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 2015  febbraio 07 Sabato calendario

SCELTA CIVICA, IL CONGRESSO DEL PARTITO CHE NON C’È PIÙ

C’era una volta un professore di nome Mario Monti, la sua repentina ascesa al governo d’Italia aveva riempito di iperboli i newsmagazine di tutto il mondo e un giorno «Time» arrivò a scrivere in copertina: «Può quest’uomo salvare l’Europa?». Da allora sono trascorsi tre anni esatti e domani, in una saletta convegni del centro di Roma, si svolgerà il primo (e forse anche l’ultimo) congresso di Scelta civica, il partito a suo tempo fondato da Monti, ma da lui stesso «rimosso» dal proprio orizzonte, per effetto di una dichiarazione indimenticabile. A Lilli Gruber che gli chiedeva come avrebbe votato alle Europee, Monti rispose: il voto è segreto. Il congresso che eleggerà segretario Enrico Zanetti, quarantatreenne grintoso sottosegretario in conflitto permanente sia con Renzi che con Padoan, completa una parabola tra le più originali nella storia politica del dopoguerra: nel giro di una ventina di mesi il partito fondato da Monti ha dissipato un patrimonio elettorale e parlamentare cospicuo: i 2 milioni e ottocentomila voti ottenuti alle Politiche 2013 erano il doppio di quelli conseguiti dalla Lega e rappresentavano una percentuale con la quale alcuni partiti (Psi, An, per non parlare dei Radicali) hanno condizionato la politica italiana per decenni.
Oltretutto, poche ore prima del congresso, si è consumata la beffa di otto parlamentati che hanno abbandonato la zattera di Scelta Civica, per approdare nel Pd. Nomi che in qualche modo riflettono la qualità - superiore alla media in termini di competenza specifica - dei gruppi parlamentari di Sc. Oltre a Gianluca Susta, Alessandro Malan, Linda Lanzillotta, il sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni, l’economista Irene Tinagli, il viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, Stefania Giannini, che diventò ministro (come Mario Mauro, dieci mesi prima) dopo aver trattato per conto del suo partito le poltrone governative e Pietro Ichino, che argomenta così le ragioni politiche dell’addio, che per lui è anche un ritorno: «Si possono avere le migliori idee del mondo ma poi occorre avere capacità politica per farle diventare realtà. Oggi c’è un leader capace di farlo, il presidente del Consiglio, che tra l’altro ha anche accolto i miei progetti sul mercato del lavoro. D’altra parte stiamo approvando in Parlamento una riforma elettorale che favorirà un sistema bipolare, con una contesa politica al centro. Scelta civica aveva spazio quando la dialettica era tra l’asse Bersani-Vendola e quello Berlusconi-Maroni. Quello spazio non c’è più ed è bene che sia così».
Un’analisi politologica con una sua logica, anche se la tempistica irrispettosa del congresso consente ai «lealisti» di controbattere: «Per avviare un percorso politico comune» con il Pd «sarebbe stato più normale un confronto tra partiti che non trasferimenti individuali», dice il presidente dei deputati Andrea Mazziotti. E pur disertando il congresso. Monti rivendica «orgoglio per un’esperienza politica che ha consentito all’Italia e di non essere diventata, con rispetto parlando, una Magna Grecia».
Fabio Martini, La Stampa 7/2/2015