Mara Monti, Il Sole 24 Ore 7/2/2015, 7 febbraio 2015
SE PECHINO SI TIRA FUORI DAL DOSSIER SU ATENE
«La Cina non è interessata a mettere in discussione le relazioni con l’Europa per correre in aiuto della Grecia, un Paese poco interessante dal punto di vista delle risorse naturali e degli investimenti privati». Richard Miratsky, senior director di Dagon Europe analista dell’agenzia di rating cinese ed esperto di investimenti strategici non è meravigliato per quanto sta succedendo in Europa sulla Grecia: «Il peso di Atene in Europa non è particolarmente incisivo, il settore industriale è poco vocato alle esportazioni e quello tecnologico è poco sviluppato. Il nuovo governo sta giocando le sue carte, ma l’unica possibilità per uscire dalla crisi è risolvere i problemi in seno all’Europa e alla Troika». Nei giorni scorsi si era parlato di un intervento di Mosca in soccorso di Atene, sui cui si erano inserite le parole del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama a sostegno di una risoluzione di compromesso, affermazioni che in molti hanno letto come motivate dal rischio di non lasciare Atene tra le braccia di Mosca. Un’ipotesi smentita dallo stesso ministro delle finanze greco Yannis Varoufakis: «Noi non chiederemo mai assistenza finanziaria a Mosca». Miratsky ieri al convegno Assiom Forex, dà un’altra spiegazione: «In questo momento un intervento di Mosca è improbabile: mentre la Cina che non ha investimenti diretti in Grecia, avrebbe i soldi per intervenire, ma non lo farà, la Russia anche se lo volesse non è in una posizione finanziaria per farlo. Quindi solo l’Europa può aiutare la Grecia».
Un aiuto della Cina ad altri paesi in gravi situazioni finanziarie non sarebbe una novità. È successo per l’Argentina dopo il secondo default della scorsa estate e per il Venezuela a un passo dalla bancarotta a causa delle ripercussioni del crollo del prezzo del petrolio: «In tutti questi casi il contesto era completamente diverso sia dal punto di vista geografico sia per l’interesse della Cina alle risorse naturali di questi Paesi», aggiunge Miratsky. Il ruolo della Cina non è stato irrilevante neppure durante la crisi del debito sovrano europeo del 2010: «In quel caso si voleva evitare un breack up dell’euro e Pechino intervenne acquistando titoli governativi dei paesi europei in crisi, anche dell’Italia. Nel caso della Grecia, invece, un’eventuale uscita dall’euro, ipotesi che ritengo improbabile, non avrebbe un grande impatto e comunque non metterebbe a rischio la moneta unica europea. Sia chiaro, l’Italia non è la Grecia – aggiunge l’analista – un eventuale piano di ristrutturazione del governo di Atene non è detto che funzioni, quindi ci sarebbe un’alta probabilità di perdere quanto investito». Oggi la Cina è il terzo investitore al mondo dopo gli Stati Uniti e il Giappone con 108 miliardi di dollari investiti nel 2013 al ritmo di crescita del 23% l’anno e un interesse oggi concentrato sui settori tecnologici: una virata rispetto al passato quando le risorse naturali erano in cima all’agenda.
Mara Monti, Il Sole 24 Ore 7/2/2015