Andrea Montanari, MilanoFinanza 7/2/2015, 7 febbraio 2015
ROMANZO SOLFERINO
C’è tempo fino al 29 marzo (scadenza fissata per la presentazione delle liste dei candidati al nuovo cda) per riempire le pagine dell’ennesimo capitolo di quello che è il romanzo infinito della finanza e dell’editoria italiana. Rcs Mediagroup e il suo asset principale, il Corriere della Sera, possono essere catalogati come una never ending story. Ed è possibile che pure questa volta, all’ennesimo redde rationem dell’assemblea del 23 aprile, non succeda niente. Perché come già accaduto tre anni fa, al momento di rinnovare il consiglio d’amministrazione e chiamare il nuovo top manager, Pietro Scott Jovane, è ipotizzabile che, per il bene comune, i grandi soci si mettano d’accordo per evitare la bagarre. Anche se la grande novità di quest’anno è che per la prima volta non ci sarà un patto di sindacato a stoppare l’eventuale blitz di questo o quell’altro investitore. Ora è tutto possibile. Anche se lo statuto prevede che alla lista di maggioranza, in questo momento quella della Fca (16,73%), vadano due terzi del board, lasciando le briciole alle minoranze. In attesa di queste scadenze, sono cinque le tematiche da affrontare in casa Rcs.
La prima riguarda l’assetto azionario, che al momento vede la casa automobilistica presieduta da John Elkann in netto vantaggio – può contare anche su molti fondi istituzionali esteri che negli ultimi mesi hanno investito nel capitale di Rcs – e che punta al controllo del gruppo e alla direzione del quotidiano di via Solferino con Mario Calabresi. Ma Diego Della Valle (7,23%), ultimamente silente, darà del filo da torcere come ha sempre fatto. E l’ultimo arrivato sulla scena, Urbano Cairo (3,67%), oltre a essere liquido – la sua società ha oltre 170 milioni in cassa – è l’unico socio industriale che potrebbe dare la svolta gestionale a una Rcs che, dopo aver cumulato una perdita di oltre 1 miliardo nell’ultimo triennio, anche nel 2014 sarà in rosso per un centinaio di milioni. Nonostante le smentite di rito, Cairo un pensierino al merger con il gruppo di via Rizzoli lo ha fatto. Tanto da aver trovato pure appoggi istituzionali, visto che è considerato un gran lavoratore, un ristrutturatore eccellente (il caso La7, riportata in utile in sette mesi dopo un buco di 100 milioni in media all’anno, è un ottimo precedente) e un imprenditore capace di individuare i prodotti giusti per ogni esigenza e tipologia di mercato. Solo che, sussurra qualcuno, il suo non è un modello applicabile tout court a Rcs, e in particolare al CorSera. Perché il futuro dell’editoria è tutto digitale. E Cairo, come ha sempre ammesso («Internet non lo capisco. Non c’è un modello di business. Non capisco come si fanno i soldi, dunque non me ne occupo»), il web lo evita. Sul futuro assetto del cda è concentrato anche il presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, il vero ago della bilancia (anni fa aveva trovato in Giuseppe Rotelli, scomparso nel giugno 2013, il possibile socio forte per la Rcs) e il possibile mediatore con la Fca di Elkann. E non lascerà nulla al caso neppure l’ad di Mediobanca (pur sempre terzo socio con il 6,25%), Alberto Nagel, fautore della riappacificazione e della lista unica di maggioranza.
Certo è che i soci non possono trascurare la tematica della sostenibilità del business e soprattutto del piano industriale che prevede per il 2015 un ebitda di 150 milioni a fronte di un consensus Bloomberg di 135 milioni. Un target, quello del mol, fondamentale per il rispetto dei covenant sul debito (a fine anno ammonterà a 496 milioni), vero fardello, in termini di oneri finanziari, della casa editrice guidata da Jovane. Ed è qui che scatta l’altro campanello d’allarme. Al momento le banche creditrici, con in prima fila Intesa e Ubi, non sono state allertate. Ma l’attenzione resta alta.
Questo problema solleva un terzo tema: il ruolo dell’amministratore delegato. Finora ha fatto un buon lavoro, ma non ha dato quella spinta che molti soci attendevano. È per questo che il suo futuro potrebbe essere in bilico, soprattutto se con il suo sacrificio i soci trovassero un accordo complessivo. Al punto che c’è chi sostiene che Jovane sia già stato sondato da due gruppi internazionali. Chi uscirà, salvo blitz dell’ultima ora, è Ferruccio de Bortoli, che venerdì 6 ha confermato l’addio al Corsera dal 30 aprile, dopo oltre 12 anni di direzione. Candidati alla successione sono, oltre a Calabresi, Mario Orfeo (Tg1), Roberto Napoletano (Sole 24Ore), Luciano Fontana (condirettore del giornale di via Solferino) e Giulio Anselmi.
Resta, infine, l’ultimo nodo da sciogliere. Quello dei forti acquisti in borsa. Finora nessun nuovo compratore è uscito allo scoperto. Né i soci con quote rilevanti hanno comunicato variazioni. Inoltre, i nomi circolati finora, dal gruppo De Agostini ai Gavio, hanno smentito lo shopping. Difficile che a muoversi siano le fondazioni bancarie piemontesi vicine a Fabrizio Palenzona, molto attivo sul dossier Rcs. L’ultima suggestione è quella che porta a Lorenzo Pellicioli, da anni ai vertici del gruppo editoriale di Novara. Pellicioli, appassionato di editoria, agirebbe in prima persona, affiancato da fondi e investitori che da tempo ne seguono le gesta nei business digitali.
Andrea Montanari, MilanoFinanza 7/2/2015