Paolo Valentino, Corriere della Sera 7/2/2015, 7 febbraio 2015
PREZZI ALLE STELLE (SI SALVA SOLO LA VODKA) VIVERE LA CRISI IN UNA MOSCA QUASI SOVIETICA
MOSCA –
Alla buvette della Duma, il prezzo di un piatto di kasha, i cereali cotti prediletti dai russi, è salito da 20 a 53 rubli, 70 centesimi di euro, un aumento del 150% che ha inferocito i parlamentari. Certo con uno stipendio di 400 mila rubli al mese, oltre 5 mila euro, più di 10 volte quello medio dei loro connazionali, i deputati russi dovrebbero essere gli ultimi a lamentarsi. Tanto più che a loro la kasha costa sempre un terzo di quanto la paghino i comuni mortali a Kofe Khauz, popolare catena di caffè. Ma se i privilegi della casta non hanno frontiere, il caro-kasha segnala che neanche la Duma è più zona franca.
Il Circo di Stato russo, istituzione iconica della cultura popolare, progetta di licenziare un terzo dei suoi 7 mila dipendenti. Il calo degli incassi e l’aumento dei costi costringono il presidente Vadim Gogloyev a sbarazzarsi anche di molti animali, a cominciare da 49 coccodrilli ammaestrati, poco usati nei numeri più recenti. Non è chiaro dove andranno, probabilmente in zoo o acquari: «Ma non diventeranno borse e cinture», assicura Gogloyev.
La kasha e il circo, panem et circenses quasi identitari per il popolo russo, raccontano l’inverno dello scontento. Le sanzioni occidentali innescate dalla crisi ucraina e il crollo dei corsi del petrolio, con il corollario della svalutazione del rublo, hanno il doppio effetto di far ripartire l’inflazione e mandare in stallo l’economia della Russia, che potrebbe chiudere il 2015 con una contrazione superiore al 4%.
Aumentano in doppia cifra i prezzi degli alimentari e, per la prima volta dal 2000, calano di oltre 7 punti i redditi reali. E siamo solo all’inizio.
Dopo anni di relativa agiatezza i russi si misurano con emergenze dimenticate, retaggio d’epoca sovietica. Riappare la psicosi delle penurie. A dicembre, in molti supermarket di Mosca e San Pietroburgo non si è trovato più il grano saraceno, la popolare grechka, il cereale più usato per la kasha. In risposta, le poche catene che ancora lo avevano hanno deciso di venderne un massimo di 5 chili a persona, per scongiurare l’incetta. In un mese il prezzo della grechka è salito di oltre un terzo. Qualche dettagliante ne approfitta, impone ricarichi truffaldini, soprattutto su pane, carne, pesce surgelato: la procura federale ha già aperto 400 procedure d’infrazione contro altrettanti negozi, sospettati di gonfiare senza motivo i cartellini.
Secondo Sergey Smirnov, dell’Alta scuola di Economia, «il governo non ha calcolato bene l’effetto delle sanzioni sui prezzi e ora cerca di correre ai ripari». Come sempre la soluzione sono i controlli dall’alto. Specie sui prodotti più sensibili per l’umore del popolo: il premier Dmitry Medvedev ha già ridotto per decreto il prezzo minimo della vodka, da 220 a 185 rubli per mezzo litro, ufficialmente per scoraggiare la produzione del samogon, le devastanti bevande illegali.
L’80% dei russi dice di sperimentare l’aumento del costo della vita. A pagare di più è la classe metropolitana, che è stata trave portante della società di consumo fondata sul teorema putiniano: benessere contro obbedienza politica. «Cambiano percezioni e abitudini — spiega Smirnov —, i russi sono più attenti. In un primo momento, hanno reagito alla paura degli aumenti con una corsa all’acquisto: auto, cellulari, televisori. Ora hanno cominciato a risparmiare tagliando spese per case, svaghi, vacanze all’estero, abbigliamento, cibo. O pagando a rate».
Secondo Lev Gudkov, direttore del Centro Levada, «il calo del tenore di vita è in primo luogo psicologico. La gente ha aspettative pessimistiche e rivede le priorità».
Fate un giro per i negozi o i mercati di Mosca e li trovate stracolmi di tutto. I clienti però sono pochi. Venerdì mattina, i saloni dorati della gastronomia Elyseev sono quasi vuoti. Lo stesso giorno, al mercato Dorogomilovsky, pieno di prelibatezze, ci sono più venditori che acquirenti. «I prezzi continuano a salire — dice Antonia, ingegnere in pensione —, io ce la faccio solo perché mio marito, pensionato anche lui, fa un altro lavoro».
Si esce di meno. Nei ristoranti della tusovka non è più un problema prenotare un tavolo. Un grande imprenditore della ristorazione mi dice che a dicembre, tradizionale mese di pienone, il calo di clienti nei suoi locali rispetto al 2013 è stato di oltre il 50 per cento.
Con la svalutazione del rublo i russi dicono addio alla vacanza oltre confine. Una compagnia aerea low-cost, la UTAir, è sull’orlo dell’insolvenza, mentre Aeroflot accusa una perdita d’esercizio pari a 3,5 miliardi di rubli, contro 17 miliardi di profitti nel 2013.
In compenso è da Natale che non si trova più una camera a Sochi, rilanciata dalla divisa debole dopo la depressione post-olimpica.
Eppure, la tormenta economica e le paure che alimenta non influiscono sulla popolarità dello Zar: l’85% dei russi continua a sostenerlo. L’esaltazione patriottica suscitata dall’annessione della Crimea, il senso di accerchiamento provocato dalle sanzioni, la narrativa unica della minaccia occidentale alimentata dalla propaganda del Cremlino, rendono al momento Vladimir Putin invulnerabile.
Ma non c’è solo questo. Qualcosa di viscerale lega i russi al loro leader: «Putin — spiega Gleb Pavlovsky, il politologo che ne fu consigliere prima di prenderne le distanze — rimane non solo garanzia senza alternative per il benessere, ma anche l’unico in grado di difendere la dignità nazionale, umiliata dall’Occidente. Le sanzioni sono una tragica sciocchezza commessa dall’Europa. Anche se dovesse emergere, ogni protesta punterebbe altrove, contro il governo per esempio, ma non contro Putin».
«La politica sull’Ucraina non cambierà sotto la pressione delle sanzioni — dice Fyodor Lukyanov, esperto di politica estera —, ma se l’obiettivo dell’Occidente è quello di creare il caos economico per indurre un cambiamento politico, forse, nel lungo periodo, potrebbe anche funzionare. Ma sia chiaro, sarebbe per il peggio: ammesso di trovarlo, il successore farebbe sembrare Vladimir Putin un democratico filo-occidentale».