Cristiana Mangani, Il Messaggero 8/2/2015, 8 febbraio 2015
LOTTA AL CYBER-TERRORISMO, ARRIVA LA SUPER TASK FORCE
La violenza scorre attraverso il web. Circolano video che trasudano orrore, e la minaccia jihadista alimenta forum e dibattiti utilizzando Internet per esaltare le masse, i social per fare proselitismo. Gli esperti dell’Antiterrorismo la chiamano “una guerra di percezione”, dove la politica e la propaganda occupano il primo posto, utilizzando il potere della tecnologia per minare l’autorevolezza dei governi occidentali e per convincere gli utenti della Rete a unirsi alla jihad. Da anni l’Europa vive con l’incubo del “lupo solitario”, o anche della cellula dormiente, ma è dal giorno dell’attentato a Charlie Hebdo che il sistema ha mostrato la sua debolezza.
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Sono gli operatori informatici super addestrati e con una perfetta conoscenza dell’arabo che monitorano 24 ore su 24 il web, per individuare i diversi sistemi adottati dai gruppi militanti
Per questa ragione il nostro Paese ha messo in campo le maggiori energie. A cominciare da una task force della Polizia postale e delle comunicazioni che ha avviato la sua battaglia contro il cyber terrorismo.
L’ESPERTO
«Il monitoraggio della Rete - spiega Roberto Di Legami, primo dirigente del servizio di Polizia postale - risale già al 2007, in collaborazione con le forze di polizia specializzate di altri Paesi europei e degli Stati Uniti. Va sottolineato che on line il terrorismo è un fenomeno molto dinamico, all’interno del quale i siti web mutano costantemente, appaiono all’improvviso e, di frequente, si trasformano per poi sparire rapidamente e riapparire ancora, con una url diversa o attraverso una diversa allocazione. Questa attività di glorificazione del jihad avviene utilizzando diverse forme multimediali di diffusione, prima fra tutte l’hacking, “jihad elettronico”, vera e propria guerra digitale con la quale gruppi organizzati compiono azioni di pirateria informatica perpetrando attacchi ai siti web di aziende o istituzioni».
LE PUBBLICAZIONI
Altra forma di propaganda è quella delle pubblicazioni in Rete. «Internet - chiarisce ancora l’esperto - è lo strumento utilizzato per creare e condividere forum di discussione, blog, video youtube, gruppi sui social network (Twitter e Facebook) con contenuti che vanno dall’incitamento al jihad alla difesa dei mujaheddin e del loro onore da chiunque intenda colpirli, dall’emersione della coscienza ideologica del jihad al sostegno intellettuale e dallo studio della legge islamica, fino al controllo degli oppositori e loro esposizione al disonore. Il controllo di questa ingente quantità di informazioni è reso ancora più difficile dal fatto che l’accesso a molti siti è condizionato da password e dalla georeferenziazione degli IP address di accesso ovvero dalla preventiva presentazione da parte di iscritti-militanti».
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Negli ultimi due mesi sono stati 400 gli spazi virtuali tenuti sotto controllo e, di recente, sono stati oscurati venti siti, un paio anche in lingua cinese
Il lavoro di monitoraggio, comunque, passa attraverso tutti i canali dell’Antiterrorismo. Gli 007 del nostro Paese sono in continuo contatto con i colleghi stranieri e aggiornano la black list. Tra questi figura Ansar-alhaqq.net, un forum di discussione in cui si possono trovare anche comunicati ufficiali dei mujaheddin, di al Qaeda, dell’Isis e di tutta la galassia legata al terrorismo di matrice islamica. Mentre il proselitismo e l’arruolamento, nel tentativo di sfuggire ai controlli, ha scelto sempre più spesso di comunicare sulle chat a luci rosse o su nuovi account twitter. Tra i tanti siti gestiti dai seguaci della bandiera nera ce ne è uno con dominio italiano, di proprietà di un polacco che vive in Germania. Rientra in un elenco di portali gestiti dallo Stato islamico e registrati in altri paesi occidentali, tra cui Estonia, Lettonia o Slovenia, e anche Stati Uniti.
Di recente, poi, alla Polizia postale è arrivata una segnalazione dell’Interpol: gruppi di 14-15enni postavano la minaccia di ordigni su un social molto frequentato, Ask.fm. L’indagine ha poi permesso di rintracciare il gruppo di perditempo, e i ragazzi sono stati convocati in questura con i genitori. Il fenomeno, però, si è mostrato molto più diffuso del previsto, tanto che casi simili sono stati registrati in mezza Europa e negli Usa.