Danilo Taino, Corriere della Sera 7/2/2015, 7 febbraio 2015
UN PALCO PER ANGELA «LA DURA» E (FINALMENTE) LA LEADER È LEI
MONACO DI BAVIERA L a crisi ucraina passerà alla storia, tra le altre ragioni, per avere risvegliato la politica estera della Germania. Per avere tolto ad Angela Merkel la vernice di pigra politica dietro la curva, che non ha leadership.
Ieri, la cancelliera era a Mosca, da Vladimir Putin, con il presidente francese François Hollande, per capire se c’è la chance di non fare precipitare l’Ucraina in una guerra guerreggiata a tutto campo.
E quasi solo dell’incontro al Cremlino discutevano i presidenti, i ministri, i diplomatici, gli esperti, i capi azienda riuniti a Monaco, dove è in corso uno degli appuntamenti più importanti sulla politica internazionale, l’annuale Conferenza sulla Sicurezza. Con scetticismo riguardo alle intenzioni finali del presidente russo. Con molta aspettativa per capire cosa ha tratto dall’incontro Frau Merkel, attesa oggi alla conferenza alla quale ha promesso un discorso rilevante. È che la crisi con Mosca ha fatto scattare quello che i politici più accorti della Germania già sapevano sarebbe dovuto succedere: che il peso economico e politico del Paese non consente più di «stare a guardare dai bordi del campo», come dice il ministro degli Esteri tedesco Frank-Walter Steinmeier.
Il 2014 — «tragico per la sicurezza», l’ha definito ieri l’ispiratore della Conferenza di Monaco, Wolfgang Ischinger — è stato per la cancelliera l’anno della disillusione nei confronti di Putin e del riconoscimento del dovere guidare la Ue verso una risposta ferma, per dire che le annessioni non sono più ammesse e che l’Europa delle sfere d’influenza è terminata almeno un quarto di secolo fa. Nel farlo ha parlato a lungo, soprattutto per telefono, con Putin, sia in tedesco che in russo. Ha sostenuto la necessità delle sanzioni contro Mosca: e in questo è riuscita a tenere unita l’Europa. Ha superato le opposizioni non indifferenti in Germania: nel mondo del business; e anche nel suo governo, dove i partner socialdemocratici hanno parecchio riguardo per Mosca, dai tempi della Ostpolitik di Willy Brandt fino alle amicizie di Gerhard Schröder.
Per la sorpresa di Putin, sull’Ucraina Angela Merkel ha cioè trovato una leadership e un modo di esercitarla che su altri dossier, non aveva avuto. È che la Germania sta alzando, a piccoli balzi, il proprio impegno internazionale. Più del 60% della popolazione non lo vorrebbe, dicono i sondaggi. Ma Berlino sa che lo deve fare. L’anno scorso, sempre alla conferenza di Monaco, avevano annunciato questa nuova fase sia Steinmeier sia il presidente tedesco Joachim Gauck: nei mesi successivi, la crisi con la Russia e la perdita di fiducia della signora Merkel nei confronti di Putin hanno concretizzato — di fronte all’annessione della Crimea, all’abbattimento dell’aereo olandese, a migliaia di morti, alle bugie del Cremlino — la modifica della dottrina secondo la quale, dopo la guerra nazista, la Germania non avrebbe più dovuto avere un ruolo importante negli affari internazionali.
Merkel dice che l’Ucraina è il «test della determinazione» dell’Occidente a mantenere un ordine basato sulle regole. Risultato: per la prima volta dal 1945, il governo tedesco ha preso la guida in una crisi internazionale. Un passaggio non da poco, per gli equilibri non solo europei.
«Leadership?», si è chiesta ieri il ministro della Difesa Ursula von der Leyen. Ha risposto di sì. Anche se — ha aggiunto — «in tedesco la parola Führung suona meno bene dell’inglese leadership»: settant’anni dopo, però, è tutt’altra Germania, tutt’altra Führung.