Amedeo La Mattina, La Stampa 8/2/2015, 8 febbraio 2015
BERLUSCONI A RENZI: COSI’ RISCHIAMO LA DERIVA AUTORITARIA
«È venuto meno il nostro sogno di un progetto condiviso. Anzi, per come si sta delineando la nuova legge elettorale, con una sola camera eletta dal popolo, con il terzo premier non eletto dagli italiani, avvertiamo il rischio che vengano meno le condizioni indispensabili per una vera democrazia che ci si possa avviare verso una deriva autoritaria». È la prima volta che Silvio Berlusconi lancia un’accusa così dura sulle intenzioni di Matteo Renzi. La «deriva autoritaria» sarebbe il combinato disposto tra la riforma costituzionale e la legge elettorale che Forza Italia ha votato al Senato, ma che ora dovrebbe contrastare alla Camera. È la conseguenza della rottura sul Quirinale, sulla scelta del premier di puntare su Mattarella. «Non mi fido più del giovanotto: da lui non mi aspetto più nulla», sostiene Berlusconi.
Guerra civile dentro Fi
L’attacco di Berlusconi ha tuttavia diverse motivazioni. Ha soprattutto bisogno di tenere unito il partito, di rispondere all’offensiva sempre più pericolosa di Raffaele Fitto, il quale ormai si comporta come il capo di un partito pur rimanendo dentro Forza Italia. Il 21 febbraio a Roma l’ex governatore pugliese ha organizzato la convention dei «ricostruttori»: «Cominceremo a esporre le linee guida delle nostre proposte per l’Italia, oltre che per Fi e per il centrodestra». La sua è un’altra tappa dell’opa lanciata sulla leadership azzurra. È l’ennesimo episodio della guerra civile che vede Denis Verdini con il coltello tra i denti contro il cerchio magico di Arcore. Come andrà a finire è ancora presto per dirlo e questo spiega il zig-zag del Cav.
Patti non rispettati
Berlusconi fa risalire tutto alla scelta di Mattarella. «Avevamo creduto - dice il Cav al Tg5 - di poter fare insieme le riforme istituzionali e la legge elettorale e di avere un Presidente della Repubblica condiviso. Ma il Pd non ha rispettato i patti per puri interessi di parte. Non era questo il patto del Nazareno che volevamo, non era questo l’obiettivo che volevamo raggiungere insieme per il bene del Paese». Ora Renzi tira dritto e manda avanti alcuni progetti come la riforma della giustizia, il provvedimento anti-corruzione, il falso in bilancio e altri leggi che il Cav considera non prioritari. «È inaccettabile che il premier impegni tutti gli sforzi del governo e del Parlamento per affrontare leggi certamente di rilievo ma che non hanno urgenza alcuna, stante la drammatica situazione in cui versa il Paese. Il Paese - afferma Berlusconi - ha necessità di riforme strutturali ben diverse da quelle proposte dalla sinistra», aggiunge.
Mille emendamenti
Martedì riparte la maratona della riforma costituzionale che supera il bicameralismo paritario e, modificando il Titolo V, attribuisce più competenze allo Stato e meno alle Regioni «a tutela dell’unità della Repubblica e dell’interesse nazionale». Ecco, tra i mille emendamenti che Renato Brunetta presenterà nelle prossime ore ci sono anche quelli che servono a reintrodurre più federalismo e creare una sponda alla Lega. Non è un caso che Berlusconi dica di volersi impegnare «con rinnovato impegno perché il centrodestra possa ritornare unito e possa offrire al Paese quelle urgenti soluzioni che finché ho avuto l’onore di presiedere il governo avevano garantito agli italiani più benessere, più sicurezza, più libertà». Berlusconi forse attende dei segnali da Renzi mentre Brunetta è schietto nello spiegare il dietrofront sulle riforme: «È chiaro che c’è di mezzo il vulnus del Quirinale. Quella scelta non condivisa ora cambia la prospettiva. Con il patto del Nazareno la deriva autoritaria di Renzi era sotto controllo. Un presidente della Repubblica condiviso sarebbe stato un garante».