Antonella Mascali, il Fatto Quotidiano 8/2/2015, 8 febbraio 2015
IL PROCESSO TELEMATICO È ZOPPO
Oltre un anno fa si era completata la riforma del processo civile telematico – ossia, semplificando, la possibilità di inviare e ricevere notifiche e documenti via email – per accelerare e rendere efficiente la Giustizia. Almeno sulla carta. Nella gran parte dei casi, però, è un flop: non sono stati dati ai magistrati i supporti necessari per lavorare. Per esempio, hanno a disposizione una consolle, ma quando si blocca, perdono ore e giorni in mancanza di un’assistenza tecnica programmata all’istante, o quasi.
Gli avvocati fanno una fatica immane, per i costi, perché devono pagarsi le spese altissime dell’informatizzazione. Ora, la già traballante macchina telematica rischia la paralisi per l’entrata in vigore, l’11 febbraio, del decreto del consiglio dei ministri sul cosiddetto documento amministrativo informatico che regola una serie di norme che riguardano l’informatizzazione in generale. Il cuore del problema è che non è chiaro in che misura queste norme toccheranno anche il processo telematico civile. Per il Consiglio nazionale forense non c’è dubbio: “Impattano”, eccome, sull’efficienza del processo. Tanto che, il presidente Guido Alpa, il 30 gennaio scorso, ha inviato una lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando e ad altri rappresentanti istituzionali per lanciare l’allarme e chiedere il varo di una norma che specifichi l’autonomia del processo telematico civile da questo decreto.
I formalismi introdotti, scrive il presidente Alpa, “non si coniugano con le esigenze di semplicità, speditezza, agevole comprensibilità che sarebbero auspicabili in un processo”. Il decreto del governo “pur essendo destinato anche ai privati, è tarato soprattutto sulle esigenze di formazione, gestione, e archiviazione dei documenti informatici della Pubblica amministrazione. Con tutto quello che ne comporta in termini di formalismi”. Secondo il Consiglio nazionale forense, i nuovo obblighi di natura telematica non hanno lati positivi perché “non aumenterebbero in alcun modo né le garanzie di identificabilità del soggetto che ha prodotto l’atto né darebbero maggiori certezze su integrità e immodificabilità del documento: tutele già assicurate dalla normativa sul processo telematico (legge del 2014, ndr)”.
Dunque, per Alpa bisogna migliorare il processo telematico civile ma non attraverso questo decreto, bensì con una integrazione ad hoc ispirata al principio della massima tutela sull’autenticità dei documenti e pochissimi formalismi. Tutto ciò “in nome della semplificazione e della razionalizzazione della norma che regola il processo telematico, che per le modalità con le quali è stata emanata – critica il presidente – si segnala per la sua frammentarietà, carenza di coordinamento e per la discutibile scelta delle struttura delle fonti gerarchiche delle normative”. La pensa così anche un giudice, che vuole restare anonimo. Aggiunge: “Il processo telematico civile non è una realtà consolidata non certo per mancanza di soldi. Sono stati stanziati circa 70 milioni, ma i soldi, assolutamente necessari, da soli non bastano, bisogna avere una struttura razionale per realizzarlo”.
Claudio Castelli, presidente aggiunto dei gip di Milano, e responsabile dell’area innovativa, grande esperto di processi informatici, sul sito Questione Giustizia ha evidenziato, fin dall’anno scorso, le problematiche del processo telematico civile, che sono ancora da risolvere: “Le criticità sono molteplici e risentono dell’assenza di programmazione da parte del Ministero, della mancanza di una cabina di regia nazionale che coinvolga uffici giudiziari ed avvocatura e da un’impostazione cieca che ha affidato il tutto alla direzione informatica del Ministero, quasi che i problemi non fossero in primis politici ed organizzativi”. È necessario “ristrutturare il lavoro di tutti gli operatori, riorganizzare gli studi professionali, ristrutturare anche fisicamente le cancellerie, fornire strumenti di lavoro idonei ai magistrati e cancellieri (schermi di dimensioni adatti e postazioni ergonomiche), tutelare la salute (con il rispetto della normativa sui videoterminali e le visite periodiche), riorganizzare il lavoro dei magistrati garantendo un’assistenza che non hanno mai avuto. Questo dovrebbe comportare la creazione di una struttura nazionale capace di guidare e monitorare continuamente i processi… Non è tollerabile che per l’inserimento di modifiche evolutive del sistema si abbiano blocchi in orario lavorativo (semplicemente per non pagare gli straordinari). A ciò va aggiunto che il passaggio alla giustizia telematica impone un’assistenza ad horas. Il nuovo contratto di assistenza che prevede da un lato l’intervento entro 9 giorni e dall’altro la remotizzazione è del tutto incompatibile con qualsiasi prospettiva di gestione telematica. L’assistenza del resto è continuamento in calo, come numero di addetti, e del tutto inidonea”.
Antonella Mascali, il Fatto Quotidiano 8/2/2015