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 2015  febbraio 08 Domenica calendario

IL REPORTER DELLA RESISTENZA A RAQQA

A Raqqa, capitale siriana dell’Isis, non esistono soltanto la repressione, i bombardamenti e le macerie, ci sono anche coloro che si oppongo al regime. Quello che cambia sono le armi che questi attivisti usano per contrastare la forza del califfato: al posto dei fucili, imbracciano macchine fotografiche e videocamere.
Ma come in tutti i movimenti di resistenza, in molti perdono la vita. A raccontare la realtà, in una video-intervista al Wall Street Journal, è proprio uno di questi resistenti che parla di cosa accade nel quartier generale dell’Isis. Mentre il regime dai minareti grida «Raqqa è il paradiso nelle vostre mani» si vedono i fotogrammi delle esecuzioni e delle crocifissioni per le strade della città e le manifestazioni di gioia dopo l’uccisione del pilota giordano.
Nella strategia dell’Isis fare proseliti è un punto irrinunciabile: «I ragazzi vengono costantemente indottrinati e se gli dicono uccidi questo uomo o questa donna, loro lo fanno senza esitare», racconta l’anonimo attivista che è bene consapevole dei rischi che corre. La polizia religiosa «pattuglia senza sosta le strade, quando l’incontri il cuore batte all’impazzata» e se provi a fare «l’attivista senza conoscere l’Isis sei destinato a morire». Nel «paradiso» di Raqqa vige una sola regola e una sola morale: «Se trovi qualcuno uccidilo e non sarai giudicato, solo così rimarrai libero, è la cosa migliore da fare».
Mentre scorrono le immagini delle donne vestite di nero e con il volto completamente coperto destinate ha fare le schiave dei combattenti o a essere arruolate nella polizia religiosa, il «reporter clandestino» usa il linguaggio della guerra per parlare del suo lavoro: «Sono convinto che ogni nostra parola, ogni nostra immagine equivale a una delle loro pallottole».
Non mancano i momenti di commozione quando parla dei suoi amici morti per raccontare la verità sulla vita nella città di Raqqa. Tra le lacrime denuncia la ferocia dell’Isis e lancia il suo messaggio di paura, ma anche di speranza e di determinazione a continuare la sua lotta contro il califfato: «Sono sicuro che l’Isis vedrà questo video e farà di tutto per fermarci, ma noi non ci fermeremo, continueremo a combattere e alla fine vinceremo noi».