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 2015  febbraio 08 Domenica calendario

IL DIARIO DI SAMANTHA

STAZIONE SPAZIALE INTERNAZIONALE
Mentre scrivo queste righe, qui sulla Stazione Spaziale Internazionale sta finendo il giorno settantacinque della mia vita extraterrestre. È un tranquillo venerdì sera, il resto dell’equipaggio si è già ritirato, ognuno nella propria cuccetta. Non mi stupisce: è stata una settimana di lavoro intenso e siamo arrivati piuttosto affaticati alla conferenza serale di oggi con i centri di controllo. Stanchi di quella stanchezza gratificante, che si mescola con la soddisfazione di avere portato a termine molto — attività semplici o complesse, critiche o di routine — cercando di essere sempre il più possibile concentrati e attenti ai dettagli, ma anche pronti a scambiare una battuta di spirito tra di noi o con i team a terra. Saper tenere il morale alto è importante qui a bordo, quanto essere efficienti nell’esecuzione delle procedure e devo dire che da entrambi i punti di vista il mio equipaggio è eccezionale: sono stata fortunata.
Dall’arrivo del veicolo cargo dragon qualche settimana fa i ritmi di lavoro a bordo sono stati frenetici. Scaricare tonnellate di cargo, in molti casi senza rompere la catena del freddo dei campioni scientifici, svolgere in parallelo dozzine di esperimenti e progressivamente caricare Dragon per il rientro, preparando nello stesso tempo per il ritorno anche il grande veicolo cargo Atv dell’Agenzia Spaziale Europea e svolgendo complesse attività preparatorie per le prossime tre passeggiate spaziali non è cosa da poco, anche per gli standard della Iss. Qualcuno dice che questo sia uno dei mesi più densi di attività di tutta la storia della Stazione. Una cosa è certa: ogni volta che marchiamo come “completata” un’attività sull’agenda elettronica che regola le nostre giornate, qualcuno a terra sorride. Che sia un team di scienziati che ha sviluppato per anni un esperimento o un team di ingegneri che ha fatto le ore piccole lavorando a una procedura di manutenzione per permetterci di riparare tempestivamente un’apparecchiatura, ogni cosa che facciamo a bordo è spesso il coronamento del lavoro di dozzine, a volte centinaia di persone. Cerchiamo di non dimenticarlo mai.
CREATURA DELLO SPAZIO
Quando c’è molto da fare il tempo vola e mi rendo conto, anche con un po’ di inquietudine, che mi avvicino già alla metà nella mia missione. Dopo oltre due mesi a bordo, devo dire che ormai mi sento davvero a mio agio. In queste settimane mi è piaciuto molto osservarmi e vedere come mi sono trasformata giorno per giorno in una creatura dello spazio. L’adattamento è un’esperienza individuale e imprevedibile, non è possibile sapere in anticipo come ognuno imparerà a vivere in assenza di peso. Ricordo che prima del lancio mi preparavo mentalmente al peggio, perché sapevo bene che il primo impatto può essere davvero difficile e non è inusuale essere disorientati e avere malesseri di stomaco per qualche giorno. Per questo sono stata davvero felice quando mi sono accorta che, fin da subito, non manifestavo alcun sintomo di mal di spazio. Certo, nonostante stessi bene, ricordo che nei primi giorni avevo sempre a portata di mano una busta, da usare in caso di nausea; troppi gli aneddoti di astronauti veterani che raccontano di avere avuto all’improvviso un malessere al secondo giorno, o al terzo. Come amano dire gli americani: “better safe, than sorry!”. Ho temuto invece di essere predisposta a un altro effetto collaterale indesiderato dell’assenza di peso: il naso congestionato. La ridistribuzione dei fluidi corporei verso la parte alta del corpo può provocare la sensazione di avere il naso intasato, insieme a un senso di pressione nella testa, e effettivamente ho avuto questi sintomi in maniera intermittente nei primi dieci giorni. Poi fortunatamente sono spariti… speriamo per sempre!
MEGLIO DI UN MATERASSO
Il sonno poi è stata una piacevole sorpresa. Non sta a me giudicare se sono adatta a lavorare nello spazio, ma una cosa la so per certa: sono nata per dormire nello spazio! A sera, quando sono stanca, mi chiudo nel mio sacco a pelo, spengo la luce, richiudo i laptop che dividono con me la cuccetta e mi lascio fluttuare, senza fissare il sacco a pelo. In genere mi addormento subito, ma prima per qualche secondo mi soffermo sulla piacevole sensazione di completo rilassamento dei muscoli. Poi dormo senza alcuna pressione sul mio corpo. Meglio del miglior materasso! E sicuramente durante la notte sbatto ogni tanto contro una parete, ma sono impatti lievi e non mi hanno mai svegliata. Ne sono convinta, fluttuare è il modo migliore di dormire!
Fluttuare è anche il modo migliore di spostarsi, credetemi… una volta che avete affinato la tecnica. Eh sì, all’inizio non avevo molto controllo: spinte troppo forti o troppo lievi, oppure tali da farmi ruotare su me stessa in modi non proprio previsti o desiderati. Insomma, c’è voluto un po’ per imparare a spostarmi nella Stazione in modo controllato e elegante. Adesso però mi sento davvero padrona del mio corpo nelle tre dimensioni! Sarà anche che ormai ogni punto di appoggio, ogni ringhiera, ogni appiglio mi sono noti. Per esempio, quando ho reidratato il cibo al distributore di acqua, che si trova sul soffitto del Laboratorio Usa, so darmi la spinta giusta con la punta dei piedi e poi, passando nel Nodo 1 una lieve spinta con la mano, quel tanto che basta per farmi ruotare in modo da atterrare precisamente davanti al mio “posto a tavola”. Anche se ogni tanto mi piace mangiare sopra il tavolo, sul soffitto: giusto perché avrò tutto il tempo quando tornerò sulla Terra di essere sul pavimento.
COME AL SUPERMERCATO
Nel Nodo 1, dove mangiamo, teniamo anche una scorta di buste di cibo, un po’ come la dispensa in casa. E un po’ come spesso ci si trova a fare la spesa nel fine settimana, quando si ha più tempo libero, noi cerchiamo di sfruttare il weekend per rifornire la nostre dispensa attingendo alle scorte di cibo. Queste sono organizzate per categorie, come per esempio carni, verdure, frutti e frutta secca, minestre, prima colazione. Tramite un lettore di codice a barre segnaliamo nel sistema di inventario che un nuovo pacco è stato aperto, in modo che chi a terra si occupa dei rifornimenti sappia sempre quanti pacchi di ogni categoria rimangono nelle scorte. Naturalmente non possiamo aprire un nuovo pacco prima della data programmata, altrimenti rischieremmo di mangiare le scorte previste per spedizioni successive alla nostra. E non è un buon modo di passare le consegne!
LA FINESTRA SUL MONDO
Ho fatto una piccola pausa per fare un giro nella Cupola, la nostra finestra sul mondo. Abbiamo appena attraversato l’Africa, ora siamo sull’Oceano Indiano. Recentemente abbiamo avuto dei passaggi notturni sull’Europa, però quasi sempre con una fitta copertura di nuvole. Davvero un peccato! È lo svantaggio di volare quando è inverno nell’emisfero nord. Ehi, credo che in questi giorni saremo visibili dall’Italia nel tardo pomeriggio. Salutateci! Anche noi saluteremo, ma non vi vedremo, perché sono passaggi molto vicini al terminatore, la linea di separazione tra il giorno e la notte terrestri. In questi casi, mentre sotto di noi la superficie terrestre è già al buio, noi siamo ancora illuminati dal sole: un po’ come essere su un palco illuminato, da cui è impossibile vedere chi è seduto nella platea al buio. In giorni di lavoro intenso come oggi, l’unico momento in cui c’è il tempo, prima di sera, di dare una sbirciata dalla Cupola, è la sessione quotidiana di allenamento su Ared, la nostra macchina per fare “sollevamento pesi” in assenza di peso: cilindri a vuoto al posto dei pesi, ma gli esercizi sono gli stessi, dagli squat alla bench press e persino gli addominali. Ared è sicuramente la palestra con la vista migliore sul pianeta e fuori: è proprio accanto alla Cupola e quindi nelle pause di riposo tra un set e l’altro possiamo ammirare lo scorrere dei continenti e degli oceani sopra la nostra testa. Sì, la sensazione che provo io è quella di avere la Terra sopra di me. L’effetto è particolarmente accentuato di notte. Guardando lateralmente, verso lo spazio, la Stazione Spaziale mi sembra una nave che naviga su un mare immensamente profondo e infinitamente nero, mentre la Terra, soprattutto quando è coperta di nuvole, e queste brillano nella notte della luce della luna, mi sembra un cielo agitato che sovrasta il mare calmo dello spazio.
FALSO ALLARME
Vivere sulla Stazione Spaziale regala esperienze estetiche davvero intense. Non l’esperienza del silenzio, tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare. La famosa battuta “nello spazio, nessuno può sentirti urlare” si applica solo al vuoto dello spazio: fortunatamente all’interno della Stazione Spaziale abbiamo un’atmosfera respirabile con circa la stessa pressione che c’è sulla Terra al livello del mare. C’è sempre un sensibile rumore di fondo, a causa delle molte ventole e pompe continuamente in funzione: un ronzio costante che indica che la Stazione è “viva” e in buona salute. In realtà, se avessimo un’emergenza, come un incendio o una depressurizzazione, anche se non scattasse nessun allarme udibile, ce ne accorgeremmo immediatamente perché la Stazione diventerebbe silenziosa: i computer attiverebbero una risposta automatica d’emergenza che spegnerebbe tutta la ventilazione.
Di questo abbiamo avuto esperienza diretta qualche settimana fa. Avevo appena terminato una videoconferenza con i miei dirigenti dell’Esa, quando tutti gli altoparlanti lungo l’intera Stazione hanno iniziato a trasmettere l’unico segnale acustico che di sicuro cattura l’attenzione immediata di tutti: il segnale d’emergenza. Sono uscita dal mio alloggio e ho guardato il più vicino pannello di controllo allarmi ed eccola lì, la terza spia da sinistra era illuminata di rosso: anche senza leggere l’etichetta, so che la terza spia indica la temuta fuga di ammoniaca. Ho immediatamente afferrato una maschera a ossigeno, l’ho indossata e mi sono diretta verso il segmento russo insieme con i miei compagni. Il segmento russo è sicuro, perché lì non viene usata ammoniaca nei condotti di raffreddamento, quindi ci siamo isolati lì, chiudendo due portelli per isolare l’eventuale perdita nel segmento non russo della Stazione. La cosa sembrava conclusa quando, pochi minuti dopo, Houston ha chiamato e ha dichiarato un falso allarme, ma mentre iniziavamo e rimettere a posto l’equipaggiamento d’emergenza e tornare alla normalità, ecco Houston chiamare di nuovo con una comunicazione inaspettata ripetuta tre volte su tutti i canali: “Fuga di ammoniaca. Eseguire la risposta d’emergenza”. E mentre chiudevamo di nuovo il portello che ci isolava nel segmento russo, penso che nella mente di tutti, ancor più che la prima volta, sia passato il pensiero che forse non lo avremmo riaperto mai più. Per fortuna, il tutto si è rivelato un falso allarme!
DANZA DI COLORI
Adesso è ora di andare a dormire anche per me. Certo, per andare in bagno e lavarmi i denti, devo tornare nel Nodo 3 e la Cupola è proprio lì, quindi nonostante la stanchezza mi concederò qualche minuto di meraviglia. Stiamo passando sopra agli Stati Uniti, un passaggio notturno molto a nord. Ci sarà l’aurora, compagna spesso presente, ma sempre diversa e sorprendente. Che meraviglia poi se capita che ci sia ancora l’aurora quando appare all’orizzonte lo spicchio di blu vivo che annuncia il prossimo sorgere del sole e quel blu si congiunge con il verde brillante dell’aurora in una danza di colori, cui si aggiunge un’esplosione di arancio nel momento in cui il sole inizia emerge dalla linea dell’orizzonte. Giusto pochi secondi e poi tutto è inondato dalla prepotenza della piena luce solare, che cancella in un attimo lo spettacolo della notte e piano piano, da est a ovest, fa emergere dall’oscurità oceani e continenti, ridisegnando le linee ormai familiari e amiche del nostro meraviglioso pianeta.
Samantha Cristoforetti, la Repubblica 8/2/2015

* Samantha Cristoforetti astronauta Esa, capitano e pilota dell’Aeronautica Militare, in orbita per la seconda missione di lunga durata dell’Agenzia Spaziale Italiana