Riccardo Staglianò, il Venerdì 6/2/2015, 6 febbraio 2015
SALE L’HOME BANKING: AI BANCARI SERVE UN ALTRO MESTIERE
ROMA. C’erano una volta i bancari. La professione borghese, solida e immutabile per antonomasia ha già riportato più di una contusione dall’impatto frontale con la tecnologia. «Negli ultimi anni tra un quarto e un terzo delle operazioni di sportello sono scomparse» stima il segretario generale della Fabi, la Federazione autonoma bancari italiani, Lando Sileoni «a causa dell’home banking», ovvero i vari canali elettronici, dal telefono al web, per fare operazioni. Ed è solo l’antipasto. «Da noi l’home banking non è davvero partito» dice il capo del sindacato che da solo rappresenta un terzo dei 312 mila bancari italiani (da 344 mila che erano ancora sette anni fa), «se e quando le banche dovessero crederci sul serio si rischia un bagno di sangue». A occhio è solo una questione di tempo.
Gli istituti di credito hanno già delocalizzato, per esempio nell’Europa dell’Est, molte funzioni tecniche. Ridurre ulteriormente i costi del personale spingendo i clienti al self Service con l’eventuale assistenza di un call center esercita una seduzione irresistibile. I bancari, evidentemente consapevoli, hanno indetto due scioperi negli ultimi mesi dopo una pax bancaria che reggeva dal 2000. La domanda «qual è l’ultima volta che sei entrato in banca?» è ormai una formula alternativa e più educata di chiedere l’età a quella persona. Tra i giovani quelli che hanno visto in faccia un cassiere sono una rarità. Ancora Sileoni: «Questo è vero per le grandi città, molto meno per i piccoli centri, dove la relazione personale con il bancario resta più salda ed è un motivo di tranquillità per il cliente».
Intanto anche un’altra attività per cui si andava fisicamente allo sportello, ovvero la compravendita di azioni od obbligazioni (il cosiddetto «borsino»), è stata largamente rimpiazzata dal trading online. E persino l’istruttoria dei mutui in molti casi si può fare via web. A forza di togliere pezzi cosa resterà? «Bisogna cambiare il modello» propone da tempo Sileoni «puntando a servizi nuovi, come le consulenze di tipo fiscale o previdenziale». La filiale diventerebbe così una specie di emporio dove spicciare le più varie faccende economiche.
Trasformare un simpatico cassiere in un consulente esperto però non è un’operazione istantanea. Servirà investire in formazione, e qualcuno dovrà pagare il conto. Che, per quanto salato, non potrà mai esserlo come arrendersi a registrare la cronaca di una morta annunciata.