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 2015  febbraio 08 Domenica calendario

MUSICA E INSULTI, IL PARTY AD ALTO VOLUME DI LA RUSSA

«Non ce ne importa nulla, noi andiamo avanti». È la prima reazione degli irriducibili della Cgil scaligera all’energica strigliata di Matteo Renzi, che dal palco dell’Hangar Bicocca ha minacciato di prendere “misure normative” contro “il boicottaggio” da parte dei dipendenti intenzionati a non lavorare il Primo Maggio, mettendo a rischio l’inaugurazione dell’Expo con la Turandot diretta da Riccardo Chailly. «Il premier sta pensando di promulgare un decreto ad hoc che obblighi i dipendenti della Scala a lavorare anche nei giorni festivi?» si chiede Francesco Lattuada, violista dell’orchestra e rappresentante sindacale. «Sarà dura riuscire ad equiparare un teatro ai servizi di prima necessità, come il pronto soccorso o i trasporti».
La spinosa questione è aperta da alcuni mesi, cioè da quando il sovrintendente Alexander Pereira ha annunciato il calendario degli spettacoli nel periodo dell’Expo, aperto proprio il Primo Maggio dal capolavoro di Puccini. Agli inizi di gennaio il manager austriaco ha inviato una lettera ai dipendenti per chiedere la loro disponibilità a lavorare attendendo una risposta entro il 31 dello scorso mese. Ma quella che doveva essere una scelta dei singoli è diventata materia di una battaglia sindacale all’ultimo sangue, con un gruppo di iscritti alla Cgil decisi a far valere il diritto “indisponibile” di festeggiare la ricorrenza, sancito dalla Cassazione. Subito gli altri sindacati, e anche una parte della Cgil, si sono dissociati, esprimendo la loro volontà di partecipare all’inaugurazione di Expo. E ora non si stupiscono dell’intervento durissimo di Renzi. «Era prevedibile che non sarebbero stati tutti lì a guardare» sostiene Silvio Belleni, della Cisl milanese. «È assurdo che alcuni dirigenti della Cgil abbiano invitato gli iscritti a non lavorare». «Restiamo dell’idea che la posizione della Cgil sia sbagliata» dice Domenico Dentoni della Uil. «È vero che Renzi ha usato in modo inopportuno le parole “sciopero” e “boicottaggio”. Però è bene che la Scala adesso decida cosa fare. Non si può andare avanti con questo tormentone fino a maggio».
Certo è che il premier ha scelto una linea opposta a quella del numero uno scaligero, che si è sempre detto intenzionato a convincere tutti i dipendenti, anche quelli più riottosi, a lavorare in una serata che espone Milano e la Scala agli occhi del mondo intero. Le lettere di risposta non sono ancora state aperte, ma qualche dato è già chiaro. Orchestra e coro sono pronti in larghissima maggioranza a suonare. Non così i tecnici di palcoscenico: in tutto sono circa 200, per assicurare la regolare messinscena della Turandot ce ne vogliono un centinaio, e una cinquantina sarebbero decisi a non presentarsi in teatro. In particolare, gli elettricisti diserteranno quasi in blocco (30 assenti su 40). Finora a nulla sono valsi gli interventi pacificatori dei vertici della Cgil, compresa la segretaria nazionale Susanna Camusso, che hanno invitato a non bloccare lo spettacolo. «Non stiamo boicottando proprio nulla, è nostro diritto rifiutarci di lavorare» dicono i “dissidenti” della Cgil. «La sparata di Renzi è un segno di debolezza » conclude Lattuada. «Se ci costringeranno con un decreto, faremo causa».
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