Maria Serena Natale, Corriere della Sera 8/2/2015, 8 febbraio 2015
IL GIALLO SUL DEFICIT DI ATENE IN TRIBUNALE CINQUE ANNI DOPO
Alle 8 di un sabato mattina la professoressa Zoe Georganta riceve una telefonata: «Erano in cinque, armati, sono entrati senza mandato e mi hanno preso il computer, ora verranno anche da te». Afferra laptop e chiavi dell’auto, infila il cappotto sul pigiama e si precipita fuori. «Chiesi ospitalità a una collega dell’università — racconta oggi al Corriere —. Alla fine nessuno venne a cercarmi, ma da allora il mio telefono fu messo sotto controllo, i miei collaboratori ed io subimmo forti pressioni, partì la macchina del fango». Era il 2010, si profilava lo scandalo del deficit greco gonfiato dall’Istituto nazionale di Statistica Elstat, Zoe Georganta faceva parte del Consiglio direttivo ed era stata la prima ad accusare il presidente, Andreas Georgiou, di aver fatto lievitare le cifre causando un danno stimato in 200 miliardi di euro e l’apertura del secondo durissimo memorandum d’intesa con la troika. «Senza quel salto dal 13,6% al 15,4% nel calcolo del deficit sul Pil, tutto sarebbe stato diverso per la Grecia e l’eurozona». Un caso ancora aperto, nel quale si mescolano rivalità tra partiti e sospetti di conflitti d’interesse sull’asse Atene-Bruxelles. All’origine dei numeri gonfiati ci fu una serie di spostamenti di società, nei criteri di calcolo, dal settore pubblico a quello privato. Queste manovre permisero di inglobare nei conti dello Stato anche il debito di enti in difficoltà, come le ferrovie, che non rispondevano alle condizioni previste dalle norme comunitarie rispetto a entità e durata delle perdite. Il tutto complicato da Eurostat, che nel 2010 considerò pubbliche società riclassificate come private l’anno dopo. Accusato di aver compromesso l’interesse nazionale, Georgiou è in attesa di giudizio. Ha sempre sostenuto di aver rispettato le leggi.
Professoressa Georganta, a chi segnalò l’errore?
«All’allora ministro delle Finanze George Papakonstantinou, finito a sua volta sotto processo per aver manipolato la Lista Lagarde (l’elenco dei duemila potenziali evasori greci con conti in Svizzera, ndr ), e al premier George Papandreou. Mi scontrai con un muro di silenzio e intimidazioni».
Come lo spiega?
«Erano coinvolti il direttore generale di Eurostat, il tedesco Walter Radermacher, e l’ex commissario agli Affari economici Olli Rehn, che avevano consentito le violazioni consegnando il nostro sistema statistico a un tecnico estraneo alla realtà greca. Georgiou arrivò all’Elstat dopo 25 anni ai piani alti del Fondo monetario, mise sempre a tacere le critiche del Consiglio. Concordò i dati diffusi il 15 novembre 2010 solo con Radermacher».
Perché lo avrebbe fatto? All’epoca si ipotizzò una manovra per spianare la strada alle misure d’austerità .
«Nell’aprile 2010 Eurostat fissò il deficit del 2009 al 13,6% del Pil, con possibili aggiustamenti dello 0,3-0,5%. Su quelle basi furono siglati gli accordi bilaterali tra la Grecia e i Paesi che accettarono il primo memorandum, 80 miliardi sembravano sufficienti. Quel 15,4% fu uno choc e si corse ai ripari con il secondo pacchetto. Ce n’è abbastanza per sospettare un piano europeo anti Grecia».
Non crede che salvare Atene sia interesse anche dell’Europa?
«La Grecia è sprofondata e per recuperare competitività non ha alternative all’uscita dall’euro. L’Europa federale è un’utopia».
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