi a colori e postazioni multimediali, dove tutto si mescola e ti sorprende, le mille facce del lavoro del Novecento, il mito della Fabbrica, la forza profonda di quella meccanica strumentale e di precisione che appartiene a Bologna e al made in Italy in genere.
In questo specialissimo viaggio all’indietro ti imbatti, tra mille luci, in una galleria dove il fotografo Emil Otto Hoppé riesce a stupirti anche con le parole: «Se nell’industria può esserci idealismo, può esserci anche poesia, la poesia di creare grandi imprese da piccoli inizi, la poesia dell’avventura e del successo... può esserci bellezza e fascino perfino in una fabbrica. Il fascino del potere della mente umana sulla materia. Il fascino di prodezze scientifiche e ingegneristiche, il fascino di un’organizzazione imponente e agile». Al Mast, manifattura di arte, sperimentazione e tecnologia, tutto si tiene: il museo industriale con la sua Gallery dove si ripercorre la storia del lavoro del Novecento e il miracolo di oggi della meccanica di precisione e strumentale che ha a Bologna una delle sue “capitali”; l’auditorium di Higini Arau, ingegnere acustico, dove si intrecciano acciaio, giunti grezzi, piastre imbullonate, grandi spazi e qualità acustica modulabile; l’Academy, il Nido, il ristorante aziendale e il centro Wellness, la palestra, la Caffetteria, passando dall’Old Grey Beam di Mark di Suvero, nel parco, a la Sphere di Olafur Eliasson nell’atrio. A Bologna si vive di brevetti e di macchine che sanno sfruttarli come nessuno al mondo, e pensare che c’è chi ancora sostiene che le piccole e medie imprese italiane non fanno innovazione, ma alle spalle c’è il talento silenzioso di donne di poche parole che si nutrono di arte e sanno che cosa significa investire sull’azienda e sul suo territorio in un circolo virtuoso dove l’una e l’altro vivono in simbiosi e non nascondono la loro passione per il bello e ciò che lo esprime. Per cominciare a dipanare il gomitolo del futuro c’è voluta una signora di altri tempi che intende restituire alla comunità una parte di quello che ha ricevuto.
roberto.napoletano@ilsole24ore.com
Roberto Napoletano, Domenicale – Il Sole 24 Ore 8/2/2015