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 2015  febbraio 06 Venerdì calendario

LA TALPA MISTERIOSA, CHE CON TWITTER RACCONTA I SEGRETI DEL PREMIER TURCO


ISTANBUL. Quando lo scorso14 dicembre le forze speciali dell’unità antiterrorismo di Istanbul sono piombate nella redazione di Zaman, il quotidiano più stampato in Turchia, per arrestarne il direttore Ekrem Dumanli, ad attenderle hanno trovato decine di microfoni e telecamere. Con poca sorpresa: anche in questo caso, come già tante volte nei mesi precedenti, era la cronaca di un blitz annunciato. Letteralmente. Tre giorni prima, ad anticipare ai suoi oltre 700mila follower su Twitter la (fino ad allora) segretissima operazione di polizia, con tanto di nomi e cognomi dei destinatari, era stato Fuat Avni. Cioè, nessuno. Perché nulla si sa di certo sull’identità della gola profonda che da più di un anno scuote al vertice il potere turco, mettendone a nudo oscuri piani d’intelligence e pelosi retroscena politici. Chi c’è dietro questo account che con meticolosa e sorprendente precisione svela le mosse del governo di Ankara? E come fa a sapere tutto, prima che accada?
«Sulla vera identità di Fuat Avni si è discusso moltissimo in Turchia» spiega Aytekin Gezici, giornalista che ha provato a tracciarne un profilo in un libro da poco uscito con l’ammiccante sottotitolo Mosé nel palazzo del Faraone. Dietro questo pseudonimo potrebbe celarsi un uomo, come lasciato intendere in alcuni messaggi, o magari una donna, all’ombra di figure politiche o giudiziarie di spicco. Ma potrebbe anche esserci un noi, cioè un gruppo di talpe infiltrate in diversi rami dell’amministrazione. «Io penso che sia un account utilizzato da più persone» suggerisce appunto Gezici. Del resto, dopo la repressione delle proteste del parco Gezi di Istanbul nella primavera del 2013, il citizen journalism da tastiera è diventato in Turchia una tendenza fortissima, come dimostra l’account – questa volta dichiaratamente collettivo – @140journos, quasi un notiziario all news con decine di cittadini-corrispondenti sparsi in tutto il Paese e oltre 50mila follower. Più del genere, e del numero, conta però l’osservatorio privilegiato di chi scrive. Anzi, unico. Stretto consigliere del presidente turco Tayyip Erdogan, infiltrato dei servizi segreti o persino agente provocatore della Cia: le speculazioni non si contano. Di certo ci sono le informazioni riservate che solo Fuat Avni rende pubbliche, e che rivelano persino dettagli della vita privata di Erdogan, dai suoi problemi d’insonnia al look del giorno dopo, fino al menu della cena appena consumata. Così i teorici della cospirazione si sono spinti fino a evocare una longa manus dello stesso presidente attraverso la moglie Emine. Insomma un finto oppositore, utile a sostenere l’esistenza di complotti eversivi.
Del potere turco Fuat Avni si dichiara comunque nemico, giurando di voler rivelare le «manovre sporche» del governo e «continuare fino alla sua caduta». La lista lunghissima – e in costante aggiornamento – dei suoi leaks include le purghe nei confronti di centinaia di poliziotti e magistrati considerati ostili all’esecutivo, i presunti brogli alle elezioni amministrative del marzo scorso, che hanno visto ancora una volta il trionfo del partito Ak dell’allora premier Erdogan, e le supposte responsabilità dello stesso Erdogan nel massacro di 34 civili curdi al confine con l’Iraq alla fine del 2011. E poi, ovviamente, il giro di vite nei confronti della stampa turca, culminato con il blitz e l’arresto di oltre 20 persone nelle sedi di Zaman e del canale televisivo Samanyolu, controllati entrambi dall’imam e magnate Fethullah Gülen, in autoesilio negli Stati Uniti da 15 anni. Pilastro dell’ascesa del presidente turco nei primi anni Duemila, Gülen è diventato il suo nemico numero uno perché ritenuto la mente della Tangentopoli turca che poco più di un anno fa ha travolto il governo guidato allora proprio da Erdogan. Così la sua massiccia rete di affiliati nelle file di magistratura e forze dell’ordine, prima utile a infilarsi nei gangli del potere turco, si sarebbe trasformata nella struttura di un minaccioso «Stato parallelo». Non sono pochi, quindi, quelli che pensano che dietro Fuat Avni si nasconda proprio il potentissimo Gülen.
Quel che è certo è il ruolo dirompente di queste rivelazioni in un Paese dove la stampa ha subito colpi pesantissimi. Se, dopo essere stata per due anni la principale prigione al mondo per giornalisti, le cose erano un po’ migliorate – almeno fino agli ultimi raid –, per Reporters sans Frontières Ankara ha comunque chiuso il 2014 al 154esimo posto (su 180) nella classifica della libertà di stampa. Secondo Erdogan, però, la stampa turca resta «la più libera del mondo». Anche per questo il web ricopre un ruolo cruciale, e difficilmente controllabile. Il blocco di Twitter imposto alla vigilia delle scorse amministrative è stato facilmente aggirato dalla maggior parte dei 12 milioni di utenti turchi. Quando ad agosto un tribunale ha ordinato la chiusura dell’account di Fuat Avni è stato lui stesso a prevederlo, invitando i suoi follower a seguirlo a un nuovo indirizzo. Una manovra di aggiramento ripetuta pochi giorni fa, dopo un nuovo blocco seguito alla rivelazione dei nomi di alcuni burocrati accusati di intercettare illegalmente lo stesso capo dello Stato. In poche ore i suoi lettori sono migrati in blocco, mentre altri 40 mila ricevono regolarmente informazioni da un altro account in inglese. Del resto, il 92 percento degli utenti di internet in Turchia utilizza i social network, il tasso più alto al mondo.
La talpa al tempo di Twitter scrive insomma senza filtri. E fa paura. Chiunque ci sia dietro Fuat Avni, continua ad animare una spy story che svela i cortocircuiti del potere turco. «Negli ultimi dieci anni, dozzine di giornali e televisioni hanno avuto gli stessi titoli» dice Gezici. «Ma oggi i social network sono più liberi dei media tradizionali». Certo, anche grazie all’anonimato. Al punto che non si è certi neppure del significato dello pseudonimo, che starebbe per un cuore che aiuta. «Devo ammetterlo: non averlo identificato è un nostro fallimento» dice ora il ministro dell’Energia Taner Yildiz. Il controllo della rete resta un cruccio di Erdogan, che chiarisce senza mezzi termini: «Sono contro internet ogni giorno di più». Intanto, però, Fuat Avni promette di continuare la sua battaglia contro «il tiranno» e lo avvisa: «Non aver paura, trema».